Capitolo 14

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La città scorreva veloce fuori dal finestrino ma per me in quel momento, era solo una massa informe di luci e colori. Quelle scene continuavano a passarmi prepotentemente davanti gli occhi, non riuscivo a togliermele dalla testa, esisteva davvero tutto questo? Non lo avevo creduto possibile fino a quel momento, e tutte quelle ragazze? Nessuno le cercava? Avranno pure avuto una famiglia alla quale erano state sottratte, come me d'altronde...
Chissà se i miei genitori mi stavano cercando, se avevano trovato qualche indizio, qualche traccia, qualsiasi cosa che li portasse a me...
Ma come avrebbero potuto trovarla, ero scomparsa come risucchiata dal suolo, nessun indiziato, nessun apparente motivo ed effettivamente il motivo non c'era. Chiamatela sfortuna, accanimento del destino, eppure tutti i passanti che a quell'ora di notte si trovavano per strada vedevano solo una giovane coppia elegante sfrecciare per le strade in Porsche, chi avrebbe mai potuto sospettare? Quale ragazza non avrebbe voluto essere al mio posto? Già, chi non avrebbe voluto essere al fianco di un uomo giovane, bello, probabilmente anche molto ricco e intelligente, indossando un abito da sera, andando e tornado da serate lussuose? Che brutta cosa l'apparenza, fa sembrare tutto così distorto, fittizio e tutti crediamo che sia la verità, quando in realtà assolutamente niente è come sembra e noi siamo solo sovrasti dall'illusione.
Senza neanche accorgermene eravamo arrivati a casa, scendemmo nel garage e scesi dalla macchina. Mi diressi velocemente verso l'uscita ma la trovai chiusa e non mi piacque per niente, mi girai di scatto e vidi che mi fissava appoggiando la schiena sullo sportello della macchina.
<< Vuoi già andare via? >> lo sguardo malizioso sul suo viso era inquietante.
<< È l'unica cosa che voglio fare. >>
<< Non hai niente da dirmi o magari qualche spiegazione da chiedere? Pensavo che questa piccola lezione ti avesse lasciato qualcosa. >> la mia mente percepì quella frase come una chiara provocazione e non ci vidi più dalla rabbia. Mi diressi verso di lui velocemente, quasi correndo, il rumore dei tacchi risuonava in tutto il garage e vidi sul suo viso una certa espressione di sorpresa, tant'è che si raddrizzò pronto al contrattacco. Quando ci trovammo faccia a faccia, presi il bavero della sua giacca e lo spinsi sulla macchina, sporgendomi sopra di lui. Non so dove presi il coraggio per fare un gesto del genere, ma la rabbia mi aveva fatto perdere completamente la lucidità, non ero un tipo nervoso ma quello era veramente troppo.
<< Non immagini neanche cosa ti farei in questo momento quindi ascoltami bene: non so chi tu credi di essere, nè in che tipo di giri sei invischiato ma non mi interessa, non mi interessa niente di te nè della tua vita di merda, ma non scherzare neanche per un istante su ciò che abbiamo visto. Hai idea di cosa cazzo stanno passando quelle ragazze? Te lo sei mai chiesto? L'hai mai immaginato? Ovviamente no, perché avresti dovuto? Dopotutto sono solo carne da macello per quelli come te, non hanno un'anima, un cuore, un' intelligenza, una dignità con cui giocate, che vi divertite a calpestare ogni volta che le toccate senza il loro consenso. Ma che importa? Tanto loro non sono nessuno. Ho capito cosa volevi insegnarmi, che mi dovrei ritenere fortunata a stare qui, in una bella casa, in compagnia di un uomo giovane e bello come te invece che a fare la puttana del primo che capita. Beh sai che ti dico? Sarai anche esteticamente migliore di quegli uomini, avrai anche una reggia nella quale mi fai stare quando quelle povere ragazze trattate come bestie vivono in una cappa di fumo e droghe, sotto terra, senza mai vedere il sole, ma sei esattamente come loro. Ti diverti a tormentarmi, a fare il padrone, a farmi capire "chi è che comanda" ma mi fai solo schifo. Detto questo, per quanto mi riguarda, fai quello che vuoi di me, uccidimi, vendimi, picchiami, violentami, ma non mi piegherò mai per paura, l'ho già fatto, ma vedendo quelle ragazze ho imparato la mia lezione e penso proprio che non equivalga alla tua. >> Per tutto il tempo mi guardò impietrito, senza muoversi, senza respirare, quasi come se lo avessi congelato. I suoi occhi non erano più vuoti ma non capivo, cos'è che vedevo? Paura? No, non poteva essere. Ammirazione? Forse.
