14. VELENO

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Avevo completato tutte le mie missioni in meno di novantasei ore. Lavoravo come una macchina. Avevo finito e non avevo lasciato nessuna traccia. Non provavo rimorso.

Ero tornata alla base e sedevo alla sedia di metallo in attesa della tortura che avevo sopportato così tante volte prima.

Ignorai gli scienziati che lavoravano attorno a me preparandomi alla procedure che era diventata parte della routine per loro. Mi appoggiai allo schienale mentre uno scienziato mi posava la corona di metallo sul viso; chiusi gli occhi preparandomi mentalmente per il dolore che stava per arrivare.

Un nuovo suono di passi entrò nella stanza. Aprii gli occhi e vidi Karpov in piedi di fronte a me. Il mio sguardo vacuo si spostò dal quaderno rosso che aveva in mano ai suoi occhi mentre attesi che parlasse.

"Hai fatto un buon lavoro, Soldat. Ma queste missioni ti hanno esposta a così tanto in un breve periodo di tempo. Lo stiamo facendo come precauzione, per proteggerti. Capisci?"

Il suo tono era stranamente gentile ma i suoi occhi era fermi nei miei con un'espressione minacciosa. Distolsi lo sguardo, il mio silenzio diede loro la risposta. Karpov annuì agli scienziati e si girò allontanandosi. La scarica improvvisa di elettricità mi percorse facendo scattare le urla di agonia.

Stavo abbandonando anche l'ultimo appiglio alla realtà che avevo, l'immagine di Karpov che esce dalla porta si fece sfocata e scomparve fino a che fu tutto buio.

­­­mmagine di Karpov che esce dalla porta si fece sfocata e scomparve fino a che fu tutto buio. gli occhi prepaer loro. -----------------------------------------------

Venivo trascinata a peso morto da due guardie lungo l'angusto corridoio della base. Tirai indietro la testa e aprii gli occhi. Seguii le luci sul soffitto che creavano una galassia di luminescenze nei miei occhi.

Le guardie si fermarono ad una porta di metallo e bussarono due volte, il suono delle loro nocche sul metallo rimbombò con forza nelle miei orecchi. Il serramento venne aperto leggermente rivelando un paio di occhi marroni che ci esaminarono, poi la porta venne aperta. Gli uomini mi forzarono all'interno della stanza e mi spinsero in avanti. Non fui in grado di reggermi in piedi e collassai a terra; la mia mente era distrutta come il mio corpo. Mi misi rannicchiai lentamente ed attesi di prendere coscienza di ciò che mi circondava.

Esaminai la stanza in cerca di qualche minaccia immediata. La stanza era grande e le pareti erano di cemento grigio con accenni di un verde ammuffito, sul soffitto erano disposte ad intervalli regolari luci al neon rettangolari ed un neon sfarfallava costantemente. Faceva più freddo qui che in ogni altra stanza della struttura.

Mi alzai in modo da arrivare alla stessa altezza di Zemo e Krapov, i quali erano in piedi sulla sinistra della stanza mentre controllavano quattro persone legate ai letti.

Gli uomini e le donne che avevo rapito erano quasi irriconoscibili. Si agitavano costantemente e gemevano di dolore, il suono dei loro lamenti riempiva la stanza. La loro pelle era pallida e sembravano malati, privati del colore che rappresentava un essere umano in salute. I loro occhi erano vuoti e senza colore e sulla loro pelle comparirono gocce di sudore. Sembravano come se stessero per morire e forse era così.

Camminai cautamente verso Zemo e Karpov e loro spostarono l'attenzione dai soggetti a me.

"Ben tornata, soldato. Sono contento di vederti – giusto in tempo"

Restai in silenzio come sempre, sapevo che era meglio non parlare. Non parlavo mai al di fuori delle missione, principalmente perché temevo ripercussioni. I miei occhi giocavano un ruolo più importante della mia voce quando si trattava di comunicare.

Lui si diresse verso gli scienziati che si stavano spostando tra i soggetti somministrando iniezioni e lavorando su computer per registrare dati. Era strano trovarsi non al posto dei soggetti sui quali veniva effettuato l'esperimento, ma forse avevo sofferto a sufficienza ed ora toccava a loro.

"Il grande potere ha sempre confuso l'uomo primitivo" iniziò Zemo. "Tu sei qui perché stiamo mettendo insieme un team di individui potenziati per distruggere il nostro nemico in un colpo solo, ovunque si trovi ed indipendentemente da quante forze posseggano"

Rimasi immobile e spostai solamente lo sguardo tra gli essere umani e Zemo.

"L'universo continua a sfornare minacce per l'umanità e certi gruppi sostengono di essere i protettori della Terra. Ma con i loro tentativi di salvare il mondo stanno solamente infierendo nella sua distruzione. È per questo che ho bisogno di voi"

Seguii i movimenti di Zemo mentre si dirigeva verso una della quattro macchine. Tolse una delle sacche di plastica dal gancio e la sollevò facendola oscillare da un lato all'altro guardandomi. Il contenuto della borsa mi fece venire i brividi e divenni insensibile quando i miei occhi si posarono sul liquido argenteo che riempiva una delle quattro sacche.

Era veleno. Il mio veleno.

Le labbra di Zemo si incurvarono in un ghigno quando ripose la sacca. Ora era tutto chiaro.

Stavano creando un esercito di vampiri.

La mia mente era affollata da pensieri che volevo allontanare ma che non potevo. Nel giro di qualche giorno avrei assistito alla nascita di quattro vampiri i quali sarebbero stati più forti, più veloci e più folli di quando lo fossi io. Come si aspettavano di controllarli? Come potevo farlo io?

Tenni la bocca chiusa e misi da parte le mie emozioni. Zemo si avvicinò ad uno degli scienziati e sussurrò al suo orecchio.

"Quando è pronto, Dottore"

Zemo ritornò da Karpov e con lui assistette alla procedura. Le macchina si attivarono ed io osservai con attenzione come il veleno avanzava lentamente nel tubo fino a raggiungere la cannula infilzata nella loro pelle. Il primo urlo squarciò l'aria ed improvvisamente stavano tutti ruggendo in agonia. Rimasi immobile ma sgranai gli occhi mentre li guardavo soffrire atrocemente nei loro letti.

Karpov si diresse frettolosamente verso di me e mi portò con forza verso la porta. Io non mi voltai mai a guardarli.

Teneva la mano sulla mia nuca e mi guidava nei corridoi verso la mia cella. Una volta raggiunta mi spinse all'interno e bloccò le sbarre dietro di me.

"Kodga protsess zavershen, vy budete obuchat' ikh byt' pokhoshimi na vas, soldat" [quando la procedura sarà completata li allenerai per essere come te, soldato]

Poi sparì girando l'angolo velocemente e fui lasciata da sola con nulla se non in suono delle urla che mi circondavano ricordandomi cosa sarebbe successo da qui in poi.

Eyes on Fire ★ |ITA|Where stories live. Discover now