Capitolo 1

772 64 108
                                    


Non siamo mica in uno shoujo manga!

Il fatto che mio fratello fosse il preside della Senior Academy non era certo qualcosa di bello come ci si aspetterebbe, anzi.

Era tutto iniziato quando mio padre, ancora giovane, aveva passato una notte con una certa Dina; non mi presi mai la briga di impararne il cognome.
Da "quella notte un po' brilla e non voluta", come diceva lui, era nato Zeke.
Era inaspettato e Dina non voleva tenerlo, preferendo la carriera alla famiglia.
Accettò tuttavia di non abortire ed affidare il figlio a mio padre, Grisha.

Anni dopo mio padre conobbe mia madre, Charla, e quando mio fratello Zeke aveva già quindici anni nacqui io.
Mio fratello mi odiò dal primo momento in cui apprese della mia esistenza.
Non passò giorno che non me lo ricordasse e, sebbene da piccolo avessi passato notti nel letto dei miei genitori piangendo disperato, non lo biasimavo.
Io ero il figlio voluto, lui no. Io avevo la possibilità di vivere con mia madre, io conoscevo mia madre. Lui no.

Imparai a non disturbarlo, ad assere accondiscente con lui, a stare in casa il meno possibile, studiando al parco o in biblioteca.

Nonostante tutto sapevo che, in fondo in fondo, un po' di bene me lo voleva, ed io non esitavo a mostrargli che gli volevo bene anche io.
Lo facevo impegnandomi di meno a scuola, prendendo voti più bassi di quelli che prendeva lui quando ancora studiava, oppure facendo in modo che non mi dovesse mai vedere.

Quando riacquistai le mie memorie non cambiò nulla.

Non importava che Zeke, in quella vita passata, fosse stato il nemico.
Eravamo in un'altra vita. Lui era un'altra persona.

E allora perché non può essere lo stesso per Levi?

Mi sforzai di cacciare le voci dalla mia testa, lasciando che una smorfia prendesse forma sul mio viso.
Era ovvio che Levi fosse lo stesso! Senza come è perché, lo era e basta. Oppure... Oppure cosa?
Non lo avrei amato più?

«Stupido, stupido, stupido!» mormoravo come un disco rotto mentre continuavo a sbattere la testa sulla cattedra.
Cattedra?

La realtà mi riportò a galla pesante come il Gigante Colossale.
Zeke mi fissava tra l'irritato e l'incazzato mentre Levi, in parte a me, sghignazzava.
Levi era di certo cambiato.

«Te ne sei accorto, finalmente. Ce n'è voluto di tempo.» mi sussurrò, facendomi arrossire.
Quello che aveva usato era lo stesso tono che prendeva quando, nei rari giorni liberi, stavamo insieme nel letto a...

«Voi due mi avete seriamente rotto i... Stancato. Mi avete stancato- disse Zeke, o meglio, il preside, lanciandomi un'occhiata significativa. -È da quando gli studenti del Teikou sono arrivati qui che voi due passate le vostre giornate ad insultarvi e a fare a botte nei corridoi. Dato che la sospensione non rientra come punizione per questi comportamenti vedremo di farvi restare qui a pulire la palestra, compresi bagni e spogliatoi, per tutta la settimana ventura. Insieme. Magari smetterete di comportarvi da idioti.»

A quel punto odiai il mio viso, fin troppo espressivo.
Se non per Levi, di certo lo era per Zeke.

Mi si illuminò lo sguardo, nonostante io stessi facendo del mio meglio per sembrare scazzato.

«Cosa? Non ci penso neanche a lavorare con questo qui! Piuttosto faccio di tutto per farmi sospendere!» dallo sguardo di Levi capii che anche lui pensava lo stesso.
Ci rimasi male, ma in fondo era colpa mia. Ero stato io a portarci a quello stato.

Pretending to hate youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora