Capitolo 4 - Armory

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Il vero mistero del mondo è il visibile, non l'invisibile.
- Oscar Wilde

~◇~

Annabeth guardava l'omelette, che aveva nel piatto di ceramica decorata, con aria indifferente mentre sbocconcellava piccoli pezzetti di toast.

Non aveva granché fame, ma si sforzava ugualmente di mandare giù alcuni magri bocconi.
Quella mattina avrebbe volentieri evitato di fare colazione, ma la quinta - o la sesta, non aveva tenuto il conto - volta consecutiva sarebbe stato preoccupante oltre che scortese, e non le andava di contrariare la zia, ammesso che sarebbe stata quella la sua reazione.

La sera prima aveva faticato non poco ad addormentarsi, mentre quella mattina si era svegliata in preda ad un sonno piuttosto agitato. Se aveva fatto un incubo non lo sapeva con certezza e, in ogni caso, non ne ricordava un solo istante.

La porta della sala da pranzo si aprì e Trevor comparve sulla soglia. La sua figura le era molto familiare, quasi quanto la propria.
Indossava i soliti pantaloni scuri, una camicia bianca e un panciotto blu con un bottone sfibbiato. Aveva l'aria stanca di chi era stato buttato giù dal letto - i capelli più arruffati del solito non facevano che accentuarne l'impressione - e delle occhiaie grigie a testimoniare quanto tardi fosse rincasato. Il suo corpo era rigido, ancora intorpidito e indolenzito, ma il ragazzo sembrava averne la completa padronanza.
Era stata lei a dire ad Emily di andare a svegliarlo.

Il pomeriggio precedente, non si era accorta quando aveva lasciato la biblioteca, né l'aveva sentito rientrare quella sera. L'ultima volta che l'aveva visto, era stato quando il ragazzo le aveva lanciato un'occhiata di disappunto leggendo il titolo di un libro, preso dalla cima una modesta pila di volumi che gli aveva fatto raccattare tra i vari scaffali. L'aveva scorto sedersi annoiato su una sedia e da allora era rimasta assorta nel suo romanzo.

Si era accorta della sua assenza molto dopo, quando aveva staccato distrattamente gli occhi dalle pagine sentendo il rumore del campanello.

- Buongiorno signora Wilstohiel, - proruppe il nuovo arrivato, - signorina Annabeth, - fece ancora.
Concluse il saluto con un brevissimo cenno del capo, poi si sedette a tavola, di fronte ad Annabeth.
Le due ricambiarono il saluto con altrettanta cortesia, l'ospite con più giovialità di quanta non ne avesse la nipote.

Aveva appena finito di controllare la corrispondenza, rivelatasi essere una manciata di missive che aveva letto velocemente e con un apparente scarso interesse. Eppure, a tradire quella mancata attenzione, c'era stato un accenno di rigidità nella sua posizione che non era sfuggito all'occhio della nipote.

Il nuovo arrivato si ritrovò presto la cameriera servirgli un'omelette ancora fumante. Il ragazzo la guardò corrucciato per alcuni istanti, ma poi, con un'involontaria scrollata di spalle, si servì un toast da un piatto sul tavolo e iniziò a mangiare senza fiatare.

Ci pensò la padrona di casa a metter fine al silenzio, interrotto solo dal rumore delle posate d'argento, una volta sistemate accuratamente tutte le missive sul vassoio con cui Emily gliele aveva portate.

- Ditemi, vi aggrada la città di Londra? È così diversa da Boston?

- Direi di sì, - convenne Annabeth cordialmente, anche se senza troppo calore. - Ha un clima differente da quello di Boston, ma potrei azzardare che non è eccessivamente un male... credo ci abitueremo presto.

Trevor non era esattamente della medesima opinione, ma non dissentì.

- Come ogni città è piuttosto rumorosa e caotica, ma personalmente non posso dire che mi dispiaccia. Ad esser sinceri, alla lunga sono altresì piuttosto insofferente alla tranquillità... preferisco il movimento, - rispose anch'egli con l'accenno di un sorriso e in un tono tranquillo.
- Avete già fatto un giro turistico della città? Londra è davvero meravigliosa, credo la apprezzereste al meglio. Che sciocca sono stata a non pensarci prima... - fece la padrona di casa portandosi una mano alla guancia, accennando un lieve disappunto.
- Non ce n'è stato il tempo... - iniziò a dire Annabeth, quasi sorpresa da una tale attenzione.
- Conosco un gentiluomo che sarebbe senz'altro bendisposto a farvi da guida in un giro in carrozza della città. Gli manderò una lettera questa mattina stessa per chiedergli tale cortesia, - continuò la signora Wilstohiel come se la nipote non avesse aperto bocca.
- Grazie mille per l'interessamento ma non vorremmo mai scom... - iniziò Trevor, prima di essere anch'egli interrotto.
- Oh, non ci sarà alcun problema, lo farà con grande piacere, - convenne la donna, bonaria.

L'orologio dei ricordiWhere stories live. Discover now