Capitolo 10

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Levi sbatté la mano contro il muro, accanto al mio viso.

«Le-leviii! Che... Sorpresaa!»

«Credo tu abbia un po' di cose da spiegarmi, pezzo di merda.»

Cazzo. Sapevo che fingere di stare male per saltare l'interrogazione non era stata proprio una buona idea, ma mi si poteva biasimare? Avevo passato l'intera giornata precedente ad aiutare i miei genitori in fondo. Oppure l'avevo passata davanti al cellulare ma non cambiava niente, non è che la prof l'avrebbe mai scoperto.

«Credi? Crederai male, allora..» in ogni caso in quel momento mi ritrovavo in un corridoio, deserto perché in teoria doveva esserci lezione, e bloccato contro il muro da niente popò di meno che il più popolare della scuola! No, falso anche questo, con il suo caratteraccio stava sulle palle a tutti. Dovevo essere io l'unico sfigato ad innamorarmene ovviamente.

Comunque, avevo la tremarella alle gambe e il cuore batteva all'impazzata. E Levi che mi guardava dall'alto in basso con quella sua aria di superiorità non faceva che peggiorare le cose.
Fu in quel momento che mi accorsi di qualcosa di fantastico.

«Mi prendi in giro, idiota? Sai benissimo di cosa sto parlando.»

«Certo che sì.»

«Bene, allora spiega.»

«Non so spiegartelo.»

«Cosa cazzo vuol dire, mi prendi per il culo bastardo?!»

«Non so mica come facciano le persone a diventare più basse eh!» ok, sapevo che non era quello di cui voleva parlare, ma preferivo evitare quel discorso.

«...Sei idiota? Uno, sei tu che stai diventando alto come una merda. Du-»

«Guarda che la cacca non è mica così alta.»

«Merda di elefante! Va bene?! Ora chiudi quella ciabatta o-»

«Le ciabatte si possono chiudere?»

«Stai zitto cazzo!» caso volle che Levi iniziasse ad urlare, quindi il tempo che ci mise un insegnante ad arrivare fu breve. Io, ovviamente, ero innocente. Mai avrei fatto in modo di farlo arrabbiare per attirare l'attenzione, mai mai. Ero davvero solo curioso di capire perché la differenza di altezza tra di noi fosse rimpicciolita, anche se poco. Certo. Solo quello.

Ghignai mentre camminavo per tornare in classe, lontano da Levi.
Giornata fortunata, quella. Avevo anche saltato l'interrogazione.

E vedere che sarei diventato, con molta probabilità, più alto di Levi, aveva riacceso in me una fiamma di speranza. Dopotutto voleva dire che stavamo tornando come ai vecchi tempi, quando il nano era lui. E se quello era possibile poteva essere lo stesso anche per i suoi sentimenti. Ci mancava solo che mi bloccasse al muro con la gamba invece che con la mano ed era fatta. Dovevo solo dargli l'opportunità di farlo. Non che fosse semplice.

E in realtà di opportunità ne aveva avute a bizzeffe, la differenza stava nel fatto che lo faceva per menarmi meglio. Ma dettagli. Ero contento, e quello bastava e avanzava.

***

Finì aprile e con esso la scuola ed il nuovo anno scolastico. Iniziarono le vacanze primaverili e, di conseguenza, tutta quella combriccola di persone che erano arrivate a causa del terremoto se ne andarono.

Ero riuscito ad evitare, per quel poco tempo che rimaneva, Levi ed il suo desiderio di domande. Non sapevo quando avesse iniziato ad essere così interessato a me e se da un lato era un dato positivo dall'altro non lo era, perché di Armin non ne volevo neanche il pensiero.

Piansi, piansi a dirotto quando partirono. Li stavo perdendo tutti, di nuovo, e non mi ero neanche confessato a Levi. Quindi piansi. E decisi che, una volta presa la patente, quella sarebbe stata la prima cosa che avrei fatto.

E ovviamente non avevo fatto i conti con mia madre. Me ne ero dimenticato, ma lei ancora no: ero andato a quella festa quando mi aveva chiaramente negato il permesso. E la punizione arrivò quando le chiesi quando mi avrebbe iscritto a scuola guida.

«Io non faccio proprio un bel niente.»

«Come no?» chiesi, incredulo.

«Io non ti pago niente, Eren.»

«Ma mamma! Non posso pagarmela da solo! Se vuoi poi ti ridarò i soldi ma ora non ne ho!»

«Vedi Eren, le persone responsabili si pagano da sole ciò di cui hanno bisogno, perché sanno di dover risparmiare abbastanza soldi per poterselo permettere. E mi pare che tu abbia dimostrato alla grande quanto tu sia responsabile decidendo quel che è meglio per te, disubbidendo alla tua cara mammina e andando a quella maledetta festa solo per vedere un ragazzo che non può portare nulla di buono. Dico bene, amorino mio, boccuccia di rosa? Ora fai un favore a questa tua mammina ed esci di casa. Non voglio più vederti fino a domani.» la voce divenne più seria alla fine ma, a conti fatti, faceva più paura quando parlava in falsetto.

Sapendo di non dover rispondere mi misi le scarpe e feci come mi era stato detto, uscendo di casa. Mia madre sarebbe stata fedele alle sue parole quindi, in un modo o nell'altro, dovevo arrangiarmi. Avrei potuto trovare un lavoro a turni solo per l'estate o, meglio ancora, mi sarei fatto dare un passaggio da Zeke, con il quale ormai mi sentivo abitualmente.

Unico problema, Zeke era partito per le vacanze insieme alla sua ragazza e non sarebbe tornato fino all'inizio del nuovo anno scolastico. Ero terribilmente invidioso. Anche se l'avevo scoperto da poco Zeke era fidanzato già da anni e anzi, stava programmando di chiederle la mano in matrimonio nentre erano via. Io invece ero solo. Colpa mia e della mia pigrizia senza dubbio. Sarei morto pieno di rimorsi.

Così approfittai della passeggiata per schiarirmi le idee. Di certo, una volta tornati, Zeke non avrebbe avuto il tempo di accompagnarli. I casi erano due: o la sua dolce metà avrebbe detto di sì, e allora avrebbero passato tutto il loro tempo insieme, oppure avrebbe detto di no. La seconda opzione era quella che mi spaventava di più. Sapevo cosa si provasse ad avere il cuore spezzato e non avrei mai chiesto nulla a mio fratello in un momento simile. Non mi sarei mai allontanato da lui in un momento simile. E farmi la patente? Anche se prima avevo considerato l'opzione compresi che avrebbe richiesto troppo tempo e che quindi Levi si sarebbe dimenticato di me. Chiedere un passaggio ad un amico? No, in ogni caso il tempo di attesa perché si facessero la patente era troppo. La loro situazione era praticamente uguale alla mia dopotutto.
Di chiedere ai miei non se ne parlava.

Rimaneva solo una cosa da fare: scendere a patti.

Così, mentre camminavo per strada, iniziai a comporre il suo numero, naturalmente ottenuto grazie a Mikasa.

Uno squillo, due, tre, quattro, la segreteria telefonica. Riprovai. Quella volta rispose alla seconda.

«Chi cazzo è?» quasi non svenni.

***

Vista l'insistenza eccovi il nuovo capitolo! Chi avrà mai chiamato Eren? Tanto già so che sapete, quindi. Ma facciamo finta che la suspance esista ancora, si?  :)

Come sempre, segnalatemi gli errori,  grazie e ciao!

Pretending to hate youDonde viven las historias. Descúbrelo ahora