So badare a me stessa

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Mi sistemai i capelli sulle spalle appena fui di fronte alla porta di casa, ma non servì a farmi sentire tranquilla.
Mentire a Finn era sbagliato e io lo sapevo, eppure custodivo la certezza di avergli raccontato solo bugie da quando ero lì.
Feci un lungo respiro e mi decisi a entrare.
Mi aspettai di trovarlo dietro i fornelli, con il suo ridicolo grembiule legato in vita, ma non c'era.
«Ha accompagnato Sten al rifugio.» Jamie in piedi di fronte al balcone stringeva un biglietto tra le dita. «Sembra che abbiano trovato un grizzly ferito nel bosco.»
«Un grizzly?» Lasciai cadere lo zaino a terra.

«Esattamente.» Mi guardò con sufficienza. «Forse ci penserai due volte la prossima volta che deciderai di allontanarti da casa di notte.» Si tolse la felpa di dosso e aprì la credenza.
«Non pensavo che questa giornata potesse andare peggio.» Mi avvicinai al divano e crollai sui cuscini.
Il fatto che Finn fosse impegnato nel salvataggio di un orso mi lasciò esterrefatta, ma insieme alla preoccupazione, sentii muoversi dell'altro.
Per quanto mi sforzassi di fingere non fosse successo nulla, qualcosa nel pomeriggio trascorso con Jamie aveva cambiato il mio modo di viverlo.
Avevamo comunicato in modo più profondo.
Tentavo di spingere giù la sensazione che mi si era annidata nello stomaco, ma più mi ostinavo a reprimerla, più affiorava con forza.
Commisi l'errore di convincermi che sarebbe stato facile soffocarla se mi fossi impegnata abbastanza.

«Devi mangiare.» Mi raggiunse sul divano, porgendomi un piatto con la cena che aveva imbastito in meno di dieci minuti.
Jamie era capace di gesti tanto bruschi, quanto di attenzioni premurose. Stargli accanto era come muoversi su un terreno instabile senza essere mai certi di dove si stessero mettendo i piedi.
Era volubile, e non avevo ancora ben chiaro come sarei riuscita ad affrontarlo da quel momento in poi.
Finì di mangiare, ripose i piatti sul bancone e tornò a sedersi accanto a me.
Scivolò un po' più giù sullo schienale, allungò le gambe e le intrecciò, poi afferrò il telecomando.
«Dovresti andare di sopra e dormire» disse.

La luce del televisore proiettava ombre sul suo naturale pallore mentre cambiava canale per trovare qualcosa di interessante.
«Dovresti farlo anche tu.» Afferrai un cuscino e mi accomodai meglio.
«Non sono io quello che è finito dentro un lago in pieno autunno.»
«Ma tu sei quello che mi ci ha tirato fuori. Devi essere esausto quanto me.»
«Non dormirò sino a quando Finn non sarà a casa» replicò.
«Capita spesso?» Mi drizzai sul divano curiosa.
«Più di quanto immagini.»

Mi resi conto che stava tentando di ignorare la mia presenza, fuggiva ai miei occhi con precisione. Manteneva un tono sostenuto e sfuggiva alla conversazione con poche parole.
«Puoi piantarla di girare continuamente canale?»
Reclamai la sua attenzione, sfilandogli il telecomando dalle mani.
«E tu puoi piantarla di fare la bambina e andartene di sopra?» Finalmente mi inchiodò con uno sguardo autoritario. E sentire i suoi occhi addosso placò il mio immotivato tormento.
Si protese in avanti e tentò di sfilarmelo dalle mani, ma io indietreggiai sino a sentire il suo peso premermi il bacino, il petto, il respiro.
Mi agitai per impedirgli di averla vinta, ma lui si modellò su di me con naturalezza, allungò la mano e mi afferrò il polso saldamente.

Ci eravamo già trovati così, per quella stupida macchina fotografica, solo che non c'era Finn in casa in quel momento a tenere a bada i nostri gesti inconsulti.
«Stai cercando di riprendertelo come se ti avessi sottratto una caramella. Chi è il bambino adesso?» Lo provocai.
Jamie si bloccò.
Non sapevo cosa stessi facendo, non sapevo neanche perché desiderassi restasse fermo lì dov'era. Con il collo scoperto vicino alle mie labbra e i capelli riversi sulla mia fronte.
La sua bocca era cosi piena e morbida da sembrare velluto rosso, mi chiesi come sarebbe stato percorrerla con la punta delle dita.
«Stai giocando con me, Bride?» Tese le braccia per sostenersi e con il viso in penombra mi fissò. «Se desideri qualcosa, basta chiederlo.»

