Capitolo XV

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Carly's pov

La porta d'ingresso si chiuse di colpo.
Pensai subito ad Haley ma poi mi resi subito conto che ad aver lasciato la casa non era stata lei, ma lui.
Non riuscivo a capire fino a dove volesse arrivare ma sopratutto a cosa volesse mirare. Non doveva entrare nella mia stanza in un momento come quello, non dopo tutto quello che mi stava succedendo, il suo ritorno e la perdita di Sam non facevano altro che innervorsirmi, dovevo prendere una pausa, staccarmi dalla vita di tutti i giorni e ricominciare da capo. Ero una sedicenne come tutte le altre, perchè dovevo avere la mente incasinata? Avevo bisogno di un po' di libertà, quella situazione mi stava distruggendo, continuavo a perdere pezzi, pezzi che nessuno avrebbe mai potuto ridarmi.

Mi voltai dall'altra parte del letto, era passato un po' di tempo da quando Trevor aveva lasciato la stanza, era ormai notte fonda e la mia sveglia digitale segnava le tre in punto del mattino. Mancava soltanto qualche ora e poi sarei tornata in quella stupida scuola e la cosa peggiore era che avrei rivisto Sam, Trevor, Haley e quella scansafatiche e so-tutto-io di Molly Denver. La mia vita era un crescendo di delusioni e amarezze, più sarei stata a contatto con quelle persone e più mi sarei fatta male, loro erano il fuoco, e dal fuoco si sta lontano, ma io ero una masochista e, a farmi male, ci tenevo troppo.

***

Non sentii la sveglia suonare la mattina dopo. Nemmeno Papà era venuto a svegliarmi, in casa regnavano pace e tranquillità. Quanto avrei voluto che quel silenzio divino fosse rimasto per sempre. I miei occhi si spalancarono, mi alzai e corsi a farmi una doccia veloce. L'acqua era fredda, le gocce gelate mi facevano rabbrividire, ma era impossibile raffreddarmi.

Sentii la voce di Papà chiamarmi dal corridoio. Uscii dal bagno e mi misi un asciugamano, coprii le intimità e corsi a vedere il motivo di tutto quel trambusto. Fuori la porta del bagno c'era Papà che provava a indossare in fretta e furia un paio di pantaloni stropicciati e una camicia alla vecchia moda.

"Guarda che sono al contrario" mugugnai "E la prossima volta cerca di sentire la sveglia"

Mi mandò un occhiataccia e rimise i pantaloni nel giusto modo.

"Adesso va bene?"

"Non lo vedi?"

Ridemmo entrambi, anche se, presi dal momento d'imbarazzo, cambiammo subito discorso.

"Vado a svegliare Haley" disse "Tu cerca di non fare tardi per la scuola"

Annuii e andai a cambiarmi. Era strano scambiare qualche parola con Papà, noi due non parlavamo mai, la maggior parte delle volte litigavamo, e anche pesantemente, la nostra relazione padre-figlia era fatta di molti alti e bassi, più bassi che alti. Ma comunque gli volevo pur sempre bene e nonostante la mamma non ci fosse più era come se lei vivesse dentro di lei e vegliasse su di me, o perlomeno, mi convincevo che fosse vero. L'unica pecca nella mia vita era Haley, e l'unione di una volta andava sempre scomparendo, lei c'era sempre stata per me, io mai per lei.

La vidi di striscio e per sbaglio incrociai il suo sguardo, ma ad accompagnarla fu soltanto un freddo buon giorno. Come ogni mattina misi lo zaino sulle spalle e andai alla fermata. Era sempre la solita routine, con qualche persona in meno, ma sempre la solita. Seth fu il primo che vidi, tese il braccio scodinsolando con la mano. Ricambiai il gesto. Vidi Sam da lontano, accanto a lei c'era Ashley.

"Come mai Ashley è con Sam?"

"Sono amiche Carly, Sam non parla più con te, mica con lei"

Ma che risposta era? Loro dovevano stare dalla mia parte, dovevano appoggiarmi, erano il mio unico punto di forza. Sam sembrava stare bene, apparte le due stampelle e le fasciature alle gambe, i lividi e gli ematomi erano quasi scomparsi, sembrava quasi normale, solo che, con me, non ci parlava lo stesso. In quel momento odiai me stessa con tutto il cuore, mi sentivo la cattiva della situazione, quella che voleva tutti dalla sua parte e nessuno dalla parte di Sam. Ma che strane idee mi balenavano per la testa? Avevo ragione, la cattiva ero io.

"Su" disse Seth abbracciandomi "Passerà prima o poi, vedrai che la convinceremo"

Avrei voluto registrare quelle parole, perchè ero cosciente del fatto che fossero tutte menzogne, che nemmeno lui teneva a me. Non ebbi nemmeno il tempo di immaginare come sarebbero andate le cose che Seth andò da loro, lasciandomi sola, vicino al mio albero, con tutti i gruppi di amici accanto. Trevor aveva portato dalla sua parte Haley e Sam aveva portato dalla sua parte Ashley e Seth. E io? Io ero rimasta sola. Le uniche persone di cui mi fidavo cominciavano a dare i primi segno di abbandono, quando non me lo sarei mai aspettata.

Nulla mi portava ad immaginare che quello era soltanto l'inizio di un grande incubo, un incubo e avrebbe scavato a fondo ogni singolo perchè, alla ricerca di una risposta valida e sensata. Quello fu l'inizio della mia vera vita, l'incipit di un'esistenza sperduta e senza identità. L'uragano Trevor Butler continuava a spazzarmi via tutto e tutti, mancavo solo io.

Sentii uno zigomo bagnato, una goccia di acqua piovana mi aveva preso in pieno e con cautela scendeva lentamente verso il mento per poi cadere a terra.

La pioggia sembrò piombare a dirotto solo su di me, gli altri avevano gli ombrelli. Continuai a guardare con disprezzo il trio della menzogna anche se a bagnare le mie guance non era più l'acqua piovana, bensì le mie lacrime. Quanto avrei voluto che mi avessero chiesto di ripararmi sotto il loro ombrello ma nessuno di loro lo fece. Per concludere l'autobus arrivò in ritardo facendomi sentire ancora più spugna, anche se non stavo assorbendo acqua ma rancore, rancore che poi avrei usato per mettere fine a tutto il male che Trevor mi aveva e mi stava causando.

Fu la mattina più brutta di tutta la mia vita.

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