Capitolo XI

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Carly's pov

Il segreto di Trevor Butler mi tenne incollata al cuscino per tutta la notte. Lo sentivo vicino a me, anche se non c'era. Lo sentivo sempre. In ogni parola, in ogni azione, c'era lui. Ero fuggita, ecco cosa avevo fatto, ero scappata dell'unica occasione che avrebbe potuto aprirmi gli occhi, ero una codarda, non sarei mai stata altro.

Perché scappiamo dalle cose che amiamo? Quando non dovremmo far altro che tenercele strette.

Erano le tre del mattino o poco più e le mie lacrime inumidificavano la pelle del mio volto, versarvo lacrime inutili che nessuno avrebbe mai potuto riappagare. Ero uno straccio, una feccia, nessuno.

La porta della mia stanza scricchiolò e io mi voltai di scatto: nessuna sorpresa, era soltanto Haley.

"Che ci fai qui?" Sibiliai

"Voglio parlare con te"

"Non ne ho voglia" sbuffai girandolo dall'altra parte del cuscino "È tarda notte"

"Carly" disse decisa "Devo parlarti"

"Cosa vuoi Haley? Cosa vuoi?"

"So di te e Trevor." Mi zittì

"Tu non sai niente di me, Trevor è soltanto un vecchio amico"

"Pensi che sia scema? Che non veda i tuoi occhi?" Continuò "Carly, smettila"

Mi alzai e tastai il freddo pavimento della mia stanza, era di ghiaccio, come il mio cuore. Mi avvicinai a mia sorella e con tono deciso ma allo stesso tempo calmo le dissi di andarsene.

Mi guardò male, quella sera, lo ricordo bene, esprimette tutto il suo dissenso ma non disse nulla, nemmeno una parola. Haley sapeva di me e Trevor, cos'altro voleva spifferargli?

Uscì dalla stanza e io chiusi la porta, ero di nuovo sola. Corsi sul mio letto e coprii il mio volto con il cuscino, provai a dormire, chiusi le palpebre immaginando un mondo più bello. Ormai lo avevo capito, era quella dannata fissazione per Trevor che non mi faceva dormire la notte.

***

La sveglia suonò alla stessa ora come ogni santo giorno, non ero pronta ad un altro giorno insieme a lui. Andai in bagno, mi sciacquiai il viso e mi scorsi per qualche minuto allo specchio, avevo gli occhi spenti e le borse sotto gli occhi, era ovvio che quelle poche ore in cui avevo dormito non erano abbastanza, la mia vita non era abbastanza, aveva bisogno di essere stravolta.

Mi diressi in cucina e non aprii bocca, nè con mio padre nè con Haley. Erano i momenti in cui avevo bisogno di mia madre ma lei, ormai da tempo, non c'era più. La sera precedente mi aveva sconvolt, era questa la verità, ed io, da stupida, non volevo accettarlo.

Non toccai cibo, lasciai tutto in tavola e misi lo zaino sulle spalle. La fermata dell'autobus non mi era mai sembrata così lontana, un'infinità di domande tempestava la mia mente, ero sciocca, mi facevo abbindolare da sei stupido occhi magnetici. Sam corse verso di me a metà strada, Ashley e Seth rimasero in disparte.

"Vuoi spiegarmi Carly Jensen?" Era incazzata con me, era evidente.

"Sam.. Non ho resistito"

"È il ragazzo di tua sorella! Devi accettarlo, non puoi corrergli dietro come una cagnolina!"

Non risposi, le passai accanto ignorandola, aveva ragione da vendere, ero la cagnolina che leccava il culo a suo cognato, continuando così mi sarei fatta una brutta reputazione. Sam schernì alle mie spalle lasciandomi di stucco, raggiunsi Ashley e Seth che, nel frattempo, avevano ascoltato tutto.

"Io sono con te" disse Seth guardandomi dritto negli occhi "Lascia stare Sam, è soltanto arrabbiata per ieri, gli passerà"

Seth mi abbracciò e Ashley fece lo stesso, Samantha mi squadrò da lontano e poi cambiò visuale, non mi ero mai sentita così odiata in vita mia, era tutto un mondo nuovo, non avevo mai provato cosa significasse essere gelosa e forse stavo esagerando. Non avevo bisogno della compassione di Ashley e Seth, potevo farcela da sola, come tutte le ragazze della mia età.

"Guarda il lato positivo" prese parola Ashley "Seth è arrivato puntuale "

Mi fecero scappare una risatina, la prima del giorno, ma sapevo bene che sarebbe stata l'ultima.

Il bus arrivò prima del previsto e, per la prima volta, non c'era Sam dietro di me. Mi appoggiai al manico posto alla sinistra della bussola e poi mi avviai verso il fondo. Tutto aveva un'aria malinconica, Sam doveva smetterla di comportarsi così, non faceva altro che farmi male, anche se, nella mia vita, tutti mi facevano un po' male.

La vidi di striscio, aveva la testa poggiata sul finestrino impannato e gli auricolari alle orecchie, avrei voluto rompere il muro che a poco a poco si stava creando tra noi due ma non ebbi neanche la forza di alzarmi.

Cosa stavo facendo?

Ogni tanto Seth mi mandava qualche sguardo di rimprovero, per il modo in cui mi mangiamo initerrotamente le unghia. Era questo che facevo, quando stavo male. Sam ce l'aveva con me perchè continuavo a provare qualcosa per Trevor e io continuavo a dare la colpa a lei, quando la sbagliata ero io.

Quando il bus arrivò a scuola mi sentii salva, stare nello stesso ambiente con Sam cominciava a darmi parecchio fastidio. Chissà se in quell'autobus scolastico, con gli auricolari sulle orecchie e la musica che sovrastava ogni cosa, Samantha pensò a me.

***

La campanella della ricreazione suonò prima del previsto.
Era strano sentirla e non avere lei accanto a me, anche solo per una parola usata contro di me, anche solo per una battuta di poco spirito.

"Colpa di quello stupido di Trevor" pensai.

E in effetti, era colpa sua, era colpa del suo ritorno, era colpa del suo carattere, era colpa dei suoi occhi. Chiedevo ancora a me stessa quale sarebbe stata la sua prossima mossa, dopo Haley mi aveva tolto anche Sam.

Ashley si avvicinò a me masticando uno snack.

"Vuoi?" disse portendomi il pacchetto di patatine al bacon

"Grazie ma no" risposi seccata io "Non ne ho molta voglia"

"Seth sta parlando con Sam" mi confortò "Vedi che tutto si risolverà"

"Non si risolverà" continuai "Non conosci Sam quanto me, è testarda, non lo capirà mai"

Finite queste parole vidi Trevor passarmi davanti insieme ad Haley. Non riuscii a controllarmi, diedi un pugno così forte all'armadietto da farmi sanguinare le nocche. Lo sguardò impressionato di Ashley non mi fece nessun effetto, mi abbracciò e soffoco il mio pianto incessante.

"Ci sono io con te" mi consolò "Ci sono io"

"Signorina Jensen, è desiderata all'ufficio del preside" la voce del vicepreside Geebs alle mie spalle mi fece risaltare.

Non sapevo ancora cosa mi aspettasse lì dentro, ma una cosa era certa: le sorprese non erano terminate.

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