Capitolo XX

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Carly's pov

Erano le undici del mattino.
Era ora di alzarsi, lo aveva gridato nonna dall'altra stanza, e io ero riuscita a sentirla, non mi capacitavo dell'accaduto.

La giornata precedente l'avevo passata a disfare le valigie e a ritornare nella mia piccola cameretta. Era ancora come una volta, nonna Lindsey non aveva tolto nulla, c'erano tutte le mie bambole, i miei giocattoli e i miei poster, mi era sembrato di tornare bambina e di rivivere quei bellissimi giorni. Il resto della giornata lo avevo passato prendendo una boccata d'aria e fumando qualche sigaretta. Era tanto che non fumavo, mi sentivo libera.

Luìs non lo avevo più visto, era stato tutto il giorno a fare commissioni per la nonna, forse era meglio così, più stavo lontana da quel tipo e più era meglio, il senso d'inquietudine che mi trasmetteva non era ancora terminato. Erano le undici ed io ero ancora sdraiata sul letto a fissare al vuoto, a pensare a come era stata stravolta la mia vita, forse pensarci non era la cosa migliore, ma era più forte di me, non mi sarei trattenuta.

Sentii la porta aprirsi e poi del peso gravare sul mio letto. Era la nonna, venuta apposta per me.

"Hai dormito bene?" disse poggiando la colazione sul letto "Queste ti faranno stare bene"

"Grazie nonna, non so come farei senza di te"

Avvicinò la sua grande mano da lavoratrice sul mio viso, mi accarezzò e guardandomi negli occhi mi disse che le ero mancata e che era felice che avessi deciso di passare un po' di tempo con lei. Ma non sapeva la verità. Non sapeva che ero venuta lì soltanto per scappare dalla mia vita, per allontanarmi da tutto ciò che mi faceva male. Non lo sapeva, ed era meglio così.

"Ricorda che ci sono sempre per te"

Fu bello sentire quelle parole, mi fecero sentire protetta, come a casa, anzi, meglio che a casa, perché a casa non stavo bene e nemmeno a scuola, stavo male dappertutto.

"C'era un ragazzo che mi piaceva" Lasciai che la mia bocca parlasse "Era mio amico, una volta, ora è il ragazzo di Haley"

Nonna era tranquilla, sembrava indifferente, ma io la conoscevo, sapevo che stava fingendo e che, sotto sotto, ci stava male, perché lei mi capiva, mi aveva sempre capita.

"Sai Carly" adagiò nuovamente la sua mano sul mio volto "A volte scappare dalle difficoltà della vita non è sempre la scelta migliore"

Aveva ragione. Ero una stupida. Cosa credevo di fare? Di dimenticare quelle settimane in così poco tempo?

"Perché?" Le chiesi "Perché non posso scappare?"

"Devi imparare che non c'è sempre una risposta a tutto, siamo umani, Carly, ed esistono domande senza risposta, spazi vuoti, che a volte riempiano con illusioni, illusioni che ci cambiano, che cambiano il nostro modo di essere"

"E io come dovrei essere?"

"Esattamente come sei. Sei sempre la mia piccola nipotina, dolce e insicura, fragile e testarda"

Non resistetti dal darle un forte abbraccio, come quello che, qualche tempo prima, mi aveva dato papà.

"Sei la nonna migliore del mondo" sussurai

Pensai che le parole di nonne erano vere, rispecchiavano la mia realtà, quello che stavo diventando per colpa della società. Gli amici vanno e vengono, lo sapevo bene, anche se dovevo ancora farci l'abitudine.
La vita che avevo vissuto non mi aveva dato abbastanza, continuavo ad autoconvicermi che la colpa non era mia, che io non c'entravo nulla, che nonna non stava mentendo, ogni singola parola era vera. Corsi a sciaquarmi la faccia. L"acqua era gelida, il suo forte getto fece schizzare qualche goccia di qua e là, bagnando la mia maglietta.

L'acqua era fredda ma era come se mi riscaldasse. Sentivo la mia pelle bruciare al suo tatto, mi faceva stare bene. Mi guardai ancora allo specchio, con le piccole gocce che scivolavano dalla mia giovane pelle, sorrisi e il mio riflesso fece lo stesso.

"Hai un bel sorriso. Lo sai?" Sentii una voce cupa alle mie spalle

Con la coda dell'occhio lo vidi, era Luìs, il ragazzo a servizio della nonna. Da quanto tempo era lì? Mi scappò un colpo di tosse.

"Finalmente ti sei accorto della mia presenza"

"Avrei voluto farlo prima"

"Non ti mangio mica, Carly"

Era strano sentire il mio nome uscire dalla sua bocca, non lo conoscevo, non sapevo nulla di lui, eppure lui sapeva già troppo su di me, conoscevo le abitudini della nonna, gli aveva detto tutto di me, ne ero più che certa. Spostai la ciocca di capelli che aveva coperto il mio occhio destro e, dallo specchio, tornai a fissarlo.

"Sei ancora qui? Vattene dal bagno"

"Sono sulla soglia, teoricamente non sono dentro"

"Che simpaticone" sbottai "Lasciami da sola"

"Stavi piangendo, vero?"

"Cosa te lo fa capire?"

"I tuoi occhi"

"Cosa hanno i miei occhi?"

"Sono lucidi, significa che hai pianto"

"No, io non piango mai"

Anche se era una bugia, avevo passato sedici anni a piangere, ad aitoconvincere me stessa sul fatto che fossi una persona forte, ma di forza io, ne avevo ben poca.

"Tu non piangi mai, Luìs?"

"Qualche volta, quando sono solo"

"Perfetto, e io avrei voglia di piangere, ma non sono sola"

"Tu hai qualcosa" sbuffò "E io voglio sapere cosa"

"Non mi conosci nemmeno"

"Mamma diceva che io le persone che le capisco guardandole negli occhi"

"E i miei occhi come sono?"

Non rispose subito, ci pensò un attimo, alzò lo sguardo e tornò a guardarmi.

"Sono come la tempesta, tormentati, ma allo stesso tempo sono come la pioggia"

"Cosa intendi con pioggia?"

"Che le lacrime bagnano anche chi non vogliono"

"Credo che sia ora di andare, Luìs"

Capì che forse andarsene sarebbe stato più opportuno e, in silenzio, lasciò la soglia. Era strano, la sua presenza mi turbava, mi rendeva nervosa, non accadeva con nessuno, nemmeno con Trevor, quella situazione di disagio non mi faceva stare affatto bene. San Francisco eda un mondo di sorprese, l'occasione che coincideva con l'attimo, dovevo seguire i consigli di nonna Linsdey, dovevo essere felice.

Anche Luìs aveva ragione. I miei occhi erano tempesta. Ero forte e decisa, ero un uragano.

Spazio Autore:
FINALMENTE NUOVO CAPITOLO.

Ogni volta che ti ho aspettato Where stories live. Discover now