Capitolo 33: Angel

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Capitolo 33

Aiden

Era pomeriggio, il cielo era terso e il sole caldo di maggio brillava alto nel cielo scaldando le mie braccia e illuminando l'erba accuratamente tagliata del cimitero di Greenwood. Era trascorso diverso tempo dall'ultima volta che avevo messo piede in quel luogo di morte e nonostante persistessi a sentire un'irrefrenabile voglia di ritornare sui miei passi e recarmi altrove, mi sforzai di reprimere quell'impulso. Congiunsi la mia mano con quella di Hayley, sperando che quel gesto avrebbe aiutato entrambi a trovare la forza di proseguire.
Alle mie orecchie giungeva il cinguettio degli uccellini, ma il suono mi pareva provenire da un luogo molto lontano, quasi fosse attutito dal silenzio che sopraffaceva le lapidi che mi circondavano.
La lettera scritta da Bella per suo padre era riposta nella tasca posteriore dei miei jeans e per qualche strana ragione ebbi l'impressione che quel foglio di carta bianca fosse rovente tanto quanto un tizzone lasciato ad ardere tra le fiamme di un fuoco.
Il cuore batteva in modo incontrollabile nel mio petto, tanto da darmi l'idea che fosse sul punto di esplodere da un momento all'altro e le acque che imperversavano nel mio animo, in quella circostanza, erano tutto fuorché tranquille.

" Aiden, ho paura " disse Hayley, spezzando il silenzio creatosi fra di noi e lasciando spazio ad un pensiero che pareva riflettere il mio.

Distolsi lo sguardo dal mare di lapidi che ci circondava e dal prato costellato di margherite e violette, rendendo paradossalmente allegro quel luogo disseminato di morte e tristezza.
I miei occhi si fissarono sul viso di Hayley illuminato dai raggi del sole che ne accarezzavano i lineamenti e ne accentuavano la bellezza. Aveva i capelli raccolti in una crocchia scomposta e non faceva altro che mordicchiarsi insistentemente il labbro con fare nervoso, dandomi prova dei suoi timori.

" E se una volta davanti alle loro tombe non fossi in grado di sentirmi in colpa? Se mi sentissi così spaventata da correre via per non tornare mai più? Insomma, mi merito davvero di essere qui? " continuò, interrompendosi sui suoi passi e voltandosi a guardarmi con gli occhi ambrati colmi di paura.

Sapevo come si sentisse, perché io provavo le sue stesse emozioni. Non ero mai andato a fare visita a Bella, convinto che fosse paradossale recarmi sulla tomba della ragazza che, seppur inconsapevolmente, avevo aiutato ad uccidersi. Avevo persino ignorato la sua richiesta ed avevo lasciato che la lettera che lei aveva appositamente scritto per suo padre giacesse in un angolo del cassetto del mio comodino a prendere polvere. Non avevo mai nemmeno trovato la forza e il coraggio necessari per leggerla.
Anche io temevo i sentimenti che mi avrebbero inondato il cuore nel momento in cui mi sarei trovato faccia a faccia con la lapide di Bella e quella di suo padre. Ero spaventato al pensiero dei sensi di colpa che mi sarebbero di certo strisciati sulla pelle come dei serpenti velenosi, pronti a mordermi e ad uccidermi lentamente.

" Angelo, anche io ho paura. Però entrambi dobbiamo fare questa cosa, siamo in debito con loro. Tu non sei responsabile della loro morte, non più di quanto io lo sia di quella di Bella. Siamo due catastrofi naturali, distruggiamo sempre tutto, però troviamo forza l'uno nell'altra e io ti resterò accanto tutto il tempo, te lo prometto.
Io sono combattuto perché continuo a pensare che non riesco ancora a perdonare Bella per quello che mi ha fatto e probabilmente non lo farò mai. Parte di me la odia, ma l'altra vuole ancora bene alla migliore amica che mi preparava le uova strapazzate ogni mattina e mi rompeva sempre le palle perché mi dimenticavo di abbassare la tavoletta del water. Inoltre, dato che non ho mantenuto fede all'ultima promessa che le ho fatto, mi sembra giusto esaudire la sua ultima richiesta e portare a suo padre questa maledetta lettera" replicai, avvicinando una mano al viso di Hayley e prendo ad accarezzarle la guancia.

Lei fissò i suoi occhi ambrati nei miei e mi sorrise lievemente, quasi non possedesse l'ammontare di energie necessarie per sfoggiare un giorno di sorriso che fosse più allegro di quello. Entrambi eravamo in balia di una serie di emozioni sulle quali non avevamo alcun controllo, vittime di un tipo di paura che non avrebbe trovato pace fino a quando non saremmo giunti alla nostra destinazione.
Riprendemmo a camminare in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri fino all'orlo, con l'acqua alla gola e soffocati dal timore e il senso di colpa.
Quando ci trovammo dinanzi all'angelo che mi aveva ricordato Hayley nel momento in cui il mio sguardo si era posato su di lei, interrompemmo il nostro cammino per un istante.
La statua era esattamente come la ricordavo: un angelo di marmo chino su una tomba, intento a piangere per sempre. Le sue ali gli sormontavano la schiena, sfiorando il suolo e vi era qualcosa di incredibilmente umano in quella rappresentazione, quasi fosse una testimonianza del fatto che il dolore fosse in grado di piegare al suo volere chiunque, persino gli angeli.
Una delle braccia della statua era mozzata e mi domandai se nella mano che era andata perduta vi fosse qualcosa o se, semplicemente, ciondolasse nel vuoto. L'angelo era inginocchiato dinanzi al piedistallo di marmo alla base del quale si trovava del muschio e svariati ciuffi d'erba ornati dalle violette, il capo poggiava sul suo braccio, nascondendo il volto che ero certo fosse straziato dal dolore. Si trovava in ginocchio, vittima di una sofferenza che non gli avrebbe mai lasciato pace.
A qualche metro di distanza dalla statua dell'angelo, io e Hayley interrompemmo nuovamente il nostro cammino, esattamente dinanzi alla lapide del padre di Bella e di quest'ultima.
Osservai la data di nascita e quella di morte di colei che, un tempo, era stata la mia migliore amica e mi domandai come fosse possibile che quella serie di numeri fosse separata da un solo trattino e che, in quell'incisione, fosse racchiusa un'intera vita.
Ebbi come l'impressione che, per chiunque, la vita di tutti fosse tanto fugace da non poter nemmeno esser percepita, così effimera da poter essere paragonata alla fiamma di una candela che, prima o poi, inevitabilmente, si sarebbe estinta.
Mi chiesi quante vite fossero state interrotte, mentre gli alberi che costellavano il cimitero avevano continuato a vivere indisturbati e quanto brevi dovessero essere le vite degli umani se paragonate alle loro che potevano durare interi secoli.
Estrassi la lettera dalla tasca e mi concessi qualche secondo per osservare la carta bianca e sgualcita in più punti, prima di trovare il coraggio di aprirla e leggerla per la prima volta da quando l'avevo trovata. Bella l'aveva nascosta all'interno del suo libro preferito e a causa della rabbia, l'odio e il senso di colpa che provavo, mi ero sempre rifiutato di leggere le parole che la ragazza aveva scritto per suo padre.
Forse avrei dovuto lasciare la lettera sulla tomba del suo destinatario senza fare altro, ma per qualche strana ragione, mi sentivo in dovere di aprirla e così feci.
Sentii lo sguardo di Hayley fisso su di me, ma lei non disse nulla, quasi pensasse che dovessi prendermi qualche minuto da solo, fingendo che lei non si trovasse al mio fianco.

Storm #Wattys2017Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