Capitolo due

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Capitolo due.

Il sapore metallico del sangue mi risveglia e con fatica riapro gli occhi. Stringo le palpebre, mentre i ricordi iniziano a tornare. Mi guardo intorno per cercare di capire dove sono, ma tutto ciò che vedo sono muri verdi pieni di muffa. Tento di muovermi, ma sono completamente bloccata. Alla mia destra, Karen giace inerme, ancora svenuta. Sulla fronte, le si è formato un livido e dal taglio le sgorga del sangue. Vorrei riscuoterla, per svegliarla, ma le mie mani sono legate, come le sue. Non riesco a muovere le gambe. Sono stata messa male tutto il tempo e la circolazione si è come bloccata. Meglio che posso, le scuoto. Dopo vari tentativi riesco a prendere il controllo dei miei arti inferiori. Striscio a destra, verso Karen e con la punta della scarpa le tocco la coscia. Le do piccoli calci, tentando di svegliarla. Nel frattempo mi guardo attorno: di Neal nemmeno l'ombra.

«Karen! Ehi, svegliati!».

Lei si dimena per qualche minuto e borbotta parole incomprensibili, ma non apre gli occhi.

«Andiamo...», borbotto.

Punto la punta del piede sulle sue cose, in un ultimo disperato tentativo. Sta volta apre gli occhi e si mette a sedere, di scatto, nonostante sia legata. Deve essere molto allenta. «Dove sono?», domanda, trafelata, «chi sei tu? Che cosa ci faccio qui? Perché sono legata?».

Spalanco gli occhi. Sembra proprio che abbia perso la memoria. «Karen, non ricordi nulla?».

Lei mi guarda, con gli occhi azzurri iniettati di sangue. «Io...la mia vista è appannata. Ella, sei tu?».

Sospiro di sollievo, anche se la situazione non è delle migliori. «Non hai perso la memoria».

«No. È troppo buio. Il colpo alla testa...forse. Sono così disorientata».

«Anch'io».

Si dimena. «Sono legata!».

«Lo so», confermo, «anch'io lo sono. Dobbiamo trovare un modo per uscire di qui».

«Se solo sapessimo dov'è quel bastardo di Neal...».

Rabbrividisco. «Ha una pistola. Non potremmo fare molto contro di lui».

«Dove diavolo è?!», domanda, urlando.

Sto per rispondere che non lo so, ma una risata squallida e sguaiata mi fa accapponare la pelle. Uno scricchiolio mi fa voltare verso sinistra. C'è una vecchia scala che prima non avevo notato. Neal la sta scendendo proprio adesso. Si avvicina, con la pistola in mano, che ciondola mollemente.

«Sono qui, dottoressa», mormora Neal, avvicinandosi a Karen.

«Lasciaci andare!», esclama Karen.

Lui non si scompone. «Non così in fretta», mi indica con la pistola, «la succhia cazzi deve rispondere ad alcune delle mie domande».

Sentire quelle parole uscire dalla sua bocca è agghiacciante. Mi chiamava amore, fino a poco tempo fa. Adesso vuole uccidermi o farmi chissà che cosa. Sono terrorizzata. «Non ti dirò niente! Lasciaci andare!», urlo, in preda al panico.

Lui si avvicina a Karen Lei tenta di divincolarsi, ma Neal la prende per i capelli e la trascina qualche metro più in là. Poi si siede per terra, accanto a lei, e le punta la pistola alla testa.

«Urla un'altra volta e ti giuro che le faccio saltare il cervello», dice con calma, con troppa calma.

Karen singhiozza, con il muco che le finisce in bocca. Neal stringe la presa attorno ai suoi capelli. Alcune ciocche di capelli bruni gli rimangono in mano, così lui la afferra ancora, sta volta prende una parte più grossa di capelli. «Ella, ti prego...digli ciò che vuole sapere...», mi implora lei, gemendo.

Lui mi salveràWhere stories live. Discover now