VIII: you understand me?

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Lucy

Mi ci volle tutta me stessa e due bicchieri di champagne per riuscire a sopportare l'inizio di quella serata. Come se il suo comportamento di merda non gli fosse bastato, Natsu volle sedersi anche accanto a me.

Mi ritrovai così seduta tra Zeref e il ragazzo più odioso del mondo, senza sapere minimamente come comportarmi. Era, probabilmente, una delle situazioni più imbarazzanti in cui mi fossi mai ritrovata.

Natsu si stava comportando comportando come se fosse un ragazzo modello, un futuro imprenditore e un perfetto ragazzo modellato come un gran signore. Intraprendeva discorsi sull'economia e sulla politica con mio padre, di football con mio fratello e di medicina con Mavis. Sembrava un perfetto ragazzo con una profonda cultura ed una educazione meritevole.

Ma io sapevo cosa, in realtà, si nascondeva dietro quel finto faccino da gran signore quale non era e non sarebbe mai stato: un perfetto idiota, maleducato ed arrogante.

Era, semplicemente, un'odiosa, falsa, faccia di merda.

Fu così che, per tutta sera, non feci altro che ascoltare gli stupidi discorsi basati su argomenti che avevo sentito e risentito, mangiando in silenzio e continuando, in continuazione, a versarmi dello champagne nel bicchiere. Ogni volta che si svuotava, quasi in modo automatico, lo riempivo.

Era l'unico modo per mandare giù tutto: il nervosismo, il fatto di aver scoperto che Natsu fosse figlio di uno dei più grandi soci di mio padre, la sua troppa -irritante- vicinanza, la sua schifosa voce, il comportamento strano di mia madre-la quale stette zitta per tutta la serata-, quella stupida, inutile, cena e tutta la merda che essa portava con sé.

Tanto erano tutti così impegnati a parlare tra di loro, o a giocare con il telefono (come Sting e Wendy), che nessuno mi stava prestando attenzione.

Afferrai così, dopo aver terminato il secondo piatto, nell'attesa del dolce, la bottiglia di champagne quasi del tutto terminata, pronta a versarmi anche il quinto bicchiere, ma una mano, con una presa ferrea, si strinse attorno al collo della bottiglia, portandola via dal mio tocco senza che io potessi fare nulla.

<<Credo che tu abbia bevuto abbastanza, per stasera>> disse Natsu, posando il recipiente lontano dalla mia mano, dove il mio arto non riusciva ad arrivare nemmeno volendo.

Il fatto di non essere ubriaca mi mandava su tutte le furie e, allo stesso tempo, mi rincuorava. In fin dei conti avrei dovuto tornare a casa con i miei genitori, in macchina con la mia famiglia, ed ubriacarsi in loro presenza non era affatto il massimo.

<<Chi sei tu per dirmi cosa fare?>> sibilai, guardando Natsu in cagnesco.

Lui ghignò, leccandosi quelle maledette labbra, facendo poi strisciare sul pavimento la sua sedia e posando un braccio sul mio schienale, sfiorandomi la pelle nuda delle spalle, gesto che mi fece sobbalzare e rabbrividire allo stesso tempo.

Natsu piegò la testa verso di me, arrivando a sfiorare il mio orecchio con le labbra. Sentivo il suo fiato caldo battere sulla mia pelle, e ogni mio arto, per colpa di quella vicinanza, smise di funzionare.

<<Non vorrei mai che partisse "Shake That" e ricominciassi a ballare sul mio cazzo come quest'estate. Non so quanto potrei trattenermi questa volta, potrei scoparti su questo stesso tavolo senza problemi>>

La saliva mi andò di traverso dopo quella maledetta frase. Iniziai a tossire all'impazzata, ma nessuno fece caso a me.

Non avrei mai pensato di poter udire certe parole proprio dalla bocca del ragazzo che odiavo di più al mondo. Quella frase così volgare, incoerente e fuori luogo, avrebbe dovuto suscitarmi schifo e rabbia, invece provai una sensazione che ormai da anni mi era estranea.

|nalu| HurricaneWhere stories live. Discover now