Capitolo 8

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Regola numero 1: L'unica persona con la quale è permesso avere qualsiasi tipo di interazione è Armin, salvo in caso di interrogazione o di domande dai genitori. Per qualsiasi altro caso è severamente vietato intraprendere un discorso, orale o a gesti, o toccare qualcuno, a meno che non sia dato il permesso.

Non fu difficile notare il suo cambiamento. D'un tratto si fece più schivo, silenzioso, timido. Restava sempre attaccato al fianco di Armin, che aveva sempre quell'aria a metà tra il soddisfatto ed il protettivo. Mikasa e tutti gli altri diedero la colpa di ciò al fatto che, dovendo loro sparire a breve, Eren avesse intenzione di allontanarsi da loro per soffrire di meno. Loro comunque non smisero di tentare di avvicinarlo, perché ciò non spiegava perché avesse smesso di parlare anche con Annie o perché invece parlasse con Armin. Ma a guardarlo bene no, non parlava neanche con lui. Era sempre Armin a prendere l'iniziativa e anche lì Eren faceva solo dei piccoli movimenti con il capo, per poi essere stretto dalle braccia di Armin che Mikasa non ricordava fossero mai state così possessive.

Regola numero 2: Eren deve sempre ubbidire ad Armin. Qualunque sia l'ordine è da seguire, perché Armin sa quel che è meglio e ciò che tiene Eren al sicuro.

Eren, rifletteva, sembrava un cagnolino. Lo era sempre sembrato, con Levi e tutto il resto, ma lì, curvo sotto l'ombra di Armin, non sembrava poi tanto contento di assomigliarvici. Ma, ad essere onesti, Eren non sembrava mai contento. E di ciò se ne accorsero i professori, i genitori, il preside. E nonostante ciò nessuno faceva nulla. Perché quell'inquietante eppure angelico sorriso che Armin offriva destabilizzava chiunque fosse a meno di un metro di distanta da Eren, i quali occhi non vedevano mai nulla di ciò che accadeva intorno a lui, sempre puntati versi il basso.

Regola numero 3: Ad Eren non è consentito avere amici. L'unica persona di cui ha bisogno è Armin. Per questo, una volta finita la scuola, Eren andrà ad abitare con lui. Da quel giorno in avanti ad Eren non sarà consentito avere alcun contatto con il mondo esterno da solo, né con la famiglia né con chiunque si presenti alla porta di casa. Eren dovrà inoltre consegnare il suo telefono ad Armin, in quanto esso non gli sarà più indispensabile.

Nessuno, dalla sua festa di compleanno, aveva più veramente guardato negli occhi Eren. Nessuno ne aveva più sentito la calda risata. Eren sembrava un morto vivente, capace solo di rispondere con un 'sì' ai frequenti 'ti senti bene?' e di rispondere alle domande dei professori inerenti alle lezioni.

Regola numero 4: Eren si deve dimenticare dell'esistenza di colui che lo ha fatto soffrire. Sarà vietato pronunciare il suo nome, fare riferimenti a lui o guardarlo. In caso questa regola dovesse essere rotta, la pena sarà la reclusione totale per una settimana. Se è lui ad iniziare il contatto, via discorso o rissa, sarà da ignorare e assolutamente da non guardare negli occhi.

Ma la prova più evidente che Eren fosse cambiato avvenne quando una mattina, camminando verso la sua prossima classe, si scontrò per sbaglio con Levi. Questo aveva iniziato ad urlargli contro poi, vista l'assenza di risposte, l'aveva preso per il colletto della camicia e l'aveva sbattuto contro il muro. Ancora Eren non aveva reagito. Levi allora gli aveva dato un pugno, due, tre, quattro, ringhiandogli contro, chiedendogli perché non lo guardasse, accusandolo di avere paura, ridendogli in faccia. Ma Eren prese tutto, emettendo solo qualche piccolo gemito di dolore. Alla fine Levi, stufo, per niente soddisfatto e, controvoglia, anche leggermente preoccupato, l'aveva lasciato andare, ed Eren era caduto come corpo morto cade per terra. Aveva raccolto le sue cose da terra ed era corso via, a capo chino, senza rivolgergli nulla, neanche uno sguardo di disprezzo. A quel punto la preoccupazione di Levi era cresciuta ma lui l'aveva scacciata via, dando la colpa del suo comportamento alla stanchezza o ad una brutta giornata. Però, dopo una seconda ed una terza volta di pugni presi e non restituiti, la preoccupazione e l'ansia si presero a braccetto.

Pretending to hate youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora