you spread warmth and inspire my life, just like the sun does.

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Il grande giorno.
Il sole sembrava aver intuito l'importanza di quella data, giacché splendeva come un fuoco ardente nella notte. Nei giorni precedenti, il cielo non aveva fatto altro che buttare giù acquazzoni su acquazzoni. Eppure, quel pomeriggio l'aria era tiepida, non tanto fredda per un cento grammi, non tanto calda per una maglietta a maniche corte. Tirava una prematura aria di primavera col suo vento leggero che scompigliava i capelli delle donne e faceva viaggiare le foglie lungo i marciapiedi. Quei quattro giorni erano stati pieni di lavoro, ansie, sacrifici e pensieri. Tranne che per Jimin. Dall'ultima notte passata con Yoongi sembrava che tutto avesse assunto nuove tonalità, colori più vivaci e fervidi, i movimenti degli alberi durante la pioggia gli ricordavano bizzarri balletti, il rumore della pioggia lo congedava nel sonno e il pensiero di Yoongi lo inebriava come un lungo sospiro dopo una corsa estenuante. Mai gli era capitato di pensare a quel ragazzo e provare una così grande passionalità, romanticità, speranza. Il suo volto lo considerava ormai un dono, non più un'ossessione o un tormento. Era come se un tassello del loro puzzle fosse stato posizionato male dall'inizio, ma successivamente fosse stato riassestato nel luogo giusto, senza che nulla fosse in realtà cambiato. Il suo bacio non l'aveva ancora avuto e con lui nemmeno una forma di relazione più approfondita. Tutto sommato, era tutto come prima, però Jimin era sicuro che a Yoongi importasse di lui, anche se non capiva il modo col quale glielo dimostrava. Aveva deciso di accontentarsi anche di un rapporto del genere se si trattava di Yoongi. Quest'ultimo aveva tanti segreti, Jimin l'aveva capito troppo tardi e non poteva più tirarsene fuori, provocando male anche a se stesso, inconsapevolmente. Ma gli bastava sapere che Yoongi lo desiderava; gli bastava solo quella sicurezza per andare avanti più o meno serenamente. Doveva pensare al presente, si disse, del futuro di quella relazione se ne sarebbe occupato il destino. Se voleva sopravvivere, doveva cominciare a prendere i lati migliori della sua vita e fonderli insieme, ed incredibilmente stava funzionando.
Per Jungkook la situazione era il completo e più assoluto contrario. Lui ne aveva di preoccupazioni. Gli alberi che si muovevano sotto la tempesta gli parevano solo tronchi scarni e moribondi che oscillavano sotto la distruttiva forza del vento. Dalla discussione con suo fratello era come se non riuscisse più a star dietro al tempo: sentiva come se il mondo in cui viveva continuasse senza di lui e che nessuno potesse far nulla per farlo partecipare attivamente alla sua vita. Immaginatevela come se fosse appena sveglio e guardasse dalla finestra bici, macchine, donne, uomini, bambini, moto, tram e autobus passare frettolosamente per le strade, parti itineranti del familiare dinamismo cittadino, e lui avesse il potere soltanto di restare rintanato in camera, col suo pigiama addosso e gli occhi stanchi. Cercare di capire chi fosse diventato, rendersi conto dei cambiamenti che stavano senza alcun dubbio accadendo dentro di lui stava diventando un chiodo fisso che c'entrava poco con Taehyung. Sicuramente, lo stilista era stato l'esordio, il principio dal quale erano partite queste speculazioni, ma Jungkook avvertiva sensazioni differenti da quelle che sentiva prima che V's fosse capitato. Qualcosa in lui si era evoluto, era cresciuto e attendeva solo di essere scoperto per la prima volta. Ed era proprio quella particolarità che il moro non riusciva a mandare giù. Unendo tutto ciò al fatto che cercava di capire disperatamente cosa provasse per Taehyung, si può facilmente constatare che quei giorni la testa di Jungkook fosse un completo disastro, come il pensiero di una biblioteca a soqquadro: disturbava i sensi. Come aveva detto il fratello, «Pensa alle mie parole». E lui ci pensava, almanaccava, fantasticava, ragionava, ipotizzava e poi, puntualmente, aggirava la conclusione lasciando che la sua coscienza brancolasse nel buio. Era fatto così, non riusciva ad accettare delle conseguenze risultanti da sue ipotesi o idee, lui voleva certezze e basta. E se quelle non c'erano, preferiva il punto interrogativo a fine frase. Quel metodo era autodistruttivo, ma la mente è un posto strano dove deambulare e svagarsi, c'è sempre il rischio di ferirsi con qualche ricordo o parola. Ecco perché Jungkook preferiva il dubbio quando non sapeva tutti i dettagli. E in quel momento di dettagli di se stesso che non comprendeva ce n'erano parecchi.

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