Capitolo 29

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La macchina sfrecciava veloce su una strada non asfaltata piena di buche e fossi. Dei ragazzi viaggiavano ormai da un quarto d'ora circa e non vedevano l'ora di arrivare, o meglio, non vedevano l'ora di scoprire la verità. E ci erano davvero vicino.

"Siamo arrivati?" Domandò per la milionesima volta una testa mora.

"No!" Rispose il rosso.

"Uffa, ma dove si trova questa villa?" Sbuffò la nera.

"Ma volete aspettare? Dico per davvero! Cioè siamo in macchina da soli quindici, e ripeto quindici, minuti e voi avete chiesto già trenta volte se siamo arrivati! Voi vedete ville?" Sbottò alla fine Luke che era al limite della sopportazione.

"No, però trenta volte sono esagerate!" Gli rispose Ros.

Luke alzò il volume dello stereo per non sentire le due ragazze parlare. 'Perché l'ho fatto?' Si chiese mentalmente.

La strada era piena di buche, ai lati c'erano delle piante le cui foglie si sporgevano sulla strada. A destra si intravedeva un fiume, a sinistra il tetto della villa. Eh sì, erano finalmente arrivati.

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Mark entrò nel suo ufficio e si tolse di dosso il cappotto di pelle per poi appenderlo all'attaccapanni. Si sedette sulla sua sedia girevole e guardò la sua scrivania. In realtà era la scrivania del padre, Aaron, che da poco era andato in pensione lasciando il posto al figlio. I ciuffi dei suoi capelli erano tenuti alti grazie al gel, la maglietta invernale che indossava era non troppo lunga, aveva dei jeans stinti e infine, ai piedi aveva degli anfibi neri e semplici. Un outifit decisamente ideale per quel giorno. Mark odiava il freddo,odiava l'inverno ma purtroppo il suo lavoro l'obbligava a uscire. Ultimamente però era rimasto in centrale, concentrandosi sugli affari elettronici che erano serviti per vedere cosa Kate, nei giorni prima della sua morte, aveva fatto. E ci era quasi riuscito. Aveva notato difatti, alcuni orari un pò strambi nei quali Kate usciva e rientrava. Si era informato di più e aveva scoperto che Kate aveva giocato con il fuoco, forse anche un pò troppo.
Non si spiegava inoltre, il perché quell'anonimo che li avvisava sempre di un nuovo 'attacco' non li aveva chiamato in tempo. E neanche dopo. 'Forse è morto' Pensò Mark.
Mentre viaggiava con la sua mente, qualcuno bussò alla porta.

"Avanti!" Urlò un pò per farsi sentire.
Dall'altra parte un uomo fece la sua entrata.

"Mark, sono appena arrivati i risultati delle chiamate registrate sul cellulare di Kate." Disse mentre passava i risultati a Mark. Quest'ultimo fece cenno di uscire all'uomo, poi lui aprì i risultati gli diede uno sguardo intenso. Di colpo si alzò e corse nella sala delle intercettazioni.
Però prima si avvicinò alla scrivania di una giovane poliziotta.

"Agente, mi chiami l'agente Moore e l'agente Mills. Le deve dire che li aspetto in sala intercettazioni." Disse Mark con tono risolutivo.

"Agli ordini capo!" Rispose la ragazza.

"Grazie Melody, non so come farei senza di te!" Le disse strizzandole un occhio. Poi si avviò.

Quando arrivò aspettò circa dieci minuti poi i due agenti si avvicinarono a lui.

"Allora che succede?" Gli chiese uno.

"Ho appena saputo che Kate nelle ultime settimana di vita riceveva molte chiamate da un privato, spero che loro riescano a rintracciarlo." Spiegò il nuovo commissario.

"E allora che aspetti?" Chiese il secondo.

"Aspettavo voi, se non sbaglio voi avete a che fare con questa storia, vero Pet?"

"Certo, ma ho solo chiesto!" Rispose il secondo ragazzo difendendosi.

"Okay, okay. Non complichiamo le cose e vediamo cosa ci dicono loro." Disse l'agente Moore indicando gli uomini che lavoravano dietro un computer.

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