Il party della confraternita.

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"Quindi fammi capire, tu potresti abitare alla confraternita Alfa ma hai scelto di stare al dormitorio?" Chiesi mentre camminavo al fianco di Dylan che guardava davanti a se.

Dopo che eravamo usciti dalla casa, aveva deciso di farmi fare quel famoso giro del campus,io ovviamente non mi ero tirata indietro.
Non avevo mai visto l'intero campus, ma l'idea di vivere in un posto del genere mi incuriosiva parecchio.
Si respirava aria di speranza, sogni, fatica e divertimento.
Questi erano gli odori che seguivo nella mia vita, gli odori del sacrificio e della voglia di fare.
Quel posto pullulava di ragazzi e ragazze della mia stessa età, alcuni con visi sorridenti, altri con visi più spenti.

Mentre camminavo sospirai guardando le bellissime case che avevamo ai lati e pensai ai racconti di mia madre, trascritti all'interno del suo diario.
Raccontava il suo stupore nel vedere certi posti e nel vedere il modo in cui dei ragazzi riuscivano a trovare dei luoghi di puro divertimento, in un posto dove invece avrebbero dovuto pensare solo al dovere.
Io ero d'accordo con lei, come sempre.

"Abiteresti in una casa piena di ragazzi che non conosci e che magari non sopporti?" Chiese lui, come se la risposta fosse ovvia, e in effetti lo era.

"Hai ragione" annuii accennando una risata e girai il viso verso di lui. "Ti capita spesso di fare da guida ai nuovi studenti?" lo presi in giro.

Corrugò la fronte e accennò un sorriso divertito."No, solo per le più fortunate"

"Oh" Alzai gli occhi al cielo accennando una risata e anche lui sembrò divertito.

"Senti Kimberly.."

"Per favore chiamami Kim, mi chiamano tutti così" Lo interruppi.

"Proprio perché ti chiamano tutti così io non lo farò" Anche lui incrociò il mio sguardo mentre sorrideva, poi continuò a parlare. "Il tuo nome intero è così bello, perché abbreviarlo?"

Quello che aveva detto mi sembrò dolcissimo, ma avevo un serio problema con il mio nome intero.
Non lo sentivo mio, veniva usato solo dagli estranei, o da chi voleva rimproverarmi.

"Sono felice che tu voglia distinguerti" Accennai una risata e unii le mani per pregarlo."Ma ti prego , non usare il mio nome per intero. Lo faceva sempre mia mamma quando mi rimproverava. Mi accontenterei anche di un buffo soprannome"

Come quando in terza elementare mi era stato affibbiato il soprannome "pallina" , e non perché fossi in carne, dato che ero l'equivalente di uno stecchino, ma perché ero piccola e bassa e i miei compagni si divertivano a spingermi tra loro, come una palla.
Da lì nacque quell'odioso soprannome.


"Okok signorina" Alzò le mani in segno di arresa, mentre accennava una risata e poi incrociò il mio sguardo. "Fatti guardare un secondo" Si fermò di botto sul marciapiede e mi fece girare verso di lui. Mi sentii talmente a disagio,  mentre i suoi occhi mi studiavano, che arrossii in maniera abbastanza evidente.
Il modo in cui mi guardava mi incuriosiva,sembrava cauto, paziente e molto attento ai particolari.


"India" Sbottò infine aggrottando le sopracciglia, come se fosse concentrato in qualcosa.

Alzai un sopracciglio, confusa da ciò che aveva detto. "India?"

Lui annuii sorridendo. "Il tuo viso..sembra quello di un'indiana.
In india le donne hanno lunghi capelli neri e occhi grandi." Guardò i miei capelli e si strinse nelle spalle." Non avrai i capelli lunghi ma hai degli occhi bellissimi, se ti guardo mi viene in mente l'india e i suoi colori."

TWO MISSISSIPPI - {SECONDO LIBRO}  WATTYS 2018Where stories live. Discover now