Capitolo 20

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Appena le ruote del carrello dell'aereo toccarono terra tirai un sospiro di sollievo, eravamo arrivati e almeno quel primo volo era concluso.
Ripresi cappotto, guanti e cappello e scendendo le scalette Andrej non perse tempo a prendermi la mano e a stringerla più di prima, aveva paura che potessi scappare? Faceva bene, mi sarei concentrata su tutte le possibili vie di fuga. Quando posammo i piedi per terra, trovammo un ragazzo del personale che ci veniva incontro con le valigie pronte, Andrej prese sia la sua che la mia e ci avviammo verso l'uscita.
<< Puoi dare a me il borsone. >>
<< No, va bene così, siamo già arrivati e poi che gentiluomo sarei se facessi portare alla mia bella "fidanzata" un borsone così pesante. >> che sviolinata patetica.
<< Ringrazio che non sia vero. >> precisai con la consapevolezza, purtroppo, che per chiunque ci guardasse eravamo una felice coppia in vacanza, in che altro modo descrivere due giovani che tenendosi per mano sfrecciano tra i corridoi di un aeroporto il 31 dicembre.
All'uscita una lunga fila di taxi costeggiava il marciapiede e, prima che mi potessi girare intorno, Andrej aveva già fermato un tassista baffuto e filiforme dall'aspetto poco rassicurante che fumava appoggiato allo sportello e gli aveva dato le nostre valigie da mettere nel portabagagli; fra tutti aveva scelto l'unico che sembrava un sicario in pensione. Ci sedemmo sul sedile posteriore e il mio accompagnatore disse al tassista il nome del nostro hotel ma, prima ancora che mi fossi sistemata sul sedile, quest'ultimo lasciò letteralmente cadere il piede, più che un piede sembrava un mattone, sull'acceleratore e mi ritrovai spiaccicata sullo schienale; alla prima curva finii controllo lo sportello e, prima ancora che potessi tornare al mio posto, ecco che una seconda curva mi fece cadere sopra Andrej che dal canto suo era così stabile e inchiodato alla sua seduta che non si era spostato di un centimetro, era così abituato a spostarsi all'interno di frullatori indebitamente chiamati taxi? Questo sballottamento durò una decina di minuti, i quali furono subito archiviati dalla mia mente nella sezione "momenti peggiori". Appena arrivammo davanti l'hotel aprii lo sportello e mi appoggiai ad esso cercando di prendere più aria possibile, per una volta quell'aria gelida mi piacque moltissimo e riuscii a bloccare un conato mentre la testa mi girava come dopo una sbronza.
<< Ce la fai? >> vidi Andrej sbucare da dietro il porta bagagli con le valigie in mano.
<< Si arrivo. Ma a voi qui in Russia la patente la regalano o l'esaminatore si siede ubriaco durante l'esame? >> risposi cercando di tornare in me almeno il tempo di arrivare in camera.
<< No anzi sono molto rigidi, probabilmente il nostro tassista avrà fatto un corso di guida sportiva. >>
Mi prese per mano e ci avviammo verso l'entrata ma prima di varcare la soglia preceduta da una grande tettoia in vetro alzai gli occhi verso la grande scritta che riportava il nome dell'hotel, Metropol, austero ed essenziale, d'altronde cosa aspettarsi da un albergo scelto da Andrej. Davanti a noi si aprì una hall e di seguito un salone che esprimeva un'opulenza tale che sembrava un palazzo; mi girai un po' intorno e il mio sguardo si riempì di colonne e pavimenti in marmo lucido, statue e lampadari barocheggianti, ampi salotti e tappeti raffinati, insomma un lusso sfrenato.
<< Non sognare ad occhi aperti, andiamo. >> Andrej mi riportò alla realtà e mentre mi bisbigliava all'orecchio mi prese per mano trascinandomi verso gli ascensori.
<< Non hai bisogno di tirarmi, non credo ci siano molte vie di fuga. >> risposi strattonandolo per fargli lasciare la presa.
