Childhood of a secret agent

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[•rev]
ALEXANDRA

Mentre aspettavo mia madre e Justin parlare, decisi di farmi un giro per la base della CIA.
Solo in quel momento realizzai quanto fosse grande e spaziosa, con gente che faceva avanti e indietro per risolvere chissà quale caso o missione.
Entrai in ascensore e decisi di andare in infermeria. Schiacciai il pulsante con il piano equivalente e in pochi secondi arrivai.

Il corridoio era stretto e lungo, parecchio buio, probabilmente illuminato solo dalla luce che filtrava dalle piccole finestre poste in alto sui muri.
Misi le mani in tasca e percorsi quel corridoio sotto gli occhi di tante infermiere incuriosite.

A volte mi sporgevo per vedere dal piccolo vetro che c'era sulla porta per vedere all'interno. Solo allora mi resi conto che c'erano mille altre persone nella mia stessa, o quasi, situazione.

«hey! Che ci fai tu qui?» sentii una voce squillante alle mie spalle.

Forse è vietato venire qui senza autorizzazione o senza qualcuno autorizzato? Ecco che mi sono cacciata nell'ennesimo guaio. Accidenti a me e alla mia curiosità.

Mi voltai e a mia sorpresa vidi l'infermiera che mi curò, Mary.
Mi sorrise e lì capii che il suo non era un rimprovero.

«ciao Mary» sorrisi lievemente. «no, nulla.. Stavo facendo un giro» mormorai.

«non dovresti stare qui, sai? A volte si sta male solo a guardare i pazienti» mi disse, stringendosi nel suo camice, in parte coperto da una giacchetta blu sopra di esso, che le risaltava gli occhi del medesimo colore. I lunghi capelli neri le cadevano sulle spalle e sulla schiena. A tratti sembrava un angelo con quegli occhi così belli e poco truccati, le labbra sottili ed un sorriso smagliante che metteva le persone a proprio agio.

«già, credo di averlo appena compreso» sospirai.

«se vuoi ti posso fare da guida, se sei così curiosa» mi sorrise.

«s-si, d'accordo» risposi leggermente imbarazzata. E cosi iniziammo a camminare per quel corridoio, Mary mi raccontò di alcune vittime che mai si ripresero dallo shock di essere state, appunto, vittime.

«sì, capitano quei pazienti che non vogliono saperne di riprendersi. Ciò che hanno passato li blocca fino a non vivere più il presente, ingozzandosi di farmaci e cose varie» mi spiegò con aria triste.

«come se dimenticassero di vivere» mormorai io.

«non voglio farti star male con queste storie, Alexandra» mi disse.

«no, no. Sono curiosa, mi piace ascoltare le storie di persone come me» feci spallucce.

Sorrise. «ma ci sono anche persone che dopo essersi riprese hanno iniziato a lavorare con la giustizia» mi spiegò.

«Come magistrati, avvocati, agenti segreti.. Proprio come ha fatto Justin» mormorò.

Annuii ma poi mi fermai di colpo.
«Justin è stato una vittima?» Chiesi incredula.

«n-non te l'ha mai detto?» balbettò.

«detto cosa?» alzai un sopracciglio.

«non dovrei parlarne» disse imbarazzata.

«Justin non mi parla mai di se stesso o della famiglia. È successo solo una volta ma ha detto ben poco» dissi. «capii che fosse una specie di tasto dolente e allora non ho mai più chiesto» feci spallucce.

«vieni, ti faccio vedere una cosa» sorrise. «ma rimane tra noi» avvisò.

«okay» dissi.

Andammo verso l'ascensore e Mary schiacciò un pulsante che ci portò ad un altro piano più alto, dove si estendeva l'ennesimo corridoio stretto e lungo, con un tappeto rosso sul pavimento e illuminato da tante luci gialle sul soffitto.
Sulle pareti vi erano delle foto.

𝘾𝙄𝘼 - 𝘾𝙚𝙣𝙩𝙧𝙖𝙡 𝙄𝙣𝙩𝙚𝙡𝙡𝙞𝙜𝙚𝙣𝙘𝙚 𝘼𝙜𝙚𝙣𝙘𝙮 ➳ 𝙟𝙗Where stories live. Discover now