Gli lasciai il bavero e feci un passo indietro, non distolsi lo sguardo, lo fissavo dritto negli occhi, ero pronta ad una sua reazione di qualunque tipo. Ancora stordito, si sistemò la giacca e senza dire una parola girò i tacchi, aprì il garage ed uscì, io lo seguii ed entrammo in casa. Senza neanche girarsi, salì le scale e con passi lenti entrò nella sua stanza e richiuse la porta alle spalle.
Non mi aspettavo quella reazione, di una passività inimmaginabile. Andai in cucina, presi un bicchiere d'acqua e mi sedetti al tavolo, stavo cominciando a chiedermi cosa avrebbe fatto l'indomani o i giorni a seguire, sicuramente non avrebbe lasciato le cose per com'erano. Dopo pochi minuti salii anche io e mi chiusi nella mia stanza, tolsi le scarpe, sfilai velocemente il vestito e i gioielli e mi avvolsi in una calda giacca da camera, andai in bagno, lavai i denti e la faccia e sprofondai nel letto. Mi sembrava di fare ognuno di quei gesti per l'ultima volta, ero sicura mi avrebbe mandato via. Ma non mi importava, forse sarebbe stato addirittura meglio, sarei stata "libera" almeno da lui. Mi girai verso la finestra, la luna illuminava la stanza di una pallida luce biancastra che faceva sembrare il tempo sospeso, impalpabile, mi aveva sempre trasmesso una certa ansia ma mi affascinava moltissimo, soprattutto in quel momento mi dava l'impressione di essere fuori dalla realtà, una realtà opprimente e tremendamente triste.
Mi girai e rigirai nel letto per ore credo, ma niente, non riuscivo a dormire, avevo quella dannata pulce nell'orecchio che non voleva smettere di infastidirmi. In quei giorni non avevo mai pensato all fuga, eppure non sarebbe stato molto difficile, dopotutto la mia camera era a primo piano e calarsi dal balcone non sarebbe stato un problema. Il problema erano le telecamere di sorveglianza che ero sicura ci fossero, almeno lungo il perimetro del grande giardino. Se fossi scappata sarei potuta andare dalla polizia e denunciare quel casinò e tutto il resto, ma come sarei arrivata dalla polizia? Non sapevo dove andare, non avevo un telefono o una macchina. O forse la macchina l'avrei potuta avere. Per prendere la macchina sarei dovuta uscire dalla porta principale e questo avrebbe complicato le cose ma Andrej dormiva, come avrebbe fatto a sentirmi? Mi misi seduta al centro del letto e cercai di immaginare tutto il mio piano realizzato.
Ma cosa stavo escogitando, la mia condanna a morte? Dovevo essere impazzita per pensare che avrebbe funzionato, e allora perché tutto sembrava così semplice nella mia mente? Valeva la pena rischiare?
Probabilmente si, tanto mi avrebbe mandato via comunque.
Mi alzai dal letto e non accesi neanche la luce, come se mi potesse vedere pure lì e mi diressi verso l'armadio, presi un jeans e un maglioncino e un paio di stivaletti di pelle ovviamente senza tacchi, nonostante dentro quell' armadio praticamente qualsiasi scarpa fosse con tacchi vertiginosi, e un cappotto. Aprii lentamente la porta, guardando da ogni parte del corridoio ma non c'era nessuna traccia di Andrej e quasi in punta di piedi, totalmente avvolta nel buio più pesto, scesi le scale cercando di non inciampare, era un buio fitto, come se nulla potesse squarciarlo. Arrivata al piano di giù però notai una piccola luce venire da una piccola stanza nella quale avevo visto più volte Andrej leggere, una piccola biblioteca insomma. Porca miseria era sveglio e la porta era aperta, ovviamente lo spiraglio perfettamente puntato nella mia direzione. Mi paralizzai, dovevo pensare velocemente, al più sottile rumore mi avrebbe sentito e sari stata rovinata, però restare lì ferma non era neanche una buona idea. Mi spostai velocemente dal fascio di luce puntato su di me, ma proprio in quel momento vidi Andrej che barcollando si appoggiava sulla scrivania e in una mano reggeva un bicchiere pieno di whiskey. Si era ubriacato? Di bene in meglio direi. Se mi avesse visto da ubriaco temevo ancora di più la sua reazione, e naturalmente accadde proprio questo. Si girò di scatto come se avesse sentito i miei occhi puntati su di lui e mi fulminò con lo sguardo un po' assente. Fine dei giochi. Non aveva senso scappare o nascondersi, mi aveva visto e stava venendo verso di me strisciando i piedi, aveva tolto la giacca e la cravatta lasciando il gilet e la camicia con le maniche arrotolate in maniera grossolana. Dovevo pensare velocemente ad una scusa plausibile che giustificasse perché ero lì, vestita come se stessi uscendo, a notte fonda.
<< Che ci fai qui? >> si era avvicinato tanto da sentire il forte odore di alcool nel suo fiato.
<< Avevo sete, stavo andando a prendere un bicchiere d'acqua. >> Non ci avrebbe creduto nemmeno un bambino, non ero mai stata brava ad inventare bugie ma quella volta fu proprio patetica e, come se non bastasse, la mia voce vagamente tremante a causa del cuore che batteva all'impazzata, mi tradiva ancor di più.
<< Ti sembro un idiota o cos'altro?>>
Non sapevo cosa rispondere, idiota sicuramente no ma grand pezzo di merda si. Si allontanò leggermente da me e, dandomi le spalle, fece come andare verso uno dei divani del salotto con ancora il bicchiere in mano dal quale bevve un altro gran sorso. Lo osservavo, si muoveva lentamente, con sguardo perso e depresso, come ogni qual volta si ci sbronza pesantemente. Posò il bicchiere su uno dei tavolini del salotto e tornò verso di me, passi lenti e sbilenchi ma sguardo fisso, inquisitorio, dovevo provare a farmi vedere calma e cercare di non tradirmi con le mie stesse bugie.
<< Ti dico io come sono andate le cose. Volevi fuggire, ma non una fuga impulsiva, no, altrimenti ti saresti calata dalla finestra, volevi prendere qualcosa, ti serviva qualcosa che si trova qui giù. Del cibo? No, potevi procurartelo anche fuori da questa casa. Soldi? Non sapresti dove trovarli. >>
Mi aveva messo con le spalle al muro e si era appoggiato ad esso con una mano, perfettamente in linea con la mia guancia destra. Si fermò per un momento da questo flusso di pensieri, guardava fisso a terra mentre io guardavo lui cercando di capire e forse prevenire qualsiasi reazione.
<< No, no, cercavi qualcosa che sapevi dove trovare, qualcosa che ti sarebbe servita per poterti allontanare velocemente. >>
Merda l'aveva capito, ma come aveva fatto? Da ubriaco, in pochi secondi, aveva ricostruito un piano di fuga, sicuramente imperfetto e assolutamente improvvisato, ma aveva pure capito ciò che avevo pensato o che avrei potuto pensare. Alzò lo sguardo e mi fissò con un sorriso sarcastico.
<< Volevi prendere la macchina? Certo sapevi dove trovarla e dove erano le chiavi. Complimenti. Bel piano. >> il sorriso si trasformò in un ghigno, il respiro si fece un po' più affannoso, strinse le labbra e la mano che era appoggiata al muro divenne un pugno stretto. Mi avrebbe colpito, me lo sentivo. Si allontanò dal muro di qualche passo e fu questione di un attimo, quel pugno di scagliò ad un centimetro dal mio viso, dritto sul muro, con un forza tale che sentii le ossa della sua mano scricchiolare.
