Capitolo X

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Carly's pov

A passi lenti vedevamo arrivare Trevor Butler. Il suo volto era impassibile, era come se nessuna emozione lo coinvolgesse. Io ero ferma, con le gambe strette, seduta accanto a Seth. Sam si avvicinò, sapeva che avevo bisogno di lei. Ogni singolo passo era una fitta dolorosa al cuore, stava veramente venendo da noi? Cosa gli passava per la mente? Dopo tutto quello che mi aveva fatto.

Chiusi gli occhi e pensai a mia madre, lei era l'unica che, per quattordici anni, mi aveva sempre sostenuto, l'immagine sbiadita del suo volto nella memoria scomparve nell'istituto stesso in cui Trevor fece un passo avanti a noi.

Non avevo voglia di parlargli, non ne avevo il coraggio, era già troppo tollerare la sua presenza a quella festa. Ashley fu la prima a prendere la parola.

"Questo posto è riservato" disse "Quindi dimmi subito cosa vuoi"

"Devo parlare con Carly" la sua voce era diversa, era come se gli fosse venuto un groppo in gola nel pronunciare il mio nome. Feci finta di niente, come sempre d'altronde, lui era diventato niente, era un piccolo pezzo della mia miserabile esistenza. Ciò che pensavo non era verità è, dentro di me, lo sapevo bene. Non riuscivo a spiegarmi, però, il perché dell'ansia che incobeva su di me ogni volta che lui era nelle vicinanze. Era ancora il magnete che mi teneva viva. Sì, perché dentro, ero già morta.

"Carly non ha voglia di parlare" schernì Sam intrufolandosi nel discorso iniziato da Ashley "Tantomeno con uno come te"

Dentro me scattò qualcosa, sentii premere un peso sul mio cuore, capii che era arrivato il momento di intervenire, ero stata in disparte per troppo tempo. Mi alzai di scatto lasciando un punto interrogativo nello sguardo degli altri. Lo presi per mano e mi allontanai dal gruppo, feci cenno a Sam di aspettare, lei mi avrebbe capito. Forse quella era la mia occasione, capire il perché degli ultimi avvenimenti, ogni risposta avrebbe colmato ogni vuoto, era così che la pensavo.

Ci sedemmo in un posto lontano da tutto e tutti, un angolo buio del retro della grande villa dei Robinson. Era sera, le stelle brillavano in cielo, eravamo solo io e lui, tutto portava a quella stupida notte che avrei tanto voluto dimenticare. I suoi occhi, al buio, emanavano un luccichio quasi abbindolante, ero schiava dei suoi occhi. Il volto, per me metà illuminato dal riflesso lunare appariva serio. Una cosa era certa, ciò che Trevor aveva da dire non era una misera sciocchezza. Presi la parola.

"Qui va bene" dissi nascondendo tutta la paura che tenevo dentro, mi mostravo forte, quando in realtà non avevo nemmeno il coraggio di spiccicare una parola "Dimmi tutto"

"Carly..." prese fiato "È da ieri che cerco di parlarti, ma tu non hai fatto altro che evitarmi, non hai risposto alle chiamate e nemmeno ai messaggi, non mi hai dato modo di rispondere a tutti i tuoi perché"

Non avevo per niente voglia di avere a che fare con Trevor, era come se tutto fosse sparito, il sentimento che per anni avevo coltivato dentro me non aveva avuto nessun risultato, Trevor non era il fiore sbocciato dalla mia pianta, ma soltanto il seme che l'aveva resa cattiva, diversa, acida. Ogni sua parola, ogni suo sguardo, mi facevano stare meglio. Come potevo avercela con lui? Mi aveva spezzato il cuore, ne aveva fatto poltiglia, aveva giocato col fuoco che bruciava dentro di me. Mi guardai attorno, come per vedere se qualcuno fosse nei paraggi, diedi un'altra occhiata veloce e poi ritornai a fissarlo, eravamo ancora io e lui. Solo io e lui. Io e lui contro il mondo.

Mi avvicinai, sentii il suo cuore battere forte, era come se una scossa violenta mi stesse ricaricando, e poi c'era lui, che fissava silente ogni mia mossa.

"Perché?" dissi "Perché non posso amarti, Trevor?"

Rimuginò soltanto qualche squarcio di frase, niente più, eravamo entrambi paralizzati, non sapevo che fare, no, non avrà voglia di andare via, di prenderlo a parole, di fare di lui soltanto un lontano ricordo. Trevor era tutto ciò per cui avevo combattuto, era la mia luce di speranza nel buio che oscurava la mia vita. Trevor era la mia ancora, e io sarei scappata insieme a lui, in un modo o nell'altro.

Gli diedi un bacio, poi lui continuò, mise la lingua in mezzo e io mi persi dentro di lui. In quel momento ogni preoccupazione era sparita, non mi fregava niente di Haley, di cosa pensassero Sam, Seth e Ashley. Per un'altra notte, io ero sua.

"Non voglio che tu..." lo guardai profondamente negli occhi "...vada via, ecco"

Non ero stata mai felice, almeno dopo la morte di mia madre, ma una cosa era assolutamente certa, la sensazione che provavo nello state vicino a Seth era indescrivibile, essa mi faceva sentire meglie, era come se le mie "farfalle nello stomaco" cominciassero a svolazzare da una parte all'altra del mio stomaco senza che io me ne accorgessi.

"Nemmeno io" bofonchiò accarezzandomi i capelli, e inalando il mio profumo continuò "Sono tornato per te"

Scacciai la sua mano sulla mia guancia e tornai subito seria.

"Allora perché? Perché Haley?"

"È una lunga storia, non capiresti"

"Come faccio a capire se non vuoi dirmi la verità!" esclamai

"Tempo a tempo, Carly"

La sua tranquillità continuava a darmi sui nervi, non sapevo quanto avrei resistito. Lo odiavo si, lo odiavo o lo amavo? Era un dilemma da cui non ne sarei più uscita. Presi la borsa, lo guardai me gli occhi e scappai via in lacrime.

Non ci sarebbe mai stato nulla tra me, Carly Jensen e lui, Trevor Butler. Haley era la ragazza che lo amava, io ero soltanto la ruota di scorta, la ragazza che mai nessuno avrebbe scelto. Uscii dal cancello della grande villa e promisi in lacrime a me stessa che non avrei mai più rivisto Trevor.

"Lui è soltanto di intralcio" pensai "posso essere felice da sola".

Ogni singolo passo in avanti era un nuovo senso di colpa da aggiungere alla lista. Si può ritornare a terra dopo aver passato la vita a stare sospesi in aria?

Era quello il dilemma che mi affliggeva, perché? Con le lacrime agli occhi, e le occhiaie che ormai erano diventate un tutt'uno con il mascara, fuggii. Non sapevo né dove né perché. Sapevo soltanto che Trevor nascondeva qualcosa e io avrei dovuto scoprirlo.

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