Capitolo 14 - Her last words

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Che altro vedi negli oscuri abissi del tempo?

- William Shakespeare

~◇~

La piccola stanza era appena illuminata dagli ultimi raggi del sole del tardo pomeriggio. Le tende si muovevano appena, sospinte dalla brezza leggera che areava il locale. L'aria era fresca, ma non troppo da far preoccupare Annabeth.

Una gracile donna stava sdraiata nel letto al centro della stanzetta. Aveva gli occhi chiusi, il suo respiro pareva farsi sempre più debole. Era sua madre, Margaret Wilstohiel. Anche mentre dormiva, aveva un'aria a metà tra lo stanco e la più completa serenità, come fosse lieta della vita che aveva vissuto. Appariva consapevole, quasi rassegnata, del fatto che fosse giunta a termine. Eppure, era piuttosto giovane per avere simili pensieri.

Annabeth le stava accomodata a fianco, sulla vecchia sedia di legno che usava per cucire, quando l'aiutava a confezionare i sontuosi abiti che le venivano commissionati. Teneva una mano della debole donna tra le sue, accarezzandola con affetto e con la speranza che il dottore si fosse sbagliato, che avrebbe superato anche quel peggioramento.

Cercava di fare del suo meglio per sorriderle sempre, per rimanere sveglia durante le ripetute veglie e per non rattristarla in alcun modo. Si era ripromessa di non piangere, non di fronte a lei.

La porta si aprì ed entrò Trevor, ansimante come avesse appena corso.

- Buonasera Annabeth, - esordì a bassa voce e con un sorriso, appena notò che la signora stava riposando.

La ragazza rispose con un guizzo stanco della bocca, poi diede un bacio alla mano pallida della madre, sussurrandole che sarebbe tornata presto, e si alzò per raggiungere l'amico.

Restarono fuori la stanza, socchiudendo la porta. In questo modo, sarebbero stati pronti per qualunque evenienza, ma senza rovinare il fragile sonno dell'ammalata.

- Cosa ha detto il dottore? Come sta? - le chiese Trevor, cercando di non alzare troppo la voce. Il suo tono voleva essere delicato, ma suonò semplicemente speranzoso.

- Il signor Howard ha detto che potrebbe non superare la notte. Questo peggioramento le dovrebbe essere fatale. Non può fare nulla, i medicinali non servono più a niente. - La ragazza aveva gli occhi lucidi, eppure manteneva la voce salda.

Il ragazzo la osservò in viso, senza sapere che dire. Vedeva che anche lei iniziava a non stare troppo bene. Non mangiava quasi più, non riposava, cercava di dedicare tutte le sue ultime energie alla madre. La capiva, ma era preoccupato che così potesse indebolirsi anche lei.

Negli ultimi mesi confezionava da sola tutti i vestiti che venivano commissionati a Margaret, cercando di racimolare più soldi possibili per i medicinali e le cure. Lui e Cordelia cercavano di aiutarla a sostenere le spese, ma la ragazza restituiva loro quasi tutti i soldi che le davano. Inutile insistere.

- Non affaticarti anche tu, riposati almeno un po', - fece il ragazzo dopo aver notato, per l'ennesima volta, quanto si fossero fatte più profonde le sue occhiaie. - Ti ho portato delle focacce e del brodo caldo, appena fatto da Cordelia. Sta arrivando, l'ho preceduta, - continuò, porgendole il cartoccio che aveva sottobraccio.

Annabeth sorrise, tuttavia senza toccare il sacchetto né accennare a farlo.

- Devo stare con lei, potrebbe svegliarsi, avere sete, fame o semplicemente bisogno di me, - disse, facendo per tornare nella stanza, ma Trevor la frenò.

L'orologio dei ricordiWhere stories live. Discover now