Mi serrò le spalle con le mani e mi fece sbattere la schiena contro il muro, con una rabbia mai vista prima. Non sapevo che fare, non volevo reagire, volevo capire, sapevo che avrebbe detto qualcosa, qualcosa di diverso dalle solite minacce.
<< Cazzo ma non lo capisci? Proprio non ci arrivi. Ti riempi la bocca di bei discorsi ma in fondo non hai capito niente. Lì fuori, oltre quella porta, non c'è solo la libertà che stai cercando, c'è anche di peggio rispetto a ciò che hai visto stasera e non sottovalutare la possibilità di finire in situazioni che neanche immagini. >>
<< Questa ti sembra tanto più immaginabile?>> lo rimbeccai, volevo farlo parlare il più possibile, in quello stato avrebbe potuto dire qualunque cosa.
<< Questo non è niente in confronto a ciò a cui mi riferisco, tu non sai un cazzo e pensi di essere la vittima delle vittime, che peggio di come ti è andata non poteva andarti, sei una bambina che sa solo piagnucolare. Se sapessi come stanno le cose baceresti terra per la fortuna che hai avuto e che ti ostini a non vedere. >>
Le parole gli scapparono  letteralmente dalle labbra e tutti e due sgranammo gli occhi, lui per ciò che aveva detto e non voleva dire e io per ciò che non immaginavo neanche di sentirgli dire. Verità? Quale verità? Cos' era che ancora non sapevo? Cos'altro c'era da sapere?
Volevo andare più a fondo a quella storia, volevo scoprire a cosa si riferisse e speravo di poter approfittare della sua sbronza per farlo confessare ma non fu così. Si allontanò bruscamente da me, borbottando varie imprecazioni con una mano sulla fronte e l'altra in tasca e si lasciò cadere sul divano. Non sapevo che fare, se avvicinarmi o restare ferma, se parlare o stare in silenzio. Mentre ero ancora indecisa su cosa fare, si alzò di scatto come elettrizzato e iniziò a dire cose sconnesse e confuse, girando per la stanza e guardandomi di tanto in tanto, non l'avevo mai visto così e non avrei mai neanche immaginato di vederlo in questo stato.
<< Non chiedermi di quale verità sto parlando, non posso dirtelo, non ora, altrimenti... Cazzo... Ma che sto facendo...>> nonostante lo odiassi, mi faceva veramente pena in quel momento, non sarei riuscita ad approfittare di una persona in queste condizioni, girava per la stanza come un animale in gabbia, annientato da un segreto forse troppo grande, ma quale? Cercai di avvicinarmi a lui, piccole gocce di sudore brillavano sulla sua fronte e sul suo collo, gli occhi che cambiavano direzione costantemente, il loro colore era diventato più scuro, il blu oltremare sembrava quasi nero e le palpebre che si chiudevano ed aprivano senza sosta.
<< Calmati Andrej, non è successo niente, stai tranquillo. Non ti chiederò nessuna spiegazione, ma intanto pensa a rilassarti. >> gli presi le mani, erano così calde, quasi bruciavano mentre le mie erano praticamente congelate, come sempre in quegli ultimi giorni.
<< No tu non capisci, non posso fare questo genere di errori, non adesso... Non devi sapere... >> continuava a muoversi quasi convulsamente, non c'era modo di farlo fermare. Lasciò le mie mani e ricominciò il suo girovagare, non poteva continuare così, gli andai dietro, lo costrinsi a girarsi verso di me e gli presi il viso fra le mani. I miei occhi si tuffarono nei suoi, troppo belli per appartenere ad un uomo come lui, ma erano così magnetici, così profondi.
<< Ascoltami, non succederà nulla, non voglio sapere nulla e nessuno saprà di questa discussione, sarà un nostro segreto va bene? >>
Non disse nulla ma restò a fissarmi intensamente, troppo intensamente...


Angolo autore:
Bentornati con il nuovo capitolo, si sta facendo intrigante? Spero veramente di sì e di aver stimolato la vostra curiosità con un finale un po' sospeso, vedremo nel prossimo cosa succederà dopo questo gioco di sguardi.
A prestissimo.

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