Capitolo 19

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Ci dirigemmo verso la struttura di cui nonno Leon mi aveva parlato tante volte.
Le mura grigie e alte sembravano toccare il cielo. Le finestre con le loro serrande color ocra, semi abbassate, lasciavano poco spazio all' immaginazione. Notai come fossero tutte bloccate da sbarre in ferro e un nodo alla gola mi si strinse immaginando le persone che vi erano dietro.

La persona.

Provai un secondo di compassione nel pensarlo rinchiuso come un topo, un secondo soltanto. Un uomo può arrivare a impazzire.
Ma quella sensazione di tristezza si dileguò presto, lasciando il posto alla rabbia per la sofferenza che avevo vissuto a causa sua.

Pensai che meritava di soffrire anche lui.
-Stai bene?- chiese Xhon, leggendo il turbamento sul mio viso.
Sospirai. -No. Immaginavo che questo giorno prima o poi sarebbe arrivato, ma non così.-
Il sacerdote Lhao fece cenno di fermarci di fronte la grande recinzione che circondava la struttura.
-Non toccate nulla. La recinzione è stata modificata da me per impedire ogni tentativo di fuga, potreste farvi molto male.-
Deglutii. Era stata elettrizzata, oppure era impregnata di qualche magia? Preferivo non saperlo.

Osservai Xhon, nonostante quello che aveva passato, camminava con fierezza. C' erano cicatrici sul suo corpo ma lo spirito era intatto. Era un combattente e io volevo essere alla sua altezza.

Mi sorprese a osservarlo.
-Cosa c' è? Ho un ragno in faccia?- la sua espressione buffa riuscì a strapparmi un sorriso.
-No. Ti stavo solo guardando.-
Ridacchiai tra me e me, finché il rumore metallico dei cancelli che si aprivano non mi riportò alla realtà.
Xhon mi prese la mano nella sua.
-Pronta?-
La strinsi più forte. -Si.-

Una guardia vestita in nero, con quello che mi parse un arsenale d'armi nella sua cintura ,ci invitò a entrare. Ne contai tre: una pistola, un pugnale, un manganello. Non capivo come facesse a lavorare con tutto quel peso addosso.

Anche un'altra guardia all' interno si fece vicina. Era un uomo davvero alto, molto più di Xhon che già arrivava al metro e novanta.
-Vi consiglio di fare attenzione, il soggetto che volete incontrare non è da sottovalutare. - disse solennemente, posando lo sguardo su ognuno di noi.
-So benissimo con chi ho a che fare, Reigre. - sbraitò Frate Lhao per nulla intimorito. -Facci passare.-

L' uomo a quel punto prese delle chiavi dalla sua cintura, "c'erano anche quelle" e aprì il grosso lucchetto dell' inferriata. Da lì si estendeva un corridoio poco illuminato che dava su una porta blindata.
-Quando sarete oltre quella porta,- parlò ancora Reigre- tappate le orecchie.-

Scambiai un' occhiata con Xhon, la sua calma mi aiutò a placare la mia agitazione.
Iniziammo ad avanzare lungo il corridoio spoglio.
Iniziò a mancarmi l' aria.
Era peggio che stare in un bunker. Quando ci avevo abitato, prima che decidessi di fuggire con la Gumbia, mi ero sentita davvero persa tanto che Thao per farmi stare meglio mi portava a vedere le stelle dall' unica finestrella che c' era.

Una cosa che stare nel bunker non avrebbe potuto portarmi via nonostante tutto era la libertà, al contrario di chi avrei visto dietro il portone che stavo per raggiungere. Loro l' avevano persa del tutto.

Capii il loro strazio quando lo oltrepassammo.
Alcune di esse ci urlarono contro, altre imprecarono. Cercai di farmi piccola per farmi notare il meno possibile ma non dovevano vedere spesso donne.
Era un carcere totalmente maschile.

Un tizio muscoloso sputò mentre passavo vicino la sua cella.
-Cagna dodicana.-
Come poteva sapere da dove venissi?
Regre batté il manganello sulla cella per farlo star buono. -Zitto cane.- ringhiò e sorrise avidamente.
Amava la sua posizione di potere in quella circostanza e non lo nascondeva per niente.

Girammo a destra oltrepassando una decina di celle. La mia mano sempre stretta a quella di Xhon.
-Eccoci qui. L' ala degli assassini.- esclamò invitandovi a entrare- È tutta vostra, accomodatevi.-
Per poco non mi venne la nausea per il suo tono. Frate Lhao gli lanciò un' occhiata glaciale e Regre abbassò la testa.

"Codardo" pensai.

Dopo aver attraversato l' ennesimo corridoio gemello agli altri, giungemmo di fronte una porta rossa.
Su di essa, al centro, notai una piccola targa con inciso poche parole:
Cab Liersen, Mondo10.

LuceWhere stories live. Discover now