Capitolo quindici

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Capitolo quindici.

Mi sveglio all'improvviso, mentre attorno a me è tutto buio. Sento una certa pressione alla vescica e dopo essermi rivoltata più volte tra le coperte decido di andare finalmente in bagno. È tutto normale, ma mi accorgo di qualcosa: il mio ciclo mestruale è come sparito. Okay, detto così suona parecchio strano, ma spero mi comprendiate visto che sto morendo di sonno. Magari mi sono cambiata già stanotte e adesso non lo ricordo, per questo sono ancora pulita. Il sonno fa da padrone, così decido di darmi una rinfrescata e andare a letto. Quando torno in camera da letto trovo Arran sveglio. Il suo petto nudo è ampio, e io non posso smettere di guardarlo, nonostante il sonno.

I suoi occhi luccicano nel buio, mentre mi chiede. «Ehi, riccioli d'oro».

«Dovevo andare in bagno», gli dico, infilandomi tra le coperte calde.

Arran scivola al mio fianco, ed io appoggio la testa sul suo petto, mentre inspiro il suo profumo. Dio, si sta proprio bene qui.

«Sei bellissima mentre dormi. Ti osservavo, già prima che ti svegliassi».

Mi acciglio, mentre gli accarezzo i peli del petto. «Non riuscivi a dormire? Non me ne sono accorta».

«Lo faccio spesso».

Ridacchio. «Quindi hai anche avuto l'occasione di sentirmi russare?».

«A volte».

Gli do un pugno sul petto e lui geme di dolore. «Era una domanda a trabocchetto! Io non russo!».

«Infatti», annuncia, «tu sbavi».

Mi alzo, mettendomi a cavalcioni su di lui. Il sonno completamente dimenticato. «Rimangiati quello che hai appena detto!».

Lui stringe gli occhi a fessura, poi facendo una vocina stridula da bambino, mi sfotte. «Ella Nigars sbava! Ella Nigars sbava!».

«Ah sì? Allora vuoi la guerra!», mi getto su di lui e inizio a fargli il solletico, ma mi guarda incantato, mentre io ridacchio più di lui, come se fossi io a subire la tortura, così metto il broncio, «perché non ridi?».

Lui mi guarda malizioso, poi con una mossa repentina mi capovolge, portandomi sotto di lui. «Perché sentire ridere te è di gran lunga più bello».

Gli prendo il viso tra le mani e gli bacio ogni centimetro di pelle, mentre lui mi stringe forte a sé. «Sono così felice insieme a te, doc».

«È diventato lo scopo della mia vita farti felice. Se mai ci fosse qualcosa che ti manca, io la prenderò. Se mai ti sentirai in pericolo, io ti proteggerò. Se avrai bisogno di me, io ci sarò sempre».

Quelle sue parole così dolci mi fanno stringere lo stomaco, così stacco la bocca dal suo corpo, e lo guardo dritto negli occhi. «Ho solo bisogno di te, il resto conta ben poco».

Le sue pupille si allargano, e mi sorride. «Sapevo che ne sarebbe valsa la pena. Ogni giorno passato a cercare di decifrarti, ogni volta che mi sono mostrato comprensivo mi ha portato a questo, ed io non potrei essere più felice».

Mi vengono le lacrime agli occhi, le sue parole hanno colpito dritto nel segno. Sono sempre stata una donna concreta e ho sempre preferito le azioni alle parole, ma sono così fortunata ad avere Arran, che prima mi ha dato l'una e poi l'altra. Cos'ho fatto per meritarmelo non so, ma so perfettamente che cosa vorrei adesso: lui, per sempre.

«Prendiamoci un po' di tempo per noi, doc».

«Dove vorresti andare?», mi chiede.

«Vorrei tornare alla baita. Partiamo domani mattina», lo imploro.

Lui mi salveràDove le storie prendono vita. Scoprilo ora