"Dimmi che stai scherzando!", gridò Miles facendo la sua entrata trionfale in casa mia, mentre stavo dando a Yuki i suoi croccantini. Ormai quello ero diventato: un gattaro che non paga l'affitto.
"Vorrei poterlo fare", confessai alzandomi da terra.
"Allora fallo, Klein. Ti ho dato fiducia, ma non in questo modo", mi disse puntandomi un dito contro. Sembrava un vero duro con quei tatuaggi e la maglietta stropicciata, se non fosse per la bandana rossa intorno al braccio che gli dava un aspetto ridicolo.
"È stata una decisione di Arthemsis", gli spiegai.
"Non me ne frega un cazzo, Klein. Riportare un pezzo così importante del suo passato qui, sei impazzito?", gridò. Per fortuna Diego non era in casa.
"Basta con questa storia, Miles", gli risposi. Stava davvero iniziando a innervosirmi tutta quella protezione nei suoi confronti, soprattutto perché non ne aveva bisogno.
"Arthemsis non è debole come credi, non ha bisogno che tu la difenda in ogni cosa e quanto meno che la protegga da ogni inconveniente", dissi e vidi la sua mascella contrarsi, "Far venire qui Honey potrebbe essere la cosa giusta, l'incastro perfetto tra presente e passato. Potrebbe farle incredibilmente bene".
"Oppure male", esitò, "Incredibilmente male".
Mi lanciò uno sguardo minaccioso e poi si voltò per andare verso la porta e fece per uscire, ma lo interruppi.
"Non so di cosa hai paura, Miles", gli dissi mantenendo un tono calmo ,"Ma non te la porterò via".
In questi ultimi mesi quella era stata l'unica giustificazione plausibile al suo atteggiamento. Anche solo accennare a Santa Cruz il suo umore cambiava e iniziavo a credere che non fosse più qualcosa legato solo al bene che le voleva.
"Sarà meglio per te, Klein", mi rispose e prima di sbattermi un'altra volta la porta in faccia mi avvisò.
"Rowan e Diego non lo sanno e Arthemsis mi ha detto di non dirglielo".
"Manterrai la promessa?", gli domandai. Non era il numero uno ad ascoltare le richieste di A.
"L'importante è che lo sappia io".
L'arroganza l'aveva inventata lui.
Due giorni dopo Arthemsis non stava più nella pelle, ma in lei non c'era la stessa scintilla delle altre volte, era più spenta e debole.
Honey l'aveva chiamata quando avevo dato l'okay a Ryan, si erano sentite e messe d'accordo per il giorno e l'ora e adesso stavo accompagnando A in aeroporto ad aspettarla, ovviamente con Miles che guidava e io dietro come un cane.
Non avevamo detto niente a Diego e Rowan, ma non fu una genialata perché a breve l'avrebbero saputo.
"Spero si sia coperta a sufficienza", disse Arthemsis chiudendosi nel cappotto quando scese dalla macchina. Non stava nevicando, ma c'era un vento tremendo.
"L'ho avvisata io", le risposi, "Abbiamo la stessa percezione del freddo, quindi sarà ben imbottita".
Arthemsis camminò fino ad entrare in aeroporto e io rimasi dietro con Miles. Avevo dei dubbi sulla situazione, ma non volevo comunicarglieli perché sapevo avrebbe manomesso la cosa.
Seguimmo A e aspettammo ansiosamente l'arrivo di Honey. I miei occhi vagavano da una parte all'altra della sala, ero nervoso, parecchio, invece Arthemsis sembrava fin troppo tranquilla, di Miles non volevo parlarne, sembrava volesse tirare un pungo al muro -o a me.
Quando un flusso di persone iniziò ad uscire dal gate il mio cuore smise di battere, decise di non voler affrontare la situazione e si fermò. Quando la vidi non fu difficile riconoscerla, pelle abbronzata e lunghi capelli biondi che cadevano fuori dal berretto azzurro. I suoi occhi chiari incontrarono i miei e sentii un mancamento, solo in quel momento realizzai quanto mi fosse mancata, perciò corsi nella sua direzione prima di Arthemsis e l'abbracciai sollevandola da terra.

KAMU SEDANG MEMBACA
COME FIOCCHI DI NEVE
RomansaSEQUEL Ricomincia. Accetta. Dimentica. Dimenticare, ecco cosa voleva Marcus. Poter riprendere in mano la sua vita dopo un dolore così letale. Da quando lei se n'è andata, Marcus ha tagliato fuori tutti, giorno e notte si allena con il surf per pot...