Non potei fare altro che guardarlo sino a riconoscerne l'assurda bellezza.
Avrei voluto farlo entrare, concedergli qualcosa di me che nessuno aveva mai avuto e dargli accesso alle mie infinite insicurezze, ma non lo feci. Scossi il capo lentamente e d'impulso lo spinsi via, alzandomi in piedi.
Gli lanciai il telecomando addosso sopraffatta dalla vergogna, era riuscito a leggermi dentro, a scorgere il bagliore dello strano bisogno a cui stavo cedendo.
D'improvviso rise, piegò il petto in avanti, chiuse gli occhi e li strinse tra le dita. Era divertito, gli piaceva rendersi conto di avere la situazione sotto controllo.

«Ed ora da brava.» Indicò con un cenno il posto vuoto accanto a lui. «Smettila di fingerti padrona di te stessa e siediti.»
«Lo sono!» Fu così diretto da farmi sentire in imbarazzo. «Io lo sono!»
Smise di ridere.
Afferrò l'orlo del mio largo maglione, mi tirò a sè e caddi sulle sue ginocchia.
«No» disse perentorio. «Non lo sei.» Aprì la mano sul mio fianco e le dita strinsero. La lana ruvida mi sfregò la pelle. «E non commettere l'errore di credermi ancora un ragazzino Bride, perché se non la smetti subito, scopriresti che ho imparato un sacco di cose negli ultimi anni.»
Ipnotico e senza filtri non ebbe bisogno di aggiungere altro, scivolai piano sul divano sino a sciogliermi dalla sua presa e lui sembrò rilassarsi.
Non feci più nessun sarcastico commento, non pronunciai alcuna parola, sostenni il silenzio sino ad addomentarmi con la testa riversa sulla sua spalla.

Non mi accorsi del rientro di Finn, Jamie invece sì, perché quando mi svegliai il mattino dopo non era più accanto a me.
Una coperta di lana mi ricopriva e un morbido cuscino mi sosteneva il capo piegato di lato.
Avevo le ossa rotte e un'atroce mal di testa mi fasciava le tempie.
«Buongiorno Bri!» Finn uscì dalla stanza intento ad arrotolare sugli avambracci la camicia.«Non ho avuto il coraggio di svegliarti ieri sera per farti andare nella tua stanza, dormivi così profondamente che sarebbe stato un vero peccato disturbare il tuo sonno.»
Gli bastò darmi un'occhiata per rendersi conto che qualcosa non andava.
«Sei più pallida del solito.» Si avvicinò preoccupato e mi tastò la fronte con le dita. «Ma tu hai la febbre!»
Iniziò a rovistare nervosamente nell''armadietto dei medicinali, sussurrando tra sè.

«Jamie!» chiamò. «Scendi! Abbiamo un problema.»
Quell'abbiamo mi sorprese, perché con tutta probabilità, il problema ero io e io non volevo essere un peso per nessuno.
Fu come ridestarmi da un lunghissimo sogno, tornai a toccare la realtà con le dita.
Ripercorrere ciò che era accaduto il giorno prima mi provocò un tale senso di frustrazione che mi maledii.
Avevo allentato le mie difese e mi chiedevo come diavolo avesse fatto Jamie a rendermi così arrendevole.
«Finn» sussurrai, alzandomi con cautela. «Devo solo riposare, non preoccuparti.»
«Non puoi stare sola in casa in queste condizioni, io devo andare da Sten, non posso rimandare l'impegno.»
«Starò io con lei» Jamie scese le scale assonnato, i pantaloni della tuta si aggrappavano a stento ai fianchi e persino appena sveglio, con gli occhi ancora gonfi e i capelli arruffati rasentava la perfezione.

Detestai guardarlo, detestai ammettere fosse riuscito a eludere il mio abituale riservo e ancor di più dover ammettere di aver avuto bisogno di lui.
Tornai con i pensieri alla sera prima, al suo corpo disteso sul mio, all'agio con cui aveva affrontato la nostra eccessiva vicinanza e all'impaccio con cui invece mi ero ritrovata io, incapace di gestire le mille farfalle che si erano librate nel mio stomaco annodato.
Mi ero lasciata incantare come neve che si scioglie al primo sole, come un fiore che si dischiude a maggio, come una notte che muore al chiarore di una luminosissima alba.
«Non ce n'è alcun bisogno.» Seccata, volli mostrare la mia assoluta indipendenza.

Me la presi con lui, lo fissai impermalosita, non ammettevo mi ritenesse tanto fragile da non poter gestire la situazione.
«Puoi chiamarmi per accettarti stia bene, Jamie non mi farà da baby sitter.» Salii il primo scalino tenendomi in piedi con le poche forze che avevo, ma non cedetti al dolore che mi percuoteva i muscoli.
Jamie si scostò, poggiando la schiena alla parete quando lo affiancai. Sembrò confuso dalla mia gelida reazione.
«E tu» dissi. «Non commettere l'errore di credermi incapace di badare a me stessa.»
Ci saremmo sempre fatti male a vicenda, e lo sapevamo entrambi.

The Untouchable LoveWhere stories live. Discover now