CAPITOLO 20

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Percorro un corridoio per poi fermarmi davanti ad una porta in legno scuro. Non ci posso credere con quanta facilità mi abbiano fatto entrare. É bastato dire il mio cognome e senza obiezioni mi hanno fatto accomodare. Questa cosa mi preoccupa alquanto, forse ho commesso un errore a venire fin qui. La porta si apre e io entro.

Appoggiato alla scrivania un uomo alto e snello, capelli castani e ricci mi squadra dalla testa ai piedi curioso. Iniziamo bene.

 «Signora Truston, è un piacere conoscerla».

Sembra innocuo.

 «Signor Monforte».

Respira, non mollare ora Elisa.  

 «Cosa la porta da queste parti?» chiede.

Adesso arriva il bello, vediamo da dove iniziare. Maledizione, non mi sono neanche preparata un discorso da fare. Vorrà dire che dirò tutto ciò che mi viene in mente, spero solo di non combinare casini.

 «Sono qui per parlarvi di mio marito» dico convinta.

La sua espressione muta, ora è fredda e nei suoi occhi leggo l’odio.

 «Non sapevo che Erik Truston mandasse la moglie per risolvere i suoi problemi» commenta.

Non posso fare a meno di guardarlo di sbieco. Rimaniamo in silenzio mentre ci guardiamo. Ok, quest'uomo non è molto diverso da mio marito. Sicuro di sé, si crede il padrone dell'universo.

 «Perché ho l'impressione che suo marito non sa nulla di questa visita?».

Sì avvicina riducendo lo spazio tra noi e io non mi muovo di un millimetro. La paura mi sta divorando ma voglio apparire sicura e determinata.

 «Ha ragione, lui non sa nulla. Vede signor Monforte, quando qualcuno cerca di fare del male a ciò che tengo senza motivo, io cerco di proteggerla».

 «Questo mi sembra giusto, anch'io lo farei. Ma la domanda è,  perché è qui?» chiede serio.

 «Perché lei ha fatto saltare in aria la mia casa» dico con gli occhi pieni di rabbia.

 «Non so di cosa parla».

 «Non sono qui per accusarla, ma per chiederle di smetterla. Erik non ha fatto nulla per meritarsi tutto questo».

 Sì allontana andando verso un angolo bar e si versa del liquido in un bicchiere «gradisce?» chiede mostrandomi il bicchiere. Non credo sia il caso, ma forse servirebbe a continuare questa conversazione. Diventare amici dei nemici non è previsto nei miei programmi, ma per il momento potrebbe funzionare. Mi avvicino prendendo un bicchiere vuoto e ne verso giusto un goccio. Tutto questo sotto lo sguardo sorpreso di Monforte.

 «Non crede di aver commesso un errore a venire qui?» chiede.

 «No. Credo che il dialogo aiuti molto. Secondo me c'è un malinteso e per il bene di tutti spero si possa risolvere» rispondo sincera.

Avvicino il bicchiere alle labbra e vengo subito invasa dall'odore di Brandy. Praticamente la cosa che odio di più. Visto che abbiamo deciso di fare i duri, bisogna andare fino in fondo. Bevo il liquido in un'unica volta e rimetto il bicchiere sul vassoio.

 «Perché è così certa che sia stato io a bruciare la sua casa?» chiede studiandomi.

 «Questo non ha molta importanza. Sono qui perché voglio che lei sappia che Erik non ha detto nulla sul suo conto».

 «Perché dovrei crederle?»

 «Perché è la verità» ribatto.

Segue altro silenzio e decido di insistere.

 «Signor Monforte. Se non fosse la verità non sarei qui, non crede?».

 «Se vuole proprio saperlo, io non c'entro nulla con la sua casa».

 «Impossibile. L'Fbi ha detto che è stato lei» dico senza pensare.

 «A quanto pare c'è qualcuno che vuole incastrarmi. Ma le ripeto, non c'entro nulla con ciò che è successo» dice in tutta tranquillità.

Sembra sincero. Ma in fondo uomini come lui sono abituati a mentire. Non so più cosa credere. Chi altro potrebbe volerci male?

 «Devo andare» dico guardando l’ora. «La ringrazio per avermi ricevuta». Cerco di uscire da quella stanza il prima possibile. Sono più confusa di prima.

 «É stato un vero piacere conoscerla signora Truston. Se ha bisogno di qualsiasi cosa, sa dove trovarmi».

Sicuro, come no. Non credo che rimetterò più piede qui dentro. Esco dal locale e mi dirigo verso la macchina, dove Lukas mi attende. Una volta nell'abitacolo faccio dei respiri profondi e guardo mio cognato che ha un viso pallido.

 «Mio fratello ci aspetta a casa» mi comunica mettendo in moto.

 «Perché diamine hai risposto, non potevi aspettare? No gli avrai mica detto dove siamo?» chiedo agitata.

 «Oh no, questo onore lo lascio a te. Piuttosto, dimmi com'è andata».

 «Monforte ha detto di non essere stato lui, ma non ne sono convinta».

 «Perciò questa follia non è servita a niente» borbotta accelerando.

 «Potresti rallentare, non ho tanta fretta di tornare a casa».

 «Chiedo scusa vostra maestà».

 «Da quando sei così acido?» chiedo alzando la voce.

 «Da quando come un coglione mi sono fatto trascinare in questa cosa. Tu non l'hai sentito al telefono, è nero. Non oso immaginare come reagirà quando saremo lì. Scusami tanto se non faccio i salti di gioia» urla sbattendo le mani sul volante.

So che è stata una pessima idea, ma volevo solo provare a risolvere la situazione. Volevo dare una mano. Erik non la prenderà bene e probabilmente litigheremo ma non m’importa, farei qualsiasi cosa per lui, anche quella di mettere in pericolo la mia vita.

BELLO MA DANNATO PassioneWhere stories live. Discover now