O.44

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HARRY'S POV

Sei settimane dopo...

Le valigie sono fatte, il passaporto ficcato accuratamente in tasca, e beh...

Dire che sono spaventato è un po' un eufemismo.

Perché sono terrorizzato.

"Bambi, sei sicuro?" mi chiede Louis, in piedi sullo stipite della porta del suo appartamento. "Tipo, assolutamente sicuro?"

Annuisco, ovviamente, estraendo il manico della valigia e buttandomi il borsone in spalla.

Ho lasciato la scuola recentemente...

Ma solo perché mi trasferisco in una di quelle strane scuole in America.

Cioè, non strane... Solo, straniere? Ma immagino che voglia dire la stessa cosa di questi tempi.

Finirò la scuola lì, forse troverò un lavoro... Non lo so. Tutto quello che so è che Louis si prenderà cura di me, e potremmo finalmente essere da soli con nessuno fra i piedi.

Tutti soli nella nostra casa...

E' davvero così strano da pensare.

Quello che è più strano è che ho la sensazione che Louis sarà il miglior dottore mai conosciuto, quindi avremo almeno qualche soldo, credo.

-

L'aereo mi spaventava all'inizio, con le sue enormi ali intimidatorie, che si allungavano così tanto che inizieresti a pensare come si possa sollevare in volo.

Qualcosa che ha a che fare con la fisica, giusto?

Non lo so, non mi sono mai piaciuti quel tipo di studi.

Guardo Louis, studio i suoi lineamenti, gli afferro la mano, e poi distolgo lo sguardo. Tutto in una mossa.

Riesco a sentire il suo sguardo su di me, ma non dice assolutamente niente. E' un silenzioso accordo che sappiamo di fare. Sappiamo come tutto questo arriverà ad una conclusione.

Quando mi giro, vedo mia madre, sua madre, e tutti quelli che amiamo che ci guardano e piangono.

Poi penso, perché le lacrime? Cosa permette al nostro corpo di fare una cosa così prodigiosa? Tipo farci piangere, o farci sentire qualcosa di così profondo.

E come mio privato gesto di addio, lascio cadere una lacrima per tutti loro e mi incammino verso il deposito bagagli mano nella mano con l'amore della mia vita.

Il futuro; sconosciuto.

Il passato; appreso.

Il presente; qui. Adesso. Per sempre?

Per sempre. E' così che sembra.

"Sei pronto?"

Non ha bisogno di una risposta, solo mezzo sorriso.

Quindi gliene rivolgo uno.

Il problema degli inizi è che sono spaventosi. Forse non spaventosi da "mostro sotto il letto", o spaventosi come cadere da un dirupo... Ma più come, essere bendati.

Dietro la benda, è tutto normale, un ovattato e silenzioso nero.

Ma oltre la benda?

Ci aspetta un viaggio del tutto sconosciuto.

-

Dopo sette orgasmi e mezzo (uno è stato interrotto da una turbolenza), dieci ore, una fermata, e trentaquattro minuti di assoluto inferno e due paia di intimo dopo, arriviamo.

Sembra che l'aeroporto sia affollato da anni. Sento voci, così diverse da quelle che sono abituato a sentire.

"No, Bill. No! Senti, ho detto 9:00, non 9:45, idiota del-"

"Puoi aspettare un secondo? Ho un'altra chiamata-"

"Cosa significa che il mio volo è stato cancellato? Hai idea di cosa significhi per la mia tabella di marcia?!"

Tutti questi accenti che non ho mai sentito prima... Alcuni sono così forti che riesco a malapena a capire una parola che dicono.

"Piccolo? Stai bene?" mi chiede Louis, guidandomi.

Sospiro di sollievo.

Finalmente, una voce che conosco.

"Sì, sto bene. Sto benissimo." rispondo dolcemente, quasi troppo piano, ma lui mi sente, chiamando un taxi quando usciamo.

"Dammi il borsone, entra e mettiti comodo, okay? Ci vorrà un'ora o due."

Lo ascolto, mettendomi nei sedili posteriori e guardando il tassista seduto davanti rivolgermi un'occhiata scettica.

"Dove siete diretti ragazzi?" chiede, la sua voce otturata dal residuo stantio di probabilmente mille sigarette.

Quindi, con un grosso respiro, sputo l'indirizzo della casa dove io e Louis risiederemo per Dio solo sa quanto. L'ho memorizzato, solo nel caso che cose come queste capitino.

Cose come tassisti grossi e spaventosi.

Quando anche Louis entra, lasciamo l'aeroporto, e io mi spengo.

Come una luce. La mia testa è sulla spalla di Louis, sobbalzando quando becchiamo buche o cunette.

Questa casa è dove saremo sposati. Dove faremo cena. Litigheremo. Faremo sesso. Ci ubriacheremo. Rideremo. Ci abbracceremo. Ci baceremo.

Ricordi.

Nuovi, bellissimi ricordi.

La prossima cosa che sento è dolce e delicata, al mio orecchio. Sussulto leggermente, aprendo gli occhi al suono della voce di Louis.

"Siamo a casa."

You put the O in DisOrder » Larry Stylinson || Italian translationWhere stories live. Discover now