16. Just for tonight

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Non reagisco.
Sbatto le palpebre un paio di volte, cerco di emettere qualche suono, qualche parola, ma non ci riesco. Riesco a malapena a respirare.

Una parte di me vuole decisamente scappare, correre da Hailee e farsi stringere dalle sue esili braccia, farsi persino insultare, pur di avere la sua figura vicina e pur di tranquillizzare il proprio battito, il proprio respiro, la propria vita. Un'altra parte di me, però, è immobile, è la parte che mi tiene ancorato al sedile, con lo sguardo fisso sugli occhi del ragazzo decisamente troppo vicini, gli stessi occhi che la stessa parte ha sognato per mesi e mesi.

«Andiamo al ballo, ti va?» mi chiede con nonchalance.
Sbatto le palpebre un paio di volte, di nuovo, cercando di recepire le sue parole e agire di conseguenza. Ma non riesco seriamente a parlare, perciò annuisco e basta, anche se non vorrei realmente farlo, anche se vorrei scuotere la testa.

Michael non attende altri gesti da parte mia e scende dall'automobile, per poi farmi segno di seguirlo. Lo faccio, meccanicamente. Lo seguo fino all'interno della palestra, dove la musica mi risveglia come una secchiata d'acqua fredda di prima mattina, o dopo una sbornia.

Noto Calum ed Ashton poco più in là. Stanno ballando. Anche se le loro mosse non le definirei propriamente un ballo. Ma sembrano essere felici, tutto l'opposto rispetto a ciò che io e Michael appariamo dall'esterno. Non che all'interno la situazione sia migliore, eh.

Nessuno dei due ci nota e quasi sospiro di sollievo.

Ma non riesco a trovare Hailee e il pensiero che sia in bagno a fare cose con Sophie mi si insinua nella mente, facendomi fare una smorfia a metà tra il disappunto e lo schifato.

Michael, senza dire altro o senza controllare che lo segua, si dirige verso il tavolo in cui si trovano bevande – analcoliche – e cibo di vario tipo, dalle patatine nel pacco ficcate in grandi ciotole che richiamano i colori del mare, a biscotti a forma di conchiglia, ad... alghe? Seriamente?

«Vuoi qualcosa?» mi chiede il ragazzo, facendo un cenno verso il tavolo pieno.
Ci penso su, ma alla fine riesco a mormorare un semplice «No, grazie», perché non riuscirei a bere o a mangiare col groppo che mi ritrovo in gola, che non accenna a sparire.
È che non capisco cosa stia succedendo.

Abbiamo discusso. Mi ha baciato, senza apparente motivo. E adesso siamo qui, al ballo, come se nulla fosse successo, come se non mi avesse appena detto quanto io non valga un cazzo per lui, come se non mi avesse appena spezzato il cuore. Ma, soprattutto, cosa ci faccio io qui? Perché anche io sto facendo finta di nulla? Non dovrei essere arrabbiato? E allora perché mi sento solamente vuoto? Come se mi avesse tolto tutto? Come se mi avesse svuotato? Come se avesse risucchiato dentro di sé ogni parte di me?

È come se fossi un bicchiere. Ma non sono né mezzo pieno né mezzo vuoto. Sono completamente vuoto. Un foglio di carta, bianco, ma stropicciato. Inutile.

«Facciamo finta di niente, va bene? Almeno per questa sera» mi sussurra, avvicinandomisi.
Il suo profumo mi riempie le narici e mi fa girare la testa, confondendomi ancora di più. «Perché?» riesco a chiedere, attento a non farmi distrarre dai suoi occhi verde primavera, che si scontrano col suo completo elegante e blu scuro, simile al profondo del mare.

«Per favore» mi implora. Michael Clifford. Mi implora. Coi suoi occhi acquosi e le sue labbra rosse, la lingua che ci passa delicatamente di sopra, per inumidirle. Non credo di aver mai assistito ad una scena più sconvolgente e seducente.
«Va bene» accetto, dandomi mentalmente dello stupido per aver acconsentito, per l'ennesima volta, ai suoi desideri.

Solo per questa sera, solo per questa sera. Mi ripeto come una litania nella mente.

Solo per questa sera. Come se nulla fosse successo. Come se non mi avesse evitato per mesi, come se non mi avesse trattato di merda, come se non mi avesse ridotto il cuore a brandelli.

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