Capitolo 18

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Cominciavo a capire il motivo per il quale i carcerati iniziavano a studiare, una volta in cella. Faceva sembrare le giornate meno lunghe, meno grigie, mi impegnava tenendomi lontana da tutti quei pensieri parassiti. Dovevo ammettere che non avevo scelto proprio la lingua più facile da imparare in così poco tempo, solo solo per ricordare tutte quelle lettere con relativi accenti e pronuncie mi era costato ore e ore di memorizzazione e ancora faticavo a ricordarle tutte, ma almeno non potendo suonare più il piano, c'era qualcos'altro che mi aiutava a non pensare troppo e lasciarmi trascinare da quel fiume in piena di ricordi che la mia mente mi metteva davanti gli occhi costantemente. Ero lontana da quel livello di conoscenza che mi avrebbe permesso di relazionarmi con altre persone però ero ottimista, avevo ancora tempo a disposizione e avrei imparato almeno ciò che mi serviva.
In quei giorni Masha non era venuta, la malattia della cugina la costringeva a restare al suo fianco, e lo capivo, ma mi mancava la sua compagnia. In compenso, Andrej tornava a casa molto prima rispetto ai giorni passati e quindi, anche se non ci vedevamo mai se non a cena, percepivo la sua presenza grazie al rumore provocato da quel suo continuo passeggio nello studio, per non parlare del rumore dei cassetti che si aprivano e chiudevano, dei bicchieri che costantemente venivano riempiti e dell'odore di fumo che usciva dalla porta. Veramente un coinquilino molto discreto.
Anche quando eravamo a cena parlava poco e quel poco era sempre in tono nervoso e insofferente, totalmente insopportabile. Erano eravamo già arrivati alla vigilia di Natale e quella sera, come aveva già anticipato lui, non accade nulla di diverso dalla routine quotidiana, se non fosse per un inaspettato invito.
<< Fra un'ora vieni nel mio studio, devo darti una cosa. >> mi disse a fine cena mentre saliva le scale. A quanto pare gli piaceva parlare dandomi le spalle. Tornai nella mia stanza e per tutta l'ora che precedeva quell'incontro la mia curiosità mi tormentò. Non mi erano mai piaciute le sorprese, ancora meno quando erano fatte da persone delle quali non mi fidavo per niente, come lui.
Cercai di distrarmi leggendo un libro che avevo trovato in biblioteca e quando mi girai verso l'orologio posto sulla scrivania erano già le 23:00. Chiusi il libro e lo lasciai sulla poltrona, mi alzai sistemandomi i jeans e uscii chiudendomi la porta alle spalle.
Indugiai qualche secondo prima di bussare al suo studio, ero un po' agitata, non mi piaceva l'idea di stare nella stessa stanza con lui dopo che aveva avuto tutto il tempo di bere non so quanto scotch e d'altronde avevo ragione, l'ultima volta non era finita proprio come me l'aspettavo. Anche se quel bacio mi aveva lasciato qualcosa, è vero, non volevo ammetterlo neanche a me stessa, soprattutto a me stessa, ma la parte maliziosa di me continuava a riportarmi a quelle sensazioni...
Bussai e poco dopo sentii la sua voce profonda che mi diceva di entrare.
Apri la porta e lo vedi lì, seduto sulla poltrona, con una sigaretta in una mano e un bicchiere nell'altra, aveva una serie di documenti davanti e li divorava letteralmente con gli occhi, infatti alzò gli occhi per guardarmi solo quando richiusi la porta, rivolgendomi un frettoloso sguardo distratto.
<< Siediti al piano e suona lo spartito che trovi aperto sul leggio. >> detto questo tornò alle sue carte. In quei giorni era capitato un paio di volte, mi faceva suonare due o tre brani e mi mandava via, come se fossi una compilation di YouTube che appena ti annoia metti in pausa. Mi andai a sedere sullo sgabello e inizia a schiacciare i tasti, aveva scelto un brano che da uno come lui non mi sarei mai aspettata, uno di quei brani che esprimeva profonda malinconia e forse anche una certa nostalgia, sentimenti che non gli avrei mai attribuito, piuttosto avrei pensato a un brano che suscitava prepotenza e manie di protagonismo.
Le note del secondo notturno op. 9 di Chopin scorrevano veloci sotto le mie dita e accarezzavano i miei timpani, non so perché ma quella melodia mi toccò l'anima in una maniera tale che alcune lacrime scesero da sole, non sapevo perché, non stavo pensando a niente, però era come se riuscissero a ferirmi o magari solo a commuovermi.
Ero così assorta che non mi resi conto del fatto che Andrej nel frattempo si era alzato e stava con la schiena appoggiato al piano, così quando riaprii gli occhi lo trovai lì a fissarmi, con gli occhi di chi ti vuole leggere dentro, ma sulle labbra quel suo sorriso amaro; non mi aspettavo di trovarmelo davanti e sobbalzai tanto che, se non mi avesse presa per il braccio sarei scivolata come la volta precedente.
<< Comincio a credere di farti uno strano effetto. >> mi disse con una risatina sorniona mentre io mi stavo ancora rendendo conto di essere quasi finita di nuovo con il sedere per terra e cercavo di tirarmi su facendo leva sul suo appoggio.
<< Se la smettessi di farmi spaventare, magari mi faresti un effetto diverso, non credi? >>
<< Sei più interessante quando sei distratta. >> aggrottai la fronte, era un complimento? Lasciò il mio braccio e si andò a sedere alla scrivania, invitandomi con un cenno a sedermi sulla poltroncina di fronte a lui. L'ordine regnava sovrano in quello studio, così come un po' in tutta la casa. La stessa scrivania, che io per prima non riuscivo a tenere sgombra da cianfrusaglie, era un tripudio di ordine ed equilibrio, un irritante ordine ed equilibrio.
Lo vidi smanettare con alcuni cassetti fino a quando non tornò a sedere composto e mise una scatola rivestita da velluto blu davanti a me, mi ricordava tanto una di quelle che si vedono nei film, dalle quali escono gioielli impressionanti. Lo guardai un po' interdetta, quest'uomo riusciva a confondermi come nessun altro, mi stava facendo un regalo?
<< Ehm.. Cos'è? >> chiesi con voce dubbiosa e un sopracciglio inarcato.
<< Un regalo per te. >> mi rispose con voce compiaciuta.
<< Ma non ti illudere, diciamo che mi serviva farti questo regalo. >> ora era tutto più chiaro.
<< Non lo apri? >> mi avvicinò la scatola, mettendola praticamente sotto le mie mani e appena la aprii rimasi letteralmente a bocca aperta.
Una parure di brillanti mi folgorò con la sua bellezza: una collana con un sottile filo di brillanti che diventavano man mano più spessi creando un pendende, un paio di orecchini anch'essi pendenti e un tennis riflettevano la luce soffusa dello studio facendomi sgranare gli occhi.
<< Oh, wow, sono spettacolari, grazie, ma sono veramente troppo. >>
<< Io non esagero mai, sono esattamente quello che servono. >> un vero re della modestia. Si appoggiò con i gomiti sulla scrivania e incrociò le dita delle mani fissandomi, mentre io non riuscivo a togliere gli occhi da quel magnifico esempio di artigianato.
<< Vorrei capire perché dici che ti serviva farmi questo regalo, come potrebbe tornarti utile il fatto che io li indossi? >> gli chiesi guardandolo negli occhi e perdendomi in quel mare in tempesta. Giurai di vederlo irrigidirsi a quella domanda, ma considerando il suo costante atteggiamento era difficile capire se fosse vero o solo una mia impressione. Si alzò e si girò verso la vetrata, lasciando passare qualche secondo di imbarazzante silenzio.
<< Andremo a Mosca per Capodanno, devo vedere delle persone per lavoro ed è abbastanza importante che tu sia splendida. >>
<< Se è lavoro perché devo venire anche io? >> la cosa cominciava ad insospettirmi, non vedevo l'utilità di portarmi ad una festa di lavoro o qualunque cose ci fosse di organizzato, poteva benissimo portare una collega o "un'amica".
<< Ho bisogno di un'accompagnatrice e dato che so a cosa stai pensando, la risposta è no, non puoi restare. >>
Avevo appena aperto la bocca per controbattere ma mi zitti prima ancora che una timida lettera potesse uscirmi dalle labbra.
<< E no non posso portare nessun'altra, ma in ogni caso voglio che sia tu a venire con me. >>
Mi appoggiai allo schienale imbottito della poltrona e lo guardai con esasperata rassegnazione, mi era ben chiaro che non mi avrebbe lasciato a casa, ma perché dovevo andarci io, dai non uscivo da quella casa da settimane e soprattutto sarei dovuta stare in una sala piena di persone che neanche capivo o comunque a stento, interpretando la parte della bella pupa che accompagna il ricco uomo d'affari, indossando questa fittizia normalità, sfoggiando sorrisi di ipocrisia e dolci sguardi di falso consenso. No, non ci volevo stare, ma non avevo scelta, sia perché se mi fossi ribellata ne avrei pagato le conseguenze e sia perché in ogni caso aveva già deciso, non avrebbe cambiato idea. Insomma ero fregata. Nel frattempo, appoggiando la schiena contro la fredda vetrata e incrociando le gambe, accese un'altra sigaretta e con occhi assenti fissò la porta per qualche secondo, giusto il tempo di far riempire la stanza di una soffice nuvola di fumo e sinceramente non mi sarebbe dispiaciuto fare un paio di tiri, ma avevo smesso e non dovevo cedere al richiamo delle sirene.
<< Partiremo il 31 mattina e torneremo il 2 nel pomeriggio, metti in valigia il vestito con la gonna nera e il corpetto verde smeraldo che si incrocia dietro il collo lasciando la schiena scoperta, pellicciotto nero e scarpe alte di vernice. Per il resto scegli tu ma ti consiglio di prendere maglioni e pantaloni pesanti, stivali e tutto il resto. La notte del 31 saremo in piazza e in genere la temperatura è intorno ai -25 gradi. >> gli occhi per poco non mi uscirono dalle orbite e stavo quasi per strozzarmi con la mia stessa saliva, era più pazzo di quando pensavo, -25 gradi? Voleva veramente farmi stare all'aperto con -25 gradi?
<< Aspetta aspetta, tu vorresti dire che dobbiamo stare all'aria aperta con una temperatura del genere? Io non ci sono abituata, non sono mai stata in posti che avessero temperature al di sotto dei -5 gradi. >>
Mi guardò divertito, sicuramente nella sua mente si stava sbellicando dalle risate, mentre io ero più che sicura che sarei morta in ipotermia. Si tornò a sedere davanti a me e spense la cicca nel posacere, come faceva ad essere sempre così compassato?
<< Tranquilla nel tuo armadio troverai tutto ciò che ti serve per resistere al freddo, non ho intenzione di farti congelare anche perché non avrei motivo di sprecare tutti i soldi che ho speso per te, non sono così sprovveduto. >> giusto, effettivamente avrà pagato una certa cifra per avermi e un uomo di affari non sperpera così il denaro.
<< Bene, in ogni caso non credo di avere molta scelta. >> mi alzai e feci per andarmene.
<< Aspetta. >> mi voltai verso di lui che nel frattempo mi veniva incontro, accorciando la distanza fra di noi a solo pochi centimetri. Ogni volta che lo vedevo a questa distanza non potevo non notare quanto fosse bello, un metro e novanta di virilità e allo stesso tempo di eleganza, fascino e stronzaggine.
<< In questi due giorni mi devi promettere che ti fiderai ciecamente di me, qualsiasi cosa io ti dica di fare, intesi? >> dietro il suo bel muro di autorità notai una certa tensione, quasi come se fosse preoccupato per qualcosa.
<< Non mi sono mai fidata di te, perché dovrei cominciare adesso? >>
senza volerlo le parole mi uscirono in tono di fida, presuntuose, scontrose.
<< Perché anche se ti verrà difficile crederci, io sono l'unico in grado di proteggerti. >> e da quando lui mi voleva proteggere?
