CAPITOLO 24

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Mi sento intorpidita e distratta. Ripeto che non sta succedendo a me. Tutti continuano ad esistere nel mondo invece io sono in un tunnel oscuro. Mi sento persa perché non ho un motivo per andare avanti. Lui non c’è più. Non riesco a ricordare cosa ho fatto nei giorni precedenti, non ricordo l’ultima volta che ho mangiato, parlato, respirato. Vuota e disorientata, un corpo privo di vita.

Stiro con le mani in modo nervoso l'abito nero che indosso, come se fosse il colpevole di quello che sta accadendo. Nero, come tutto ciò che mi circonda. Non c'è più colore senza di lui. Io non sono nessuno senza di lui. Osservo la foto del nostro matrimonio, come fosse stato solo un sogno. Come potrebbe essere reale se lui non c'è.

 «Elisa dobbiamo andare» mi comunica Jason entrando in camera. Non credo di riuscirci, non posso farlo. Guardo il nostro amico senza dir nulla. É da giorni che non dico nulla. Non ho voglia di parlare di niente con nessuno. Sospiro pesantemente guardando un'ultima volta la foto ed esco dalla camera. Il mio corpo è solo una macchina che risponde ai comandi, non sente più nulla. Forse qualcosa provo, il freddo che mi entra fino nelle ossa e mi tortura continuamente.

Passo tra la folla di persone ed esco di casa senza guardare nessuno. Non m'importa che sono qui per lui. So chi gli voleva bene veramente, e non sono tutte queste persone. Ma la gente è strana, va ai funerali solo per dire di esserci andata, per mostrare fino in fondo quanto può essere falso l’essere umano. Ci sono tutti, azionisti, giornalisti, banchieri, politici. Non voglio nessuna di queste persone qui, io voglio lui. Guardo il vialetto come se aspettassi il suo ritorno da un momento all'altro. Non riesco a crederci. Non posso accettare la sua morte, non ci riesco. Sono un fallimento. Non sono riuscita a far niente per lui. Lui mi ha protetta sempre e io non sono riuscita a fare lo stesso.

 «La macchina è arrivata» mi avvisa con un filo di voce la mia amica. Nel momento in cui incrocio i suoi occhi rossi e gonfi non riesco a trattenere le lacrime. Scendono a fiumi come hanno fatto in questi giorni, ma non servono a riportarlo da me. Vorrei urlare, vorrei parlare ma non ci riesco. Tengo tutto dentro. Non servirebbe a niente mostrare il dolore che provo, nessuno potrebbe capire. Ho perso tutto, non ho più niente, neanche un’anima.

Entro nella macchina che mi porterà al cimitero insieme a Lukas e Jason, mentre la mia amica si occupa di avvisare i presenti.

Un crampo allo stomaco mi fa contorcere dal dolore, cosa che ai miei amici non sfugge.

 «Stai bene?» mi chiede Lukas preoccupato.

 «Ti sembra che sta bene? Sono giorni che non mangia e sta sempre chiusa in camera» risponde Jason in modo duro. Lo fulmino con gli occhi per le sue parole e mi volto verso il finestrino. Non ho bisogno di assistere alle loro litigate, non mi aiutano per niente. Ieri li ho sentiti discutere, ma non ero concentrata per capire il motivo. Non mi interessa niente in questo momento.

Arrivati al cimitero la macchina si ferma. Guardo le tante lapidi e non posso credere che da oggi ci sarà anche la sua. Sento freddo, mi tremano le gambe, non riesco a muovermi. Dovrei uscire. Per qualche istante mi illudo che stare qui dentro potrebbe cambiare le cose. Che tutto questo è solo nebbia che poi scompare. Potrebbe essere un incubo, ne faccio tanti. Magari lui tra poco mi sveglierà e mi guarderà con quegli occhi azzurri che mi hanno stregato e mi dirà ehi piccola, ci sono io con te. Fallo amore, perché non ce la faccio più. Non riesco a vivere con la consapevolezza che non ci sei. Svegliami ti prego.

