Capitolo: uno

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Our Own Struggle - PRIMO CAPITOLO

Era ora di colazione al St. Patrick. - Per lei signor Styles, hanno portato una brioche. - annunciò sorridendo l'infermiera, mentre posava un sacchettino bianco sul comodino di Harry.

- Chi l'ha portata? - chiese lui, curioso, mettendosi seduto sul suo letto candido e prendendo il sacchetto, per poi infilarci il naso dentro. Kate, l'infermiera, alzò le spalle.

- Non lo so piccolo, però torno tra poco a bucherellarti. - sorrise lei, mentre usciva dalla stanza, dopo avergli lasciato una carezza sulla guancia sbarbata. Harry ormai la conosceva da due anni, ovvero da quando lo avevano ricoverato in seguito alla diagnosi che gli aveva cambiato la vita. Lei lo svegliava ogni mattina come fosse una mamma e aveva sempre una parola di conforto per il ragazzo; a lui faceva semplicemente piacere averla intorno e avrebbe scommesso che la brioche fosse da parte della ragazza.

Harry iniziò ad addentare la brioche chiudendo gli occhi e pensò a quanto gli mancasse il vero cibo, mentre la crema sporcava i contorni della bocca affusolata.

- Eccomi . - . Kate rientrò sorridente in camera. - Ti ho portato il tuo beanie. - disse lanciando il cappello grigio al ragazzo.

- Graffie. - sussurrò lui con la bocca piena, tenendo con una mano il sacchettino bianco e con l'altra la pastina, senza considerare il capello che era stato abbandonato sul letto, accanto a lui. Kate sorrise alla vista della crema sparsa per la faccia del ragazzo.

- Oggi vengono i ragazzi della Bluewood. - sorrise lei, dopo aver raccolto il cappello, coprendogli con esso la testa pelata. Harry sorrise e annuì in segno di approvazione. Kate trovava le fossette del ragazzo davvero adorabili: gli davano un'aria ancora più da bambino.

- Era davvero buona la brioche. - apprezzò Harry buttando giù l'ultimo boccone. Kate sorrise di rimando alle fossette comparse sulle guance del ragazzo, poi gli prese la mano con dolcezza e gli mise la flebo, con un leggero gemito di lui; gli prese il sacchetto dalla mano per poi sparire ancora una volta nel corridoio dell'ospedale. Harry si alzò con le poche forze che ancora custodiva gelosamente nel suo corpo magro e si avvicinò all'unica finestra della stanza, trascinandosi dietro la flebo. In quel momento si sentiva abbastanza pieno: una brioche alla crema era davvero molto per lui, abituato a una mela e un po' d'acqua. I dottori cercavano di farlo mangiare, ma lui non riusciva e così si erano ritrovati spesso a dovergli fare più iniezioni del dovuto per compensare la mancanza delle sostanze energetiche delle quali il corpo necessitava.

Si sentiva anche abbastanza solo. Non che odiasse la solitudine, anzi, ma in due anni aveva avuto solo un amico, nonché compagno di camera, anche lui malato di leucemia, morto poche settimane prima. Harry era caduto nello sconforto per una decina di giorni: oltre che a mancargli l'amico con il quale si era aperto, raccontandogli tutto della sua vita e fidandosi ciecamente, aveva paura di essere il successivo; aveva paura di non poter vivere e godersi la vita.

Da quando era morto Fred, Harry si era chiuso più in sé stesso. Se prima era facile farlo sorridere, ora era più difficile. Se prima ti raccontava esattamente come si sentiva, adesso i medici perdevano minuti per capire quale fosse il problema del ragazzo.

Dalla finestra, Harry vide i ragazzi della Bluewood all'entrata dell'ospedale, parlare con qualche dottore che indicava loro la strada per il punto di raccolta. D'istinto sorrise. Era felice, perchè quei ragazzi, che venivano per far sorridere i pazienti malati come lui, ormai erano diventati suoi amici. Harry era un ragazzo con cui si faceva amicizia molto facilmente, anche se, fino a che non aveva lasciato la scuola per la malattia, era sempre preso di mira dai bulli. Questo solo perché una volta aveva sbagliato a fidarsi di un "amico" e gli aveva confessato di essere gay. In poche ore tutta la scuola lo aveva saputo e lo derideva, oppure, peggio, lo picchiavano a sangue alla fine delle lezioni, in modo che i professori non li scoprissero. Harry si era sempre chiesto cosa avesse di sbagliato mentre girava per i corridoi a testa bassa e gli altri lo deridevano, ma era sempre e comunque riuscito a restare forte, in qualche modo.

Our Own Struggle - ((Larry Stylinson AU))Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon