54.

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Il primo rumore che sento è quello della macchina che segna la frequenza del mio battito cardiaco. So che mi sono svegliato, ma non voglio ancora aprire gli occhi e realizzare di essere ancora qui. Forse avrei fatto meglio a non avvisare nessuno, e buttarmi dalla terrazza.
Quando mi decido ad aprire gli occhi, Shane è la prima cosa che vedo: è seduto ai piedi del mio letto con la testa appoggiata sul materasso; sta dormendo.
Non sono nella solita stanza, e i letti alla mia destra sono vuoti.
Mi muovo appena per stiracchiarmi, e prendere coscienza del mio corpo, ma lui si sveglia di colpo.
Mi fissa incredulo qualche secondo per poi stringermi tra le sue braccia in lacrime.
Mi afferra il volto tra le mani. «..ho avuto paura. Molta paura» confessa accarezzandomi una guancia.
Anch'io. Ma di svegliarmi. E si è appena avverata.
«Q-quanto tempo è passato?» domando sbattendo le palpebre.
«10 giorni, 14 ore e 34 minuti»
Rimango stupito dal fatto che abbia tenuto il conto, e dal fatto che sia passato così tanto.
Sorride. «Vado a chiamare il dottor Parker» si allontana, lasciandomi in questo stato di mezza incoscienza.
In più sono spaventato a morte da lui, in questo momento.
Tornano entrambi in poco tempo, ma ci vuole un po' prima che riescano a disincantarmi, dal momento che mi perdo per l'ennesima volta nei miei pensieri.
«Come stai?» chiede il medico accostandosi al letto.
«Quando la smetterà di pormi questa domanda?» dico freddo, guardando in un'altra direzione.
«Quando sarò sicuro di non dovermi più preoccupare che tu ti voglia togliere la vita» ribatte sicuro.
Stringo i denti.
Lui mi fa un breve controllo delle funzioni principali (vista, udito ecc), ma per il resto lo ignoro completamente.
Shane resta a fissarci impaziente, fino a poco prima che Parker lasci la stanza, poi si siede ai piedi del letto.
«Perché?» chiedo fissandolo.
Lui mi guarda confuso.
«Perché mi hai salvato?»
«Io credevo..volevo sol-»
Lo interrompo. «Non era questo che volevo» dico freddo, e serio. «Non dire che l'hai fatto per me perché non ti credo»
«D'accordo. Hai ragione. Non l'ho fatto per te. L'ho fatto per me. Perché senza te non ci so stare.» si avvicina a pochi centimetri dal mio viso, ma è serio e i suoi occhi sono ancora lucidi.
Sospiro e abbasso il volto, evitando il suo sguardo. «Perché sei qui?»
Mi alza il mento, facendo incontrare i nostri occhi «Perché ti amo»
La ragione e l'emozione lottano di continuo dentro di me. Vorrei dirgli che lo amo anch'io, che mi manca e che lo perdono, ma non ci riesco, non riesco a credergli.
Scuoto la testa.
E prima che possa aprire bocca, la ragazza dai capelli viola entra nella stanza correndo.
«Ethan!» mi abbraccia. «Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Avrei dovuto starti accanto. Mi dispiace» piange e mi accarezza i capelli.
«Non importa. Eri con Danny. È giusto così» sposto lo sguardo al muro. Per non incrociare lo sguardo ne di uno ne dell'altro.
Che cosa assurda. Entrambe le persone a cui ho confessato i miei sentimenti, accanto a me dopo che ho tentato di andarmene.
Loro si fissano per un po' con una punta di disprezzo, ma allo stesso tempo complicità.
Il biondo mi afferra la mano, e io - in preda all'apatia - non mi muovo di un millimetro.
«Posso stare un po' da solo?» domando ad entrambi. Non reggo questa situazione.
Loro annuiscono ed escono dalla stanza in silenzio.
Mi sporgo per vederli al di fuori della stanza e riesco a sentirli parlare.
«Che stupida. Come ho potuto non accorgermi prima che stava così male. Quella mattina si era svegliato malissimo e aveva incontrato suo padre dopo anni, ed era fuori di se, e voleva stare da solo.. Come..come ho fatto a non capirlo?!» lei piange.
«Non è colpa tua. Tu gli sei stata vicina, e l'hai aiutato molto» la rassicura Shane.
«Si ma..non ci sono stata quando ne aveva più bisogno..Tu invece, tu ci sei sempre stato, anche quando lui ti ha chiesto il contrario»
«Ma io sono un male per lui. È a causa mia che sta così» si rattrista.
«Sta così perché non ti può più avere, e perché gli manchi. Lui ha bisogno di te» sorride.
«Ma tu..insomma, voi..»
«Non preoccuparti per me. Tu sei la persona giusta per lui, e lui ti ama ancora da morire, letteralmente. Non potrei mai mettermi tra di voi. Quindi, per favore, va da lui e digli che anche tu lo ami»
Resto spiazzato da questa affermazione, che mi fa riflettere. Io credo davvero di avere bisogno di lui.
Mi alzo nella stanza, con l'intenzione di scappare: ho bisogno di tempo, ma Shane mi anticipa piombando nella stanza.
«Non posso» sputo piangendo, ancor prima che lui possa aprire bocca.
«Non ci riesco. Non ce la faccio a perdonarti» le lacrime mi rigano il viso, posandosi sulle mie labbra.
«Credimi, vorrei farlo. Ma sono stato ferito troppe volte. E tu sei stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e ora non riesco a dimenticare come mi hai fatto sentire» piango disperato, e lui sembra altrettanto rattristato.
Annuisce mentre le lacrime gli bagnano le guance. «Ti prego, basta piangere» sussurra stringendomi in un abbraccio che, dopo tanti che gli ho negato, ricambio.
«Quindi è la fine?» domanda posando le labbra tra i miei capelli.
Singhiozzo annuendo, e lo stringo con tutta la forza che mi è rimasta in corpo.
Mi afferra il volto tra le mani facendomi incontrare i suoi occhi ghiacciati, e umidi.
«Se dev'essere un addio, voglio che sia un addio coi fiocchi» dice prima di far scontrare le nostre labbra, dopo troppo tempo per entrambi.

If They Knew The Pain  [#wattys 2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora