33. No Control

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Agosto non mi è mai piaciuto come mese.

Prima di tutto, fa estremamente caldo.
Secondo, è umanamente impossibile vivere sotto la doccia.
Terzo, essendo umanamente impossibile vivere sotto la doccia, continua a fare estremamente caldo.

Motivo per cui, al momento, sono buttato sul letto di Michael, il viso rivolto sul soffitto bianco, che nell'ultimo periodo ho visto più spesso rispetto a qualsiasi altra cosa, persino rispetto alla faccia di mia sorella.

E vorrei potervi dire che sia qui, in camera sua, perché lo ami profondamente e non possa fare a meno di lui, e non è che sarebbe una bugia – più o meno –, ma non sarebbe neppure la verità.

Perché, in realtà, mi trovo in casa di Michael per il semplice motivo che ha l'aria condizionata attiva in qualsiasi momento della giornata e, anziché dei quaranta gradi fuori, posso godere di questi venticinque gradi che sanno, in tutto e per tutto, di primavera. Anche perché la vera primavera non me la sono potuto realmente godere a causa dello stesso Michael e del suo comportamento del cazzo, quindi mi deve un favore immenso.

E, a proposito, parlando del diavolo, il mio ragazzo esce dal bagno privato della sua stanza, un solo asciugamano addosso, attorno alla vita, e mi viene incontro, sdraiandosi al mio fianco.

«Spostati, fa caldo» mi lagno, facendo una smorfia annoiata.
Michael sbuffa sonoramente e poi si gira verso di me, buttandomi braccia e gambe addosso. «Sì?» mi stuzzica, sfiorandomi il collo con la punta del naso, facendomi quasi il solletico.

«Pensavo che sarei stato io quello appiccicoso nella coppia, e invece mi sbagliavo, e di grosso» borbotto, ridacchiando quando il suo respiro caldo mi solletica il collo.
«Hmm» mormora Michael, senza darmi una vera e propria risposta.

Mi trattengo dall'alzare gli occhi al cielo e porto una mano tra i suoi capelli ancora bagnati, scompigliandoglieli e carezzandoli. «Sai...» inizio a dire, la mente persa tra i pensieri.
«Cosa?» mi chiede, ma più per farmi intendere di starmi ascoltando e di continuare che non per altro.
«Sta andando tutto troppo bene» gli dico, mordicchiandomi il labbro inferiore, una leggera agitazione addosso.

«E non è meglio così?»
«Certo che sia meglio così, ma...» dico e poi sbuffo, girandomi nella sua direzione così da incontrare i suoi occhi chiari, «Ma non cambia il fatto che mi sembri strano sia così.»

Aggrotta la fronte e «Cosa c'è di strano?» mi domanda.
Mordicchio con ancora più foga il labbro inferiore e sospiro. «Nella mia vita difficilmente va tutto così bene. Solitamente, appena raggiungo quel barlume di felicità, qualcosa di brutto accade. Va sempre così» gli rivelo, passandomi la lingua sulle labbra doloranti a causa dei troppi morsi – miei e di Michael – e secche a causa del caldo che sta imperversando la città.

«Questa volta non andrà così» mi dice e c'è una certa sicurezza nella sua voce che mi rassicura, e c'è una certa sicurezza nella sua mano stretta sul mio fianco, e nella sua gamba attorno al mio corpo.
Annuisco con fare debole e mormoro un semplice «Va bene».
«Sì?» si assicura, incrociando il mio sguardo e guardandomi in modo dolce.
«Sì.»

💭

Ovviamente Michael si sbagliava. Ma apprezzo tuttora lo sforzo e l'impegno.

«La mia vita fa schifo al cazzo» mi lagno, piagnucolando sul divano in casa della mia migliore amica.

Difficilmente vengo in casa di Hailee, ma, quando lo faccio, sua madre si accerta che sfrutti ogni comfort possibile. Questo implica che Hailee deve per forza stare seduta per terra, perché sua madre crede che sia da maleducati occupare il divano quando c'è un ospite presente. Insomma, tutto il divano va all'ospite, a suo parere.

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