6 - Carousel

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TW e CW: linguaggio esplicito, scene forti


I medici sono fortunati: i loro successi brillano al sole e la terra ne copre gli errori.

- Michel De Montaigne

Carousel - Melanie Martinez

Khai - Quindici anni prima

«Molto bene, iniziamo» esclama scrocchiandosi le dita lo strutturato con cui avrei operato per la quinta volta questa settimana.

È un uomo alto, con gli occhi neri, e lo sguardo penetrante. Non mi è mai piaciuto e non so nemmeno come instilli fiducia nei suoi pazienti.

«Sei pronto Moore?» chiede guardandomi, con i suoi occhi fulminanti incorniciati perfettamente dalla mascherina e dalla cuffietta chirurgica.

«Sono pronto» sospiro.

Ero già resident a ventitré anni, mi sono fatto il culo sui libri, studiando notte e giorno. Non volevo passare troppo tempo a studiare. Volevo l'adrenalina della sala operatoria, l'odore del cauterizzatore a riempirti le narici, l'odore del sangue, la sensazione della pelle che si lacera sotto il tuo tocco, e sentire la potenza attraversare le vene nel momento in cui realizzi che hai la capacità di esplorare il corpo umano, tenendolo in vita, la capacità di sfidare la morte guardandola negli occhi. Eppure, nonostante tutto, c'è una cosa, una sola cosa che non ho mai fatto, e continuo a non voler sapere. La vita del paziente che ho sotto i ferri. Mi aiuta a rimanere distaccato, qualora la notizia sia nefasta. Do solo un'occhiata al volto del paziente, prima di iniziare. Chiudo gli occhi e faccio una piccola preghiera. Non so nemmeno a chi, ma la faccio, pregando che durante l'intervento non mi abbandoni, che lotti con me. Quindi forse è sempre più una preghiera diretta al paziente stesso, una supplica.

«Bisturi» mi rivolgo all'infermiera di sala tendendo la mano aperta e guantata verso di lei.

«Ah-ah» fa con l'indice il segno del 'no' lo strutturato «Sarai anche figlio del boss dei boss, un genio tanto da laurearti tre anni prima, ma questo intervento lo gestisco io. Tu mi aiuterai, e basta, senza fiatare» quasi ringhia.

Lo guardo con cipiglio. 'Ma fa sul serio?' Staremo a vedere cosa ne pensano il resto degli strutturati quando sapranno che non ci viene data la possibilità di provare.

Inizia a tagliare. Stranamente in sala siamo veramente in pochi. Non è mai successo. La clinica della mia famiglia è una clinica in cui si insegna, perciò se c'è qualcosa di interessante, tutti accorrono come topi su una fetta di formaggio.

Non ci do più di tanto peso, vista l'arroganza del chirurgo di fronte a me, c'è da aspettarselo.

L'intervento sembra davvero interminabile. Procediamo lentamente, strato per strato, tagliamo e cauterizziamo, tagliamo e cauterizziamo. Ed eccoci dentro.

Il corpo umano mi ha sempre affascinato. Ecco perché ho scelto chirurgia muscolo scheletrica.

Poter osservare da vicino e mettere mano sulle ossa, i muscoli, ciò che ci sorregge, ci consente di muoverci, un po' come gli ingranaggi perfettamente incastrati di una macchina.

La sala operatoria oggi è piuttosto fredda, grazie a Dio non ho il bisturi in mano, poiché vengo scosso da un brivido improvviso.

«Che c'è? Già stanco?» chiede lo strutturato senza nemmeno guardarmi, mentre continua ad operare.

Alzo gli occhi al cielo, sperando che non mi veda, mentre mi mordo la guancia per non rispondergli a tono.

'Anche se siete miei figli, il rispetto prima di tutto. Non sentitevi padroni del mondo solo per il nome che avete' le parole di mio padre, riecheggiano nella mia mente.

THE ANGELS - un amore proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora