he dreams more often than he sleeps.

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Scusate se questa settimana non ho postato capitoli, ma ero in vacanza e semplicemente non ne ho avuto il tempo <3

"I suoi begli occhi le stanno così bene!
A stento mi tengo dal correre a lei.
Così farei, se non fosse per timore,
ché mai vidi corpo meglio modellato e colorito
agli uffici d'amore cosí tardo e lento."

Taehyung, quella notte, la passó con l'abajour accesa e gli occhi stanchi. Aveva riesumato, nella sua affollata libreria, una moltitudine di libri di poesia. Alcuni erano dei libri di testo che aveva usato a scuola, altri se li era accaparrati negli anni e i rimanenti li aveva presi in prestito dalla biblioteca e mai più ridati. Erano pieni di polvere, tanto che quasi faceva ribrezzo appoggiarli sopra i suoi lenzuoli puliti. Ma le loro pagine profumavano come solo i libri vecchi potevano fare, sicuramente un profumo migliore di qualsiasi altra fragranza firmata che si poteva acquistare in una profumeria. Taehyung passava le dita lunghe sopra quelle pagine ruvide e talvolta rovinate dal tempo, spostava la polvere senza più curarsi della pulizia del suo corredo e rincorreva, a volte freneticamente e a volte adagio, lettera dopo lettera, parola dopo parola. La poesia aveva sempre avuto per lui un enorme valore. Gi piaceva sedersi in veranda, osservare il panorama di ville tutte uguali del suo quartiere e leggere storie di gente, di contadini, di ragazzi e di eroi d'altri tempi. Era sempre stato allettato dalla storia dell'iliade, con la sua idea di una missione divina affidata ad un uomo, il viaggio, la pietà e il successo. Ma la poesia, quella che con le parole ti trasporta in un altro universo, seppur simile al tuo, era la sua preferita. Leggeva di tutto, non andava per autori né per movimenti o scuole, lui le sceglieva una ad una. Ne aveva lette talmente tante che non si ricordava nemmeno dove avesse lasciato tutti gli altri libri che possedeva. Poi il lavoro si era fatto mano a mano più frenetico e di poesia gliene era rimasta ben poca, esattamente come il tempo per cercarne di nuova o di vecchia. Quella notte, però, non riusciva a staccare le sue dita, le stesse che erano riuscite ad avvolgere quelle lisce di Jungkook, da quei testi. Quella notte cercava poesie d'amore e si chiedeva come ciascuno di quegli uomini vissuti mille o solo dieci anni prima di lui avessero capito ogni cosa. E anche quando non avevano capito, rendevano la loro riflessione, il loro smarrimento, arte. Ogni singola sfumatura di quelle parole lo faceva pensare a Jungkook, gli procurava un fremito nel cuore e la voglia impassabile di rincorrere quel ragazzo in capo al mondo.

"Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima."

Perché l'aveva amato in ogni modo, come ognuna di quelle poesie. Difatti, i poeti che leggeva raccontavano di amori segreti, di amori impossibili, di amori in cui ci si poteva perdere e alcuni purtroppo finiti, morti e sepolti. Taehyung aveva sentito tutte quelle sensazioni sulla pelle, quella di non essere accettato, quella di non essere capito, quella di essere abbandonato e poi salvato dalla medesima persona. Ma, in fondo, sapeva che ciò che c'era stato con Jungkook era una delle poesie più belle che avesse mai avvertito sulla sua pelle. Perché le poesie non si leggono solo con gli occhi, no. Le poesie si capiscono con la mente, si percepiscono sulla pelle, si sentono sul cuore. E quella notte per Taehyung fu una notte piena d'amore, l'amore di un cuore solitario, ma non triste. Sapeva che avrebbe sentito la sua poesia anche l'indomani mattina e la mattina dopo e la mattina dopo ancora.
Continuó ad avvertire quelle poesie tra le dita, mentre girava le pagine, gli occhi erano stanchi ma qualcosa nel suo petto fremeva e niente, nemmeno il sonno, avrebbe potuto sopprimerlo. E fu così che continuò a leggere, stando attento a tutte le cesure e tutti gli enjambement, trovando i campi semantici, assaporando le parole e gli universi che ognuna di loro contribuiva a creare, poi passava ad analizzare le virgole di un elenco, i due punti per una spiegazione, il punto per una fine. Ogni singolo particolare appartenesse a Jungkook gli veniva in mente con quelle poesie, quando nominavano le stelle, Taehyung si perdeva nel ricordo di quegli occhi pieni di bagliori notturni; appena si nominavano paesaggi mozzafiato, si figurava le labbra rosee e sottili di Jungkook, che avrebbe baciato fino a perdere i polmoni; appena i suoi poeti scrivevano di cielo, immaginava di stendersi in un campo al tramonto e guardare le nuvole con lui; appena tiravano in ballo le similitudini e le metafore per circoscrivere il loro amore, Taehyung pensava al suo. Non era stata una scintilla, non era stata una ruota che girava e riempiva un mulino pian piano, non era stato né statico né latente. Non avrebbe saputo descriverlo e si meravigliava di come quegli autori avessero capito tutto di loro stessi, di come riuscissero a mettere la loro anima su carta e come, a distanza di anni, fosse ancora lì, ascoltata da altre mille anime e compresa da altri mille cuori. Chiuse il secondo libro di quella notte e ne aprì un terzo, ove nella prima pagina si soffermò, attonito. Gli bastò leggere il nome dell'autore per provare un vuoto inesorabilmente incolmabile, lesse per numerose volte il titolo, quasi non credette di averla dimenticata, o forse non credeva di averla ritrovata. Era quella poesia, quella che gli recitava sempre sua madre, quella a cui lei era tanto affezionata, quella che portava sempre nella borsa per andare a lavoro. Taehyung rilesse ogni parola come se dissotterasse un tesoro tenuto segreto sotto la sabbia dorata per anni e anni, un tesoro prezioso ma dimenticato. Dopo esser giunto all'ultima parola, quasi non vedeva più da quanto la sua vista fosse appannata, una lacrima solitaria e debole solcò la sua gota sinistra nel buio illuminato solo da quell'abajour dalla luce flebile e dorata. La voce di sua madre, il suo accento di Daegu e la sua cadenza dolce risuonavano nella testa di Taehyung come campane funebri nel bel mezzo della notte; battiti freddi, veloci come quelli del suo cuore, ma continuativi nell'aria grazie al loro eco infinito. Si figuró le mani sottili di lei, giovani, che terminavano con delle unghie lievemente ingiallite dal vizio del fumo e il viso immerso tra le pagine di quello stesso libro. Sorrise, chiedendosi come diavolo avesse fatto a scordarsi di una delle poche abitudini che aveva con sua madre, poi si rese conto che anche quella poesia, inconsapevolmente, parlava di Jungkook. Anche lui avrebbe dovuto scrivere una poesia del genere, che mettesse in chiaro come si sentiva, che lo descrivesse perfettamente con un numero minimo di parole. E se fosse stato un cantante, gliel'avrebbe cantata la sua poesia e se fosse stato muto, gliel'avrebbe fatta capire. Poggiò il libro sul suo comodino, stando attento a far rimanere il segno sulla pagina dove era stampata quella poesia e si voltò su un fianco. Ora che poteva concentrarsi su ciò che provava, non riusciva a comprenderlo. La sensazione di quando ti capita qualcosa di talmente bello da farti prendere ogni cosa dal lato positivo non aveva un nome, era una conseguenza di altre mille sensazioni, era l'adrenalina che scorreva nel sangue e che non faceva prendere sonno a Taehyung nel suo stesso letto.
Forse, si disse, era perché era un letto vuoto.

♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vkook, namjin Where stories live. Discover now