<< Considerando che sei sempre così distratta potresti perderti e non ho tempo per venirti a cercare. >> era esasperazione quella che sentivo nella sua voce? Avrei tanto voluto vedere la sua esperessione ma stavamo sfrecciando tra i corridoi del terzo piano alla ricerca della stanza e, come sempre, mi dava le spalle.
<< Che vero peccato. >> risposi cercando di scansare un carrello pieno di lenzuola e asciugamani.
<< Questo tuo tono sarcastico inizia ad infastidirmi. >>
<< Dovrebbe spaventarmi? >> mi ero girata un attimo a guardare di sfuggita la vista che c'era dal corridoio e prima ancora che potessi tornare a fissare la sua schiena, mi ritrovai a sbattare proprio contro di essa.
Andrej si era fermato davanti una porta cercando la chiave e neanche fece caso al fatto che lo avevo "tamponato".
<< Vedi che hai sempre la testa da un'altra parte? >> come non detto, non avevo ancora neanche finito di pensare al fatto che non mi stesse rimproverando e già mi aveva smentito. Stavo per controbattere quando la porta si aprì ed entrammo in una camera veramente impressionante: una grande anticamera con un divano, due poltrone e un tavolino in legno laccato al centro troneggiava all'ingresso, il parquet lucido era coperto da un grande tappeto sui toni dell'oro e dell'ocra così, come la carta da parati e tutta la tappezzeria, diverse piante ornamentali agli angoli della stanza e un po' più in fondo, separato dall'anticamera da un arco di marmo, un grande letto dalla testata intarsiata che stava proprio al centro di un piano rialzato rotondo.
La mia contemplazione fu interrotta dalla comparsa di Andrej che, appoggiandosi su uno sgabello vicino l'armadio, aprì la sua valigia iniziando a tirare fuori un completo nero molto elegante sistemandolo su una gruccia.
<< Ma c'è solo il matrimoniale? >> gli chiesi salendo i due scalini che dividevano l'anticamera dalla zona notte.
<< Ho prenotato una doppia. >> mi disse con totale noncuranza mentre portava un set da barba in bagno.
<< Dovremmo dormire insieme? >> ero abbastanza infastidita da questa situazione, non avevo alcuna intenzione di stare nel suo stesso letto per tutta la notte.
<< Se ti crea problemi dormire con me, il divano è lì. >> che gentiluomo.
Rimasi ferma davanti al letto a guardarlo con disappunto, mentre lui continua a girare per la stanza sotto il mio sguardo di rimprovero.
<< Ti avverto, non è molto comodo. >> mi disse passandomi davanti con un accappatoio bianco. Non mi piaceva per niente il fatto che non si fermasse un attimo a guardarmi mentre parlavamo, anzi mentre io parlavo con lui, così per una volta fui io a prendergli una mano per fermarlo. Si girò di scatto sgranando gli occhi e mostrando tutta la sua sorpresa nel vedere che stavolta ero io che gli imponevo qualcosa.
<< Non mi fido di te. >> sibillai fra i denti e stringendo la presa.
<< Se avessi voluto farti qualcosa l'avrei già fatto e in ogni caso, se lo volessi fare ora, non sarà di certo la distanza dal letto al divano a fermarmi. >>
Veloce come sempre, si liberò dalla mia presa e, cogliendomi totalmente alla sprovvista con una mossa degna di un maestro di combattimento, mi ritrovai di spalle appoggiata al suo petto, con un baccio che stringeva la mia gola e l'altro che bloccava il mio polso destro fra le scapole, la sua bocca vicina al mio orecchio tanto che che sentivo il suo respiro caldo sulla pelle.
<< Non ho bisogno di prendere una donna con la forza, sono loro a venire spontaneamente da me e tu, prima o poi, farai la stessa cosa. >> mi liberai, ricambiando con una delle mosse che avevo imparato durante le lezioni di arti marziali ristabilendo un contatto visivo, trovandomi davanti un suo sguardo di sfida che avrei prontamente colto.
<< Se fossi in te, non ne sarei tanto sicuro. >>
<< Vedrai, vedrai. >> non aggiunsi altro, ero già abbastanza nervosa.

Misfortune Where stories live. Discover now