 «Elisa dobbiamo andare» la voce di Lukas mi riporta alla realtà. Una realtà crudele, dove io sto per andare al funerale, del mio cuore.

Scendo dalla macchina e cammino a piccoli passi. I miei occhi sono fissi in un'unica direzione. La bara di Erik. Respiro profondamente per trattenere le lacrime che cercano l'accesso. Non posso continuare a piangere, non ora. Scuoto le mani e tiro fuori tutta l'aria che ho nei polmoni mentre mi avvicino sempre più. Respira, resisti. Sento il cuore spezzarsi a ogni passo che faccio verso di lui ma spero fino all’ultimo che una volta arrivata qualcuno mi dica che non è vero, che lui sta bene.

Guardo la bara di legno scuro con rabbia, tristezza e odio. Il prete comincia a parlare ma non sono attenta alle sue parole. Io penso a lui, a tutti i nostri momenti insieme, a tutte le volte che lo facevo arrabbiare di proposito. Che stupida. Ho perso tempo a litigare con lui quando potevo sfruttare quel tempo per amarlo di più.

Ferma, impotente, assisto alla sepoltura. La bara va giù, il battito accelera e in quell'istante tutto quello che ho cercato di trattenere si libera e perdo il controllo.

 «Ti prego, torna da me. Avevi promesso che non mi avresti lasciato mai, mantieni la tua promessa, torna da me» urlo lasciandomi andare sulle ginocchia «avevi promesso» ripeto singhiozzando.

Qualcuno cerca di tirarmi su ma io lo spingo via bruscamente.

 «Erik ti prego, non mi lasciare. Non posso vivere senza di te» supplico come se potesse cambiare qualcosa. Due braccia mi afferrano tirandomi su. Cerco di liberarmi, ma sono bloccata.

 «Elisa ti prego, calmati». Lukas mi stringe. Non c'è nulla che può fare, l’unica cosa che voglio è avere Erik con me.

Scivolo via dalle sue braccia e corro. Voglio svegliarmi. Voglio ritrovarmi nel letto con lui accanto che mi sorride. Non voglio più stare qui. Corro verso la macchina sotto lo sguardo confuso dell'autista.

 «Mi dia le chiavi» ordino. L'uomo mi guarda perplesso «le chiavi, subito» urlo isterica.

Strappo la chiave dalle sue mani e salgo in macchina. Voglio andare via da qui. Accendo la macchina e parto a tutta velocità.

Asciugo le lacrime che mi annebbiano la vista e continuo a guidare. Dove vado? Ho bisogno di allontanarmi, voglio un posto sicuro dove …Dove mio marito diceva sempre che il tempo si fermava portando via le sofferenze. La spiaggia. Lui è lì ad aspettarmi, non è possibile che non ci sia più. Lui è Erik Truston, non può finire così. Guardo la strada con attenzione. Non voglio nessun ostacolo tra me e lui.

Arrivata alla spiaggia spengo la macchina e scendo guardando l'oceano. Non dimenticherò mai la prima volta che mi ha portato qui. Mi sentivo in imbarazzo. Lo desideravo ma non avevo il coraggio di spingermi oltre. Lui e il suo essere schietto e diretto, mi aveva fatto impazzire quel giorno. Ma lui è così. Imprevedibile. Unico.

Mi guardo intorno sperando in qualcosa. Spero ancora di vederlo. Spero che avvenga un miracolo. Prendo le scarpe in mano e tocco la sabbia fredda con i piedi. L'aria è gelida, proprio come il mio cuore. Osservo l'orizzonte e in quel momento mi viene in mente il bacio in acqua. Urlo dando sfogo a tutto quello che provo. Urlo di rabbia. Urlo disperata. Urlo il suo nome. Mi accascio a terra e continuo a urlare il suo nome, lo sto supplicando di tornare ma lui non verrà da me, mi ha abbandonata in un mondo che non voglio vivere senza di lui.    

Lui non c'è e io non esisto più.

BELLO MA DANNATO PassioneWhere stories live. Discover now