Non farmi perdere la pazienza

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Me la cavai da sola.
Avevo imparato a gestire il dolore durante la degenza in ospedale senza lasciar trasparire nulla per non far preoccupare zia Mel.
Finn l'aveva chiamata ogni giorno sino alle dimissioni, ma nonostante avesse manifestato più volte l'intento di raggiungermi, i miei continui dinieghi lo avevano rassegnato.
A vederla da lontano mi sembrò di essere stata crudele, avevo tralasciato la sua sofferenza.
Si era agitato per nulla, non osai immaginare i pensieri che lo avevano attraversato, sapendomi lontana in quelle condizioni.

Non uscii dalla mia stanza per due giorni interi e con la gola in fiamme e la febbre a indebolirmi non smisi un solo istante di pensare a Jamie.
Ne percepivo la presenza in casa, lo scalpitio dei passi sulle scale, o il suono della porta che si chiudeva quando entrava e usciva dalla sua stanza. Ma non passò a trovarmi neppure una volta.
Avevo rifiutato il suo aiuto nonostante mi avesse salvata al lago, senza di lui non sarei stata neppure lì, sdraiata sul mio letto a maledire la mia incoscienza.
Il fatto era che avevo paura, e ne avevo perché ero attratta da lui.
Aveva allungato le dita, mi aveva sfiorato, si era insinuato nelle crepe della mia pelle segnata e mi aveva instillato il suo veleno.
Avrei dovuto continuare a odiarlo per il modo in cui mi aveva trattata dal primo istante in cui ero tornata a Jackson Hole. Avrei dovuto tenermi a distanza senza sentirmi straziata dai suoi sguardi schivi e bellissimi.
Amare portava sofferenza, e io lo sapevo bene.

Solo quando non ne potei più di immaginarlo ogni volta che chiudevo gli occhi, mi decisi a tornare alla vita.
«Eccoti finalmente. Sei tornata alla luce creatura notturna?» Finn mi accolse con un affettuoso abbraccio.
Scrutò il mio viso confuso.
«Mi sono accorto dei tuoi assalti in cucina durante la notte» chiarì.
«Rientro a scuola.» Lo informai. «Kat passerà a prendermi tra poco.»
«Potevi chiedere a Jamie di accompagnarti» mi rimbeccò.
«Già.» Una mano spuntò da oltre la mia spalla.«Potevi farlo.» Due dita pallide afferrarono un biscotto dal sacchetto aperto sul bancone.
Jamie lo addentò, tenendolo sospeso tra le labbra e si infilò il giaccone di fretta.
«Devo scappare» disse a Finn. «Milton mi ha chiesto di aiutarlo a organizzare l'escursione.»
Aprì la porta e si ritrovò di fronte a Kat, immobile con i piedi sul tappetino all'ingresso.
«Buongiorno Katrine Kat!» La oltrepassò scompigliandole i capelli sul capo.

Era decisamente di buon umore e il suo atteggiamento rilassato dentro casa in mia presenza mi preoccupò.
Non era un comportamento consono al Jamie che conoscevo.
Non so cosa mi aspettassi, forse che fosse turbato quanto me, che manifestasse un certo disagio dopo quanto accaduto, ma con tutta probabilità dovevo essere l'ultimo dei suoi pensieri.
Finn mi aggiornò sullo stato della piccola Fiadh prima di andare al lavoro.  Si era ripresa dalla ferita e nei giorni successivi avremmo potuto liberarla nel bosco.
Fu il primo sollievo di una giornata iniziata male.

«Non riesco a smettere di pensare al disastro di weekend che ti ho fatto vivere.» Kat svoltò sulla strada principale.
«Non credo che le gite sul lago facciamo per me.» Tentai di farla sorridere.
«Nat è passato a trovarti per scusarsi, ma a quanto pare ha divieto categorico di visita in casa Murphy» rise.
Parcheggiò davanti a scuola e scese dall'auto.
«Cosa intendi dire?» La affiancai.
«Jamie gli ha chiuso la porta in faccia e il giorno dopo lo ha affrontato a scuola. Mai vista una cosa del genere. Lo ha preso per il collo e...» Kat iniziò a gesticolare divertita, mimando una scena che non riuscii minimamente a immaginare.
Jamie che si prendeva a pugni con Nathan per quanto successo era impensabile e assurdo.