<< Io non voglio la tua protezione, anzi, vorrei solo andarmene e tornare a casa, lontano da te e da tutto questo sistema malato. >> tutto l'odio accumulato iniziava a farsi strada prima in gola, poi in bocca fino ad aprire forzatamente le mie labbra e ad uscire fuori, non riuscivo più a trattenerlo.
Andrej cambiò espressione, la mascella serrata e gli occhi socchiusi, si stava arrabbiando, ma non mi importava, anzi, forse sarei riuscita a togliermi qualche peso che avevo sullo stomaco.
<< Se non lo farai con le buone, lo farai con le cattive. >> mi afferrò il polso e mi fece sbattere la schiena contro il muro, sovrastandomi con il suo corpo. Sentivo il suo fiato che puzzava ancora di fumo invadermi le narici, il calore del suo corpo che si mischiava con il mio e il suo torace che si allargava e si restringeva quasi affannosamente.
<< Non provare per nessun motivo a scappare o ad allontanarti da me, non andresti molto lontano e non solo perché io ti prenderei praticamente subito, ma perché se non fossi io a farlo, lo farebbe uno di tutti quegli uomini ubriachi fradici che vorrà passare la notte in compagnia di qualsiasi essere dotato di una vagina  che non è stata abbastanza sveglia da non restare da sola. >> rimasi fulminata da quelle parole, voleva veramente farmi credere che c'erano solo stupratori ubriachi in giro in una notte come quella? A parer mio era una grande fesseria, ma sicuramente qualcuno ci sarebbe stato ed aveva ragione a dire che poteva essere pericoloso, però chissà...
<< Okay hai ragione, potrebbe essere pericoloso. >> allentò leggermente la presa sul mio corpo giusto quel poco che serviva per poterci guardare negli occhi, nella penombra dello studio erano così blu che sembrava di poterci cadere dentro, così magnetici.
<< Perché mi devi sempre fare incazzare? >> il suo tono era così vellutato, così intrigante, voleva forse provocarmi?
<< Beh sei più bello quando sei arrabbiato. >> bene, avrei risposto alla provocazione.
<< Mi copi le battute? >>
<< L'ho presa in prestito. >> l'atmosfera, che fino a quel momento era stata tesa, cominciò a diventare un misto tra sfida e seduzione, era come se la mia mente cercasse di evadere con quei giochetti ammaliatori, spregiudicati.
<< Non mi piace prestare ciò che è mio. >> vedevo crescere nei suoi occhi questa voglia di sfida, sì, ci stavamo sfidando a chi resisteva di più a questo "flirt" eccitante.
<< Infatti non ti ho chiesto se potevo farlo. >> e fu a quel punto che veloce come un ghepardo sulla preda, mi prese per i fianchi e mi sollevò appoggiandomi con la schiena al muro. Istintivamente incrociai le gambe sul suo bacino e le braccia dietro il collo per restare in equilibrio e ci ritrovammo così, occhi negli occhi, sentivo il suo profumo che mi stuzzicava le narici ma...
No, era sbagliato, non dovevo cedere di nuovo, la passione non avrebbe avuto la meglio, così quando le sue labbra erano talmente vicine da poterne sentire il calore, girai il viso e quel bacio finì sulla mia guancia. Prima che lui potesse fare o dire qualcosa, mi sganciai da quell' abbraccio serrato e mi allontanai, Andrej mi guardò perplesso e stordito, come se avesse preso una mazzata in testa e quando cercò di avvicinarsi verso di me io indietreggiai fino ad arrivare alla porta.
<< Non possiamo Andrej, non siamo amanti né altro, anzi, siamo quanto ci sia di più sbagliato per lasciarci andare, complicheremmo solo le cose e credo che non serva a nessuno dei due. >> non aspettai la sua risposta, girai su me stessa e uscii dallo studio andandomi a rinchiudere nella mia stanza. Cazzo. Che mi stava succedendo?

Angolo autore:
I desideri cominciano a non poter essere più frenati, ma Ambra non si arrende, deve riuscire ad evitare che questa passione prenda il sopravvento, ma a Mosca ci sarà una sorpresina interessante.
Al prossimo capitolo.

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