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Taylor's POV.

Non avevo idea di che ora fosse quando, il mattino seguente, riaprii gli occhi.

La prima cosa che mi colpì fu il dolore al collo e alla schiena, dovuto alla posizione scomoda in cui avevo dormito quella notte. Mi guardai intorno, cercando di riconoscere quel posto sconosciuto. Il fuoco che io e Justin avevamo acceso la sera precedente aveva lasciato posto ad un misero mucchietto di braci e cenere. La stanza era grande, le pareti parzialmente coperte di edera e muffa. In un angolo erano accatastate decine di macchinari risalenti a due decenni fa, ipotizzai inutilizzabili. La sera prima, quando io e Justin decidemmo di passare lì la notte, non avevamo avuto la possibilità di guardarci attorno, a causa del buio.

Alzai il busto lentamente e mi massaggiai il retro del collo con una mano per tentare di alleviare il dolore. Solo allora notai che sulle mie spalle era posata la giacca di Justin, mentre la mia era andata persa nella girosfera. Mi voltai per cercarlo, ma lui non era lì. Non mi preoccupai, comunque: sapevo che non si sarebbe allontanato senza di me.

Mi alzai e cercai la strada per uscire da quella stanza desolata. Tornai all'ampia scalinata che riportava al pian terreno e dava sull'atrio principale dell'edificio. Anche qui la natura aveva fatto irruzione, facendo quasi sembrare che persino quelle mura facessero parte di essa. Sul pavimento giacevano resti di scheletri che non riconoscevo, perché non completi. Di fronte a me si apriva la porta d'ingresso da dove Justin ed io eravamo entrati, mentre ai lati della stanza c'erano altre due porte più piccole. Scelsi una delle due e mi ritrovai in un salone pieno di grandi tavolate e affreschi sulle pareti. Doveva essere l'ala ristorante. Solo in quel momento mi sembrò di sentire lo stomaco brontolare. Dalla sala da pranzo arrivai alla cucina, immensa e provvista di decine di piani di cottura. Rovistai nei cassetti e nelle mensole, ma non c'era niente di commestibile, se non delle bottiglie d'acqua. Era comunque qualcosa. Non ci misi molto a berne una bottiglia intera. Ne presi il più possibile tra le braccia e continuai a cercare del cibo, poi, l'illuminazione. Notai una porta di metallo sigillata, e sapevo perfettamente cosa fosse. Una cella frigorifera. Mi affrettai ad aprirla, girai la chiave che era ancora nella serratura e tirai la porta verso di me. Due file di denti affilati mi si pararono davanti, ed io urlai, saltando indietro. Un Raptor in piedi davanti a me, ma non si muoveva. Ricominciai a respirare solo quando realizzai che era morto. Si trovava in quella cella probabilmente dai tempi del primo parco, e ormai non poteva fare niente se non restarsene lì congelato. Mi portai una mano sul cuore e costrinsi me stessa a tranquillizzarsi. Decisi di richiudere la porta e sigillarla, solo nel caso in cui avesse potuto scongelarsi e decidere di rendermi il suo primo spuntino dopo vent'anni passati a digiuno.

Lasciai stare il cibo e uscii dalla cucina e poi dalla sala da pranzo. Tornata nell'atrio entrai nell'ultima porta rimasta, e mi ritrovai in quello che sembrava un negozio di souvenir. Era stracolmo di gadget con il logo del vecchio parco: t-shirts, pupazzi di stoffa, zaini, addirittura bracciali e occhiali da sole. Presi un paio di quelle magliette e ne indossai una, infilando il crop top che indossavo dal giorno precedente e le bottiglie d'acqua prese in cucina in uno zainetto. Un suono metallico mi fece sobbalzare, mi voltai, notando l'ennesima porta aperta. Sentii degli attrezzi sbattere, e mi calmai: sapevo di chi si trattasse. Camminai seguendo quei suoni e fui subito in un garage dove erano parcheggiate delle jeep. In piedi di spalle c'era Justin. La sua maglietta era posata sulla sua spalla, lasciandomi una visuale più che gradita della sua schiena bianca. Il cofano di una delle jeep era alzato, e lui armeggiava con il motore della macchina ed una chiave inglese. Ad ogni movimento i muscoli delle sue braccia si contraevano, e le gocce di sudore risplendevano ai raggi del sole che penetrava dall'ingresso del garage. Per quanto amassi quello spettacolo, lo interruppi, schiarendomi la gola. Justin si girò verso di me. Il suo viso era sporco di grasso, così come le sue mani, dalle dita agli avambracci.

jurassic world. ✩ jdb & tasWhere stories live. Discover now