CAPITOLO 9

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Sospiro mentre la guardia mi indica la sala incontri con i detenuti. Non avrei mai immaginato di entrare qui dentro per parlare con mio marito. Sono passati due giorni da quando Erik è stato arrestato con l'accusa di tentato omicidio. La situazione non è molto chiara. Sembra che anche l'Fbi sia interessata, ma a ben altro e io voglio sapere perché mio marito si trova in questa situazione. 

I titoli dei giornali sono inverosimili, chi lo accusa di avere legami con la malavita, chi ritiene che sia colpevole ancor prima che ci sia stato un processo. Ho letto il primo giorno alcuni titoli di giornale e sono stata malissimo, in seguito ho evitato di guardare. Non ho acceso la televisione per evitare di vedere notizie che riguardassero Erik.

L'informazione dovrebbe essere fatta nel modo corretto, eppure lui è stato condannato dai media ancor prima di avere un processo. Ma di tutta questa storia la cosa sconcertante è lui. Quando l'hanno portato via non ha battuto ciglio, mi ha baciato sulla fronte sussurrando che sarebbe andato tutto bene. Come potrebbe andare bene? Davanti alla nostra casa c'è una schiera di giornalisti che continua a porre domande su questioni che neanche credevo esistessero. Non riesco a capire su che basi viene accusato di tentato omicidio. Stefan Grant, ancora lui in mezzo. Questa storia non finirà mai.

La porta si apre e finalmente vedo l'uomo che amo. Non è il solito Erik ed è comprensibile, lui che è abituato ad avere il controllo, ora si trova in trappola. Aspetto che si sieda dalla parte opposta del tavolo, ma lui mi sorprende, viene verso di me deciso e mi abbraccia. È la prima volta che mi abbraccia in questo modo, quasi come se io fossi un'ancora di salvezza a cui aggrapparsi. Avvolgo le braccia intorno a lui e finalmente lo sento mio. Un senso di pace che solo lui sa darmi.

«Mi sei mancata» sussurra tra i miei capelli.

«Anche tu Erik».

Mi bacia, mi guarda negli occhi come se fosse alla ricerca di una conferma che vada tutto bene, ma stavolta entrambi sappiamo che non va affatto bene.

«Come stai?»

«Ho passato giorni migliori». Il modo in cui lo dice è straziante.

Ci sediamo, uno di fronte all'altro. Appoggia le mani sul tavolo e io lascio scivolare le mie verso di lui fino a intrecciare le nostre dita. Sono preoccupata per lui.

«Hai parlato con i tuoi avvocati?» chiedo sporgendomi verso di lui per quello che il tavolo consente.

«Domani c'è l'udienza per il rilascio, una volta pagata la cauzione sarò fuori e allora possiamo parlare» risponde in modo freddo.

È distaccato, non riesce a sostenere il mio sguardo. Sta nascondendo qualcosa, lo sento.

«Avevi detto basta segreti. È questo il valore che dai alle tue parole?»

Stavolta non ho intenzione di lasciar perdere, mi sento messa da parte. Dovrei essere la persona con cui si confida, quella che lo conosce meglio di chiunque altro invece non è così.

«Ho detto che ti racconterò tutto quando sarò fuori da questo posto. Devi capire che qui dentro non posso dire niente, altrimenti potrebbe essere usato contro di me» spiega. Freddo, calcolatore, indifferente. So bene che qualsiasi informazione potrebbe essere usata contro di lui, ma non riesco a credere che abbia fatto tutto quello di cui viene accusato.

Appoggio la schiena alla sedia e rimango con lo sguardo fisso su di lui. Non starò fuori da questa storia, voglio arrivare fino in fondo.

«Voglio esserci anch'io nella schiera dei tuoi avvocati, devi firmare il consenso» dico.

Mi fulmina con lo sguardo mentre si sporge in avanti. Trattengo il respiro mentre aumenta la presa sulle mie mani.

«Non se ne parla. Voglio che tu stia fuori da questa storia». Lo dice in tono minaccioso ma io non ho paura di lui.

«Forse non ti è chiaro, io ci sono dentro fino al collo. Tutto il paese non fa altro che parlare di te. Tutti i santi giorni, davanti al cancello di casa nostra ci sono giornalisti. Dimmi, come dovrei starne fuori secondo te?»

Elimino il contatto tra di noi, ma non distolgo lo sguardo dal suo. Non accetterà mai la mia proposta, ma non ho intenzione di arrendermi. Voglio sapere tutto stavolta.

«Mi dispiace, non so come sia potuto succedere».

Vedo rosso. Sbatto le mani sul tavolo mentre la rabbia aumenta sempre di più.

«Non mi serve a niente il tuo "mi dispiace". Voglio che parli con me e non che io venga a sapere le cose dai giornali».

Non dice niente, per la prima volta sono riuscita a zittire Erik Truston.

«Guardati, sei in carcere con l'accusa di tentato omicidio ai danni di Stefan e io sono preoccupata per te. Permettimi di aiutarti».

La sua mascella si contrae, ritira le mani e dice in maniera distaccata: «Ti spiegherò tutto, quando sarò fuori. Ora è meglio che torni a casa».

«Cerchi di tenermi in una campana di vetro, ma non ti rendi conto che mi hai spedito all'inferno» dico alzandomi. Indietreggio di qualche passo, lo guardo e poi mi volto.

«Mi stai allontanando e questo mi uccide». Le parole sono venute fuori senza ragionare troppo, non sono riuscita ad averne il controllo. Tutto questo fa male perché ho come l'impressione che tra noi si è rotto qualcosa.

«Mi dispiace» lo sento dire ad alta voce prima che la porta si chiuda alle mie spalle.

Percorro il corridoio verso l'uscita in lacrime. Non era l'uomo di cui mi sono innamorata, non lo riconosco più. Cosa gli sta succedendo?

Dovremmo essere uniti, invece siamo lontani più che mai.

Sappiate che succederà di tutto. Se siete deboli di cuore abbandonate ora, vi comprendo hahaha

 

BELLO MA DANNATO PassioneWhere stories live. Discover now