[juu ichi] Il ventre di parigi

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IL VENTRE DI PARIGI

Amor De Siempre by Cuco

Trovami un pianeta che ci ospiti, io ti ci porto in spalla.

Melodie ovattate su tagli di capelli che coprivono metà volto, senza sfiorarsi nemmeno sdrucciolano su una lunga scivola di stelle, senza dirsi nulla su delle strade senza marciapiedi ne pedoni. Con gli occhi cosparsi di brillantini e deliziati di orgasmi fuoritempo «Dammi un bacio» dice Namjoon affetto ormai da un male incurabile, gli alza il mento con le dita, «uno» a quel punto lo guarda così intensamente che le gambe gli fanno male e la testa ormai non se la sente più. «No» non lo voleva un pompino, lui desiderava la finzione di un bacio di Min Yoongi. «Ti regalerei la mia pelle per avere un bacio» «Tienitela, non la voglio» non conoscerò mai il calore delle tue braccia attorno al mio collo pensa Namjoon mentre si lascia sparire dentro il posto più buio di quel bar «Quanto spietato sei, un cecchino che mira dritto al mio cuore» imperterrito gli lascia scivolare una mano tra le gambe coperte dal tessuto di quei jeans che tanto conosceva, ha le labbra gonfie e respira pesantemente a causa di un rapporto orale ricevuto senza contorno d'amore «Voglio andarmene via da qui, adesso, e non voglio che tu mi segua» «Ma viviamo nella stessa stanza». Umiliazione, un senso di vergogna appiccicato sulle ossa come fango, cicche spente su una sessualità del tutto incerta. Capiva ciò che stava provando Yoongi, lo aveva vissuto sulla sua stessa pelle.

«E non guardarmi più così»

«Così come?»

«Come se fossi la prima edizione de "Le Ventre De Paris

Che spreco.

La settimana precedente Namjoon aveva assistito a un litigio tra padre e figlio. Proprio dinanzi alla sua università, girando a destra, c'era questo bar che si chiamava "Bar Della Foglia" e accanto a esso un camioncino dei gelati, tutto intorno era sommerso da bocche di leone e da alti alberi,Namjoon ci andava per sentirsi il perfetto stereotipo dello studente di Letteratura. Alla sua destra c'era un uomo anziano che con una mano reggeva una stampella e con l'altra teneva un cono gelato alla vaniglia. Era una scena molto parigina, o così aveva pensato Namjoon, che Parigi l'aveva vista solo nei film che decideva di guardare quando sua zia gli sfornava una versione casalinga delle meringhe. Ma tornando al litigio, alla sua sinistra c'era un uomo con addosso una –terribile– giacca verde oliva che sbraiatava contro un adolescente che, a giudicare dalla sua divisa, frequentava ancora le scuole medie «Sul serio? Un'altra insufficienza? vergognati ragazzino, sai solo chiedere soldi per acquistare dei CD inutili e rincasare tardi per fare il gradasso con tuo fratello» Namjoon ascoltava quella recita appoggiato su un muretto e con un libro ingiallito di Edgar Allan Poe in mano, con la coda degli occhi osservava il pallore del giovanotto che pentito si copriva lo sguardo con la frangia «Mi dispiace papà, cercherò di fare del mio meglio» Ad essere onesti gli faceva un po' pena, sì, Nam voleva rimproverare la freddezza di quel padre. Con i ragazzi non si parla in questo modo, maledizione, non sono mica dei soldati! Magari sotto tutti quei capelli arruffati ci si nasconde un'artista e tu, padre, con queste parole prive di sensibilità hai appena tagliato le sue ali. Ah!Dov'è finita la sensibilità? La profondità! L'Empatia! I genitori dovrebbero far amicizia con i propri figli e trattarli con più delicatezza. Sennò finiscono come gli uccellini che Namjoon trovava senza vita davanti alla sua finestra, rinsecchiti,con gli insetti che gli mangiavano le orbite e le ali ancora aperte verso l'azzurro del cielo. E la scena che aveva appena visto gli ricordava un po' Yoongi, che alla sola età di dodici anni aveva giurato sulla sua radio portatile che per niente al mondo sarebbe diventato come i suoi genitori -Che si sarebbe sforzato per cambiare il suo accento- e che della sua vita voleva farne una canzoncina della ninna nanna. Chissà poi perché proprio quelle, delle ninna nanne per bimbi cattivi come lo era stato lui. Quei due condividevano delle sofisticate illusioni. Anche se Namjoon a quel fanfarone di Yoongi non ce lo vedeva proprio a incidere roba per poppanti ma,stranamente, quel gradasso ci sapeva fare.Una volta era riuscito a far smettere di piangere il più piccolo dei suoi cugini, ed era difficile persino per sua madre.

