Capitolo 8

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La prima cosa che sentii furono i brividi. Mi scuotevano a tal punto da farmi svegliare da quella specie di trans provocata dal prodotto che mi avevano messo nel "cappuccio".
Quella situazione mi stava portando alla pazzia, ero al limite del burrone. Cercai di restare calma e di concentrarmi sul fatto che non sarebbe continuato a lungo, magari non per forza colui che mi aveva comprato mi avrebbe fatto del male, almeno non troppo, magari gli serviva soltanto compagnia o una cameriera, un'amica con cui parlare o una ragazza diversa, no? Il problema era che neanche io credevo a questo, perché una persona normale non sarebbe andata a un mercato di schiave se gli serviva una cameriera. Era tutto andato a puttane, la mia vita intera, ogni cosa, distrutta. Nel frattempo passarono ore, mi sentivo congelare e più andavo avanti e più peggiorava il freddo come se stessimo salendo non si sa dove. Era pieno di scaffe e curve e venivo ripetutamente sbattuta da una parte all'altra, non potevo neanche aiutarmi perché avevo le mani legate quando un certo punto ci fermammo, uno sportello si chiuse e il mio si aprì provandomi la sensazione di non sentire più le labbra tanto era il freddo. Qualcuno si avvicinò, mi sollevò e scostandomi per un attimo il cappuccio e il bavaglio mi mise una cannuccia in bocca. All'inizio avevo paura perché non sapevo cosa avrei trovato ma mi sentii dire <<it's water>>, il tono di quell'uomo era calmo, diverso da quello che ero stata abituata a sentire. Cautamente tirai su con la cannuccia e, quando sentii che era davvero acqua, iniziai a bere velocemente, era da giorni che non bevevo. La sensazione di freschezza riuscì a farmi riprendere un po' ed era l'unica cosa che mi serviva in quel momento. Dovevo restare calma. Riprendemmo il viaggio e il freddo aumentava, così come i brividi e il mal di testa. Dopo diverse ore, nelle quali mi limitai a farmi sbattere a destra e sinistra dai movimenti del furgone, cominciai ad avere uno stimolo, dovevo andare in bagno ma non sembravano intenzionati a fermarsi di nuovo a breve. Cercai di resistere ma dopo qualche altra ora non ci riuscii più, dovevo trovare il modo per farmi sentire al più presto. Cominciai a dare colpi contro le lamiere, sbattevo con forza le braccia, anche la testa a volte, iniziavo a stare male, mi pulsava la vescica, ma più sbattevo e più mi sentivo stanca, il freddo era sempre più intenso e io sempre più debole. I colpi facevano male, di sicuro ero piena di lividi e anche qualche taglio ma, proprio quando stavo perdendo le speranze mi tirarono fuori. Caddì per terra, non mi reggevo in piedi e c'era molto più freddo di quanto pensassi ma lo stesso che mi aveva fatto bere mi tirò su e mi mise in piedi. Iniziai subito a dimenarmi e a dire <<toilette>> così qualcuno mi trascinò da qualche parte ma ovviamente non riuscii a vedere, sentivo solo lo sterrato sotto i tacchi e inciampai più volte, quando finalmente ci fermammo. Mi sentii toccare i fianchi e le mani scendere fino alla mia brasiliana, mi allontanai di scatto da quel tocco ma mi riprese e mi disse <<without slip toilette>> e in effetti aveva ragione. Lo lasciai fare e appena mi spogliò si allontanò di un passo per lasciarmi fare. Questa si che era privacy. Cercai di non sporcarmi né le scarpe né le calze e con una certa fatica ci riuscì così appena finii, l'uomo mi rivestì e mi prese di peso fino al furgone dove mi sdraiò lì dentro, chiuse e ripartimmo. Continuava a passare il tempo e io iniziai a raggomitolarmi su me stessa cercando di acquistare calore, ma senza risultati, mi sembrava di essere nuda in mezzo alla neve, le labbra mi si spaccarono e il sapore del sangue non tardò ad arrivare. Erano troppo sensibili ma soprattutto dopo il trattamento che mi avevano riservato prima di partire, non si era mai richiuso quel taglio e così ricominciò a sanguinare. Ero sempre più debole, anche il naso iniziò a sanguinare, mi succedeva sempre da piccola, se uscivo vestita leggera mi usciva sangue dal naso, ma ultimamente non più. Chiusi gli occhi, senza rendermene conto e non capii più nulla, cadendo in un sonno senza sogni. Immagini sconnesse di quei giorni mi scorrevano davanti gli occhi: gli schiaffi, i calci, il volto di mia madre quando scappavo dalla casa di Rachele e Giacomo, la cella e poi il caldo, gli specchi. Mi svegliai di soprassalto, ero sudata, un sudore freddo che mi scendeva dalla fronte, avevo voglia di strappare le corde e il cappuccio ma sentivo di non avere le forze, la testa girava e un colpo di tosse mi spezzò il fiato. Mi faceva male tutto, sentivo il freddo dentro le ossa ed ero praticamente paralizzata, tremavo maledettamente ed ero sicura che fuori ci fosse una temperatura sotto lo zero. Aprirono il mio sportello e mi tirarono fuori, misi i piedi a terra e sprofondai nella neve bagnandomi i piedi e le gambe e i brividi e la tosse aumentarono. Dopo i primi passi, le ginocchia cedettero e caddì congelandomi completamente, ma continuavo a sudare e non mi rendevo più conto di quanto sangue stessi perdendo dal naso. Mi alzarono di peso e, ad un certo punto, sentii un calore immenso quasi soffocante dopo tutto il gelo che avevo sentito in quei giorni e una luce molto forte mi colpii, peggiorando il mio mal di testa e le vertigini che cominciavo a sentire. Mi sentii buttare a terra sbattendo le gambe e le braccia e, finalmente, quel sacco soffocante fu tolto ma andò molto peggio a quel punto, perché quella luce per me che ero stata più di due giorni al buio totale era troppo forte. Mentre ero ancora distesa sul fianco a terra con il volto coperto dai capelli, mi tirarono per un braccio e mi misero in ginocchio anche se non riuscivo a stare ferma in quella posizione, mi sentivo troppo male e a mala pena aprii gli occhi in due fessure dalle quali non distinsi altro se non un pavimento chiaro e lucido e le luci calde che riflettevano su di esso. I brividi mi scuotevano come se prendessi la scossa ogni secondo e mi sentivo il viso sporco di sangue così come i polsi. Sentii dei passi avvicinarsi e fermarsi davanti a me ed entrarono nel mio campo visivo un paio di scarpe da uomo eleganti, non riuscivo ad alzare la testa per vedere il resto della persona che avevo davanti ma di una cosa ero certa: era lui il mio padrone.

Angolo autore:
Ciao a tutti, ecco il nuovo capitolo, vi chiedo scusa per il ritardo ma ci ho messo un po' per finirlo, non sapevo bene come concluderlo. Già da domani inizio l'altro in cui conosceremo questo misterioso uomo e vedremo come si comporterà con Ambra, forse meglio del previsto o forse no.
Al prossimo capitolo.

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