Capitolo 23

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Nonostante la mia mente mi stesse ripetutamente ordinando di fermarmi prima di fare qualcosa della quale mi sarei sicuramente pentita, il mio corpo e il mio cuore non volevano saperne di obbedire. Così lasciai che Andrej, senza staccare neppure un attimo le sue labbra dalle mie, mi facesse distendere sul letto, scivolando su di me sorreggendosi con le braccia e, veloce ed elegante come un ghepardo, si distese supino passando un braccio attorno al mio girovita e tirandomi su di sé, per evitare di pressare sulla ferita. Quei baci divennero sempre più accesi, più spinti, più prepotenti, le nostre lingue avevano iniziato una guerra all'ultimo sangue e nessuna delle due aveva intenzione di arrendersi; la sua stretta sulla mia schiena si fece più ferrea mentre io intrecciavo le mie braccia dietro al suo collo e tuffavo le dita tra i suoi capelli morbidi e profumati, sentivo i muscoli tendersi e il desiderio di lui premere contro il mio basso ventre, insistentemente, irrefrenabilmente.
Tutto di lui faceva aumentare la smania di farlo mio: le sue labbra così brucianti, quel corpo statutario che si tendeva ad ogni movimento, quella pelle così liscia e vellutata e quelle mani esperte e sicure che iniziavano a farsi strada sotto la mia maglietta, sollevandola lentamente, scoprendo la medicazione fatta poco prima e il ricordo delle cicatrici lasciate dalla mia permanenza in quel mercato di essere umani. Non opposi alcuna resistenza quando sfilò via il reggiseno bianco che indossavo e mi sorpresi di me stessa quando gli tolsi con altrettanta maestria il maglione bordeaux, sotto al quale notai diversi lividi e cicatrici, alcune recenti e altre meno, segni di lotte e di chissà quale passato del quale non sapevo nulla.
Quel pizzico di lucidità che mi era rimasta si spense velocemente quando la mia pelle entrò in contatto con la sua, il mio seno sul suo petto largo e tonico e, mentre le sue dita percorrevano la mia colonna dal bacino fino alla nuca, brividi frenetici si facevano largo lungo la schiena.
Quella notte non esisteva nulla a parte quella stanza del Metropol di Mosca, nulla a parte due giovani legati da un legame che nessuno avrebbe mai potuto comprendere, due giovani che avevano bisogno di annebbiare un po' la mente, seppur per motivi diversi, nulla a parte un desiderio malato che li portava a stringersi sempre più, a volersi sempre più, a scoprirsi sempre più e a farsi male sempre più. Sì, in fondo sapevamo entrambi che a giocare con il fuoco si ci brucia, ma quanto possono essere affascinanti le fiamme?
La sua bocca scese sul mio collo lasciando una scia di morsi e baci famelici, costringendomi ad abbandonare la testa all'indietro e nel frattempo le sue mani si facevano strada fino alla cintura, sfilando velocemente i miei pantaloni. Quando anche questi finirono sul pavimento, non persi tempo a ricambiare il gesto e ci ritrovammo così, con solo gli slip addosso, attorcigliati tra braccia e lenzuola, tra paure e desiderio, tra insicurezze e certezze, tra cuore e mente.
<< Non è ancora troppo tardi per fermarci... >> mi disse, con gli occhi socchiusi, in un sospiro a fior di labbra avvolgendo le mie guance con le mani, mentre ero a cavalcioni su di lui.
<< Non ho alcuna intenzione di farlo.>> risposi senza indugi ritornando a catturare le sue labbra con le mie per poi scendere sul suo collo, dove si sentiva ancora perfettamente il suo profumo, talmente intenso, virile e caldo da farmi girare la testa. Dopo una manciata di minuti pieni di carezze, di morsi, di bramosia, anche l'ultimo indumento rimastoci raggiunse il resto dei vestiti sul pavimento e fu in quel momento che ci fermammo, immergendo ognuno i propri occhi in quelli dell'altro, una muta domanda, una muta ricerca di approvazione o di dissenso che non arrivò. In quella notte avevo conosciuto un Andrej diverso, forse il vero Andrej e in un solo sguardo c'era tutto: il pentimento per gli errori fatti, la frustrazione per quella situazione così assurda che ci voleva nemici ma che, nonostante tutto, ci univa irrimediabilmente giorno dopo giorno, contro la nostra stessa volontà, contro l'odio e l'indifferenza reciproca, contro qualunque logica.
Quella notte volevamo andare fino in fondo, ne avevamo bisogno, sentivamo la necessità di... di cosa? Forse di nulla che avesse un senso per chiunque altro, ma per noi l'aveva, oh sì che l'aveva, non volevamo soltanto assecondare l'attrazione che c'era tra noi, no, volevamo saldare il conto in sospeso con le ferite delle nostra anima, ferite profonde e ancora aperte, alcune delle quali ce l'eravamo inferte a vicenda. Rimanemmo così, persi in quello sguardo pieno di tacite rivelazioni e prese di coscienza, neanche quando con una spinta decisa lo sentii entrare in me distogliemmo lo sguardo, neanche quando eravamo all'apice del piacere e neanche quando ci lasciammo cadere sul letto abbracciati... rimanemmo così, lasciando che quel semplice e silenzioso sguardo facesse capire ad entrambi che nulla sarebbe più stato come prima, non sapevamo come starebbe stato, ma sicuramente sarebbe stato diverso.

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