Lo vedeva spesso sdraiato sul suo letto, intento a tenere. tra le dita un foglio a righe e in bocca una matita appena temperata. Lasciava il computer a riscaldare sulle gambe, cliccava sul play di una playlist indie-folk presa da soundcloud e poi chissà di cosa diamine scriveva. Di peluche dalla testa gigante? O magari di mamme dai capelli e braccia lunghissime? Bho, chi lo saprà mai! Era proibito leggere anche soltanto una delle sue amate parole. Al contrario di Namjoon che, povero ingenuo, dopo due delle richieste fatte da Yoongi gli aveva lasciato sul comodino il suo taccuino delle poesie. Addirittura,un giorno si era munito di penna bic e gliene aveva scritta una sull'avanbraccio. Erano a lezione di geografia, una totale perdita di tempo, e dopo aver giocato al "ci fissiamo finché qualcuno di noi due non scoppia a ridere" gli aveva scritto qualcosa del tipo:

"Incontriamoci sotto il mio portone
Porta con te un mazzo di note
e fammi sentire che musica
fanno le storie mai scritte"

Quello–ovviamente– si era messo a prenderlo per il culo per due giorni e intanto Namjoon il suono delle storie mai scritte lo aveva sentito per davvero. Era impercettibile -come i suoni che fa il mese di maggio- ed era stato progettato da chi ne capiva bene di cuori soli e ubriachi. Subito dopo si sentiva addosso uno sciame d'indifferenza, e nonostante la bocca del suo fedele amico profumava di mandorle, gli lasciava dentro alle orecchie questo fastidioso ticchettio simile a quello che fa la pioggia quando sbatte contro il parabrezza. Terribile e malinconico. Gli era bastato sentire quel poco del suo odore per sentirsi il ragazzo più triste al mondo. La colpa era la sua, che non era mai stato così coraggioso da lasciare il segno sulla sua pelle.

Che la sua lingua esperta –di fronte al viso tondo che tanto desiderava– funzionava meno delle penne che ti vendono da Tiger.

       

Tratteneva il fiato Namjoon, che era coperto fino alle spalle dalle sue lenzuola sempre ruvide al tatto, e intanto ascoltava il respiro di Yoongi provenire dal letto accanto al suo mentre nella stanza di quel campus fluttuavano una galassia di spettri. Doveva dirla qualcosa, non poteva mica addormentarsi con la speranza di non svegliarsi mai più. «Non farò finta di niente hyung» poi aggiunse subito «Non di nuovo» era rimasto disteso, accovacciato come un gatto e impaurito dal pensiero che voltandosi potesse -per sbaglio- trovarsi gli occhi suoi rotondi e pieni di lucette di natale puntati sulla fronte. «La notte non è ancora finita» Nam sentiva, all'altezza delle costole, un mostriciattolo che si dimenava tra la birra e lo sgomento, che vergogna. Anche se alla fine l'orgoglio l'obbligò a voltarsi e per sfortuna si ritrovò davanti due finestre aperte che fissavano i muscoli della sua faccia senza alcuna vergogna «Se guardi fuori la finestra vedi che ancora fa buio, e se t'avvicini e mi tocchi la fronte puoi sentire quanto scotta» questa volta mi avvicino e gli tocco quel piccolo neo che ha sul collo,voglio accarezzarlo così tanto, pensa Namjoon «Certamente io sono libero, libero come un uccello, eppure quanta bramosia!» Yoongi disse solo questo e il più piccolo non perse un attimo a rispondergli con «La mia bramosia è un'eterna impazienza. Solo se avessi vissuto tutte le eternità e mi fossi convinto che ogni instante mi appartieni, solo allora ritornerei da te».
Incredibilmente, nel silenzio delle ombre allungate, i due ragazzi iniziarono a comunicare usando il linguaggio segreto dei libri. Come se fosse normale conoscere a memoria i testi di Søren Kierkgaard e come se fosse altrettanto normale capirsi usando parole altrui.

«Hyung, non c'è ancora la luce»

«E quindi?»

«Se le cose le fai col buio, in realtà per il mondo non sono mai esistite»

«Per me sì, però»

«Ma dove esistiamo noi, hyung?» Namjoon mise un piede fuori dal letto per avvicinarsi a quello di Yoongi «In quale mondo? In quale universo? Trovami un pianeta libero che ti ci porto in spalla»

«Non lo hai ancora capito che non c'è nessun posto per quelli come noi?»

«Il mio posto nel mondo somiglia a te»

«Che cosa vuoi,Namjoon?»

«Un bacio»


sembrano parole a caso,
senza alcun significato,
ma per me lo hanno.
E pure troppo.

Non sono brava a scrivere poesie,
mi dispiace.

–Martina.

Si me besan esos labios, ay así quiero morir.

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