Affrettai il passo e me la lasciai alle spalle.
«Ehi» chiamò. «Bride!»
Non mi fermai.
Appena lo vidi, puntai dritto nella sua direzione senza esitazione.
Aprii la mano sull'anta aperta dell'armadietto e lo richiusi, il metallo sbatté con cosi tanta forza da muovere un suono acuto nel corridoio affollato.
Jamie mi guardò confuso.
Teneva un libro tra le mani e lo zaino gli penzolava lungo la spalla.
«Non è stata colpa sua! Che cosa ti è venuto in mente? Prendere a pugni Nat solo per la tua convinzione mi abbia messo in pericolo è ingiustificabile.» Il tono acuto di voce attirò l'attenzione.
Jamie continuò a fissarmi senza proferire parola e la sua mancata reazione mi stupì.

«E non dovresti prenderti scelte che non ti spettano! È venuto a trovare me, non hai alcun diritto di decidere chi può entrare in una casa che è più mia che tua.»
Mi bloccai quando mi resi conto di ciò che avevo appena detto.
Ma lui, non batté ciglio, non reagì con rabbia, non mostrò l'orgoglio ferito e neanche si preoccupò di guardarsi attorno per vedere i volti curiosi degli studenti che ci stavano fissando.
No, Jamie non lo fece.
Tese il braccio e aprì la mano sull'armadietto ormai chiuso e il suo volto avanzò.
«Per tua informazione, Bride Murphy, il mio rapporto con Nat non ti riguarda. Posso prenderlo a calci quando mi pare. E scusami tanto se considero quella casa più mia che tua vista la tua assidua mancanza negli ultimi anni.» Abbassò gli occhi e affondò i denti nel labbro inferiore, poi tornò a fissarmi impassibile.

«Devi smetterla di pensare che il mondo giri attorno a te, e sopratutto...» fece una pausa prima di riprendere. «Devi smetterla di farmi perdere la pazienza.»
La mano scivolò accanto al mio viso e si rimise in piedi.
«E ora, se vuoi scusarmi, ho da prendere gli appunti dentro il mio armadietto» concluse, ordinandomi di togliermi dai piedi con un brusco cenna del capo.
«Nat può venire a trovarmi quando vuole e sarai tu ad aprire quella dannata porta!» dissi risoluta, avviandomi verso l'aula.
Ma tutta la mia spavalderia crollò appena svoltai l'angolo del corridoio.
Compresi che non avevo più scampo. Se si trattava di Jamie le emozioni prendevano il sopravvento e io non avevo alcun mezzo per fermarle.

Non seppi dirmi perché mi sentissi così frustrata, e non seppi neppure spiegarmi cosa mi aspettassi da lui.
Percepivo una mancata soddisfazione, desideravo che il suo tormento si avvicinasse al mio.
Volevo che percepisse lo stesso sfrigolio sulla pelle quando mi era accanto, lo stesso vuoto sotto i piedi. Volevo gli tremassero le ginocchia, che gli mancasse l'aria e che si sentisse disarmato guardandomi negli occhi.
Compresi improvvisamente le parole che Mad mi aveva rivolto di fronte alla vetrata nella casa sul lago: vorrei che mi guardasse come non ha mai guardato nessuna.
E sarebbe successo prima o poi.
Lei, così ostinata e perseverante, avrebbe fatto in modo che accadesse.
Restare un passo dietro a Jamie non era mai stato nei miei piani, ero sempre stata io quella avanti. Ero sempre stata io a rivolgergli sguardi sufficienti e parole piene di indifferenza.
Dovevo togliermi dalla testa quei pensieri, pesavano come macigni e riducevano in briciole quel poco di me che era rimasto.

The Untouchable LoveWhere stories live. Discover now