24. She knows and I know

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Porrò fine a questa situazione piena di interrogativi, una volta per tutte.
Ne sono convinto.
Farò proprio così.
Sì.
O forse no.
Perché Michael si è addormentato.

Sospiro, cercando di non fare troppo rumore, e mi avvicino lentamente a lui. La situazione mi ricorda quella di mesi fa, quando l'ho trovato nudo sul lettino dell'infermeria scolastica. A volte mi chiedo cosa ci facesse lì, nudo, ma non sono sicuro lo voglia veramente sapere. Anche se, trattandosi di Michael, si tratta di qualcosa di molto più serio rispetto alle mie fantasie sessuali. Si fosse trattato di me, nudo al posto suo, invece, sarebbe stato qualcosa di... "strano", probabilmente, sì.

Osservo i capelli biondi, un po' più lunghi rispetto alla sera del ballo, che gli ricadono sulla fronte in maniera spettinata. Ho voglia di sistemargli la frangia, di infilare le dita tra i ciuffi scomposti, di scomporli ancora di più. Ho voglia di passare le dita sulle sue sopracciglia, anch'esse chiare. Ho voglia di sfiorargli le palpebre chiuse, le ciglia lunghe che formano una leggera ombra, che rende più scure le occhiaie ben visibili. Ho voglia di circondargli le guance con i palmi delle mani, di avvicinare il mio viso al suo, di baciarlo ancora una volta. Di sfiorare, ancora una volta, le sue labbra carnose, che hanno perso il loro colore, il loro rosso fragola che volevo rendere ciliegia, di assaporarle, ancora una volta, e percepire il gusto di Michael, anche se non ho idea di che gusto abbia, perché la prima – e l'ultima – volta ero troppo sconvolto per rendermene conto.

Sospiro, di nuovo, e passo la lingua tra le labbra, per inumidirle. E poi annuisco tra me e me, uscendo dalla stanza, nonostante la voglia di rimanere al suo fianco sia tanta, nonostante la voglia di sedermi sulla solita sedia, leggermente distante dal letto, sia immensa.

Hailee mi lancia un'occhiata confusa, quando mi nota uscire dalla stanza neanche dopo qualche minuto, e io incrocio il suo sguardo, con tranquillità.
«Sta dormendo» le spiego, appena siamo abbastanza vicini, così che nessun altro sia in grado di sentire le nostre parole, esclusi noi due.

«Spero non abbia fatto nulla di molesto» dice, costringendomi a ridacchiare e ad alzare gli occhi al cielo, esasperato.
«No» la rassicuro, con le labbra strette, ma rialzate in un sorriso tranquillo.

«Vuoi che venga a dormire a casa tua, stanotte?» mi chiede, recuperando il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni neri che sta indossando, per poi accedere su Twitter, scorrendo la sua timeline con fare annoiato, mentre ci dirigiamo verso la fermata dell'autobus con passo tranquillo.
Annuisco, e poi aggiungo: «Sì, per favore».

«Prima passiamo da casa mia, allora, così preparo uno zaino con ciò che mi serve.»
«Sì.»

«Luke?» chiede, nel momento in cui siamo seduti sulla panchina, il sole estivo a bruciarci sulla pelle, il sudore che inizia a formarsi sulla fronte, sulla schiena, sulle braccia.
«Sì?» mormoro, quando l'autobus si ferma davanti a noi. E saliamo, in silenzio, mostrando al conduttore il nostro abbonamento. Troviamo due posti vicini, per poi accomodarci, spalla contro spalla. Io dalla parte del finestrino, lei dalla parte del corridoio.

«Stai bene?» mi domanda, appena l'autista mette in moto l'autobus, che si avvia per percorrere il suo solito percorso, tra le varie fermate sparse in questa zona della città.
«Non lo so» le rispondo, appena ci apprestiamo a scendere dal veicolo, qualche metro di distanza da casa sua.
Hailee non risponde e la discussione finisce lì. E va bene così. Perché lei sa e io so.

💭

«Non ci credo che stiamo cominciando per la quarta volta Fairy Tail» borbotta la mia migliore amica, sdraiata sul letto della mia camera, il viso rivolto verso il mio computer portatile, sistemato tra noi due.

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