Capitolo28

1.3K 73 3
                                    

24 Luglio, Miami

L'aereo è atterrato da una decina di minuti, Camila e Lauren sono fuori che aspettano il taxi che, fortunatamente, non tarda ad arrivare. Nessuno le ha riconosciute, nessuno le ha notate.
L'autista le porta fino a casa Jauregui, la cubana paga per entrambe e con viso da funerale scendono davanti al vialetto mentre il taxi sfreccia via.
«Andrá tutto bene» la tranquillizza Camila, capendo le sue emozioni «Prendi tutto ciò che puoi, il più veloce possibile, afferra la piccola e non ti voltare indietro. Io sarò qui fuori ma se hai bisogno entro pure io e li affrontiamo insieme»
Lauren deglutisce rumorosamente e scuote la testa, cercando di calmarsi.
«Posso farlo sola» sospira
Aspetta una manciata di secondi prima di inserire le chiavi nella toppa ed entrare in casa con passo sicuro.
È quasi ora di pranzo. Clara è in cucina, la sente urlare al suo solito contro Michael, e la sua bambina guarda i cartoni seduta sul divano.
«Mamma!» urla
Scende goffamente dal divano, quasi cadendo, e corre verso di lei, allungando le braccia.
«Amore mio» le sorride prendendola in braccio
Le dà dei baci su tutto il viso, facendo ridere Isabel che alla fine si stringe a lei, allacciando le braccia sul collo della madre.
«Lauren, ciao» commenta suo padre uscendo dalla cucina «Clara, c'è tua figlia» urla alla donna
Ignorando le parole dell'uomo, la ragazza continua a coccolare la figlia che gioca con i lunghi capelli neri.
«Amore, vuoi venire a vivere con me e Camila?»
«Shii!» esclama battendo le mani
«Allora? Andiamo fare la valige?»
Senza farselo dire due volte scende dalle braccia della madre e sale le scale, un gradino per volta, fino alla sua stanza.

Lauren, dopo tanto, mette piede in quella che era la stanza sua e di Isabel.
Il letto da una piazza e mezzo è stato sostituito da uno più piccolo.
Le mensole non hanno più i libri o i suoi poster, adesso ci sono solo pupazzi e giochi. Con grande piacere nota che tutte le foto sono al loro posto, nessuno le ha spostate. Il suo sguardo incrocia quello di Taylor nella cornice e chiude gli occhi, sentendo come una fitta al cuore.
«Mamma? Stai bene?» domanda la bambina tirandola dal polso
«Cosa? Ohw si, si amore» annuisce «Facciamo i bagagli, su!»
Mentre mette con cura tutti gli indumenti di Isabel nella valigia, i suoi "genitori" fanno irruzione nella stanza, chiedendo con voce aspra cosa intende fare, quasi quasi cercando di metterle i bastoni tra le ruote.
«Dove credi di andare?»
«Lei è mia figlia, io sono la sua famiglia e andiamo a vivere insieme»
«Non..»
«Stai zitta Clara che fai più figura!» ringhia «Non è sequestro minorile, lei è mia figlia, posso portarla via quando voglio e ora lei starà con me, la sua sorellina e la mia fidanzata! Sì, ho avuto un'altra figlia ma non la vedrete mai»
Chiude la valigia, la prende di peso, si mette sulle spalle uno zaino e guarda Isabel facendo cenno di andare via.
«Bene, vai!» urla suo padre «Vai ma non tornare più»
«Ma che dici Mike! È la nostra unica figlia.. non.. Lauren, ti prego» piagnucola Clara
«Addio»
Scende le scale velocemente mentre sua figlia è già davanti alla porta con un sorriso enorme. Si rimette gli occhiali da sole in faccia e poi apre la porta sbattendola forte, lasciando il suo passato lì dentro.

«Lolo quindi.. Piccoletta!» esclama Camila che stava perdendo le speranze
«Mila» ride andandole incontro
«La mia marmocchia»
Si abbassa sulle gambe e stringe forte Isabel prima carcicarsela sulle spalle
«Amore, tutto apposto?» chiede preoccupata
Si accorge che Lauren ha gli occhiali da sole e lei li utilizza solo per nascondere i suoi occhi quando sono lucidi e colmi di lacrime.
«Ehi, amore?» la chiama nuovamente
«Si Camz, ho solo.. Mhh, ho paura di non piacere ai tuoi genitori, tutto qui»
«Sono sicura che ti adoreranno, fidati di me»
                      ***
Arrivate a casa Cabello, Lauren posa i bagagli all'ingresso, prende per mano Isabel raccomandandola di non toccare nulla, di fare la brava e poi segue Camila.
I genitori, Sinuhe e Alejandro, sono nella sala pranzo che parlano tranquillamente e ridono, mentre imbandiscono la tavola.
«Hija, mi amor!» si interrompe la madre rivolgendo l'attenzione alla figlia «Finalmente» afferma dandole un bacio sulla fronte, cosa che fa pure il padre
«Tu devi essere Lauren!» esclama con un gran sorriso «Che piacere conoscerti»
«Piacere mio, signora» risponde educatamente la latina cercando di rimanere calma
«Cosa? Signora?» ride «Chiamaci con i nostri nomi, per favore» continua «Ciao Isabel» sorride alla bambina
Quest'ultima si nasconde dietro la gamba della madre e guarda con un occhio la donna di fronte a lei.
«Amore, saluta» insiste la madre
«Piccoletta, che succede? Ti vergogni?» interviene Camila abbadandosi sulle gambe
Isabel annuisce con la testa e la cubana la prende tra le sue braccia, le solleva la maglietta e le fa una pernacchia facendola ridere fortissimo.
«Allora?» continua dopo un'altra pernacchia «Meglio?»
Le schiocca un bacio sulla testa e la lascia la presa «Andiamo a lavarci le mani, tesoro?»
Prende per mano la bambina e la porta in bagno, lasciando Lauren sola con i "suoceri".

«Lauren mi aiuti con i piatti?» domanda Sinuhe
La porta in cucina e, nel mentre le riempie le mani, boccheggia, come se volesse dirle qualcosa.
«Sono felice che tu sia qui Lauren, molto» annunisce «Volevo incontrarti da un po' per la verità. Sei la donna che rende felice mia figlia e da madre sai che la felicità dei figli viene per prima»
«Certamente signora.. ehm, Sinuhe» si corregge immediatamente
«Camila mi ha parlato molto di te e so abbastanza, so anche cosa farai nei giorni a seguire»
Le toglie i piatti dalle mani e sospira prima di incontrare nuovamente il suo sguardo. Le alza le maniche della felpa, mettendo in mostra le bende, alcune un po' sporche di sangue.
«Sono una psichiatra Lauren, lavoro nel posto in cui andrai a farti ricoverare...» confessa passando le dita sulle bende «Dopo andiamo a fare una nuova medicazione ma prima permetta che ti dica una cosa» continua con tono rassicurante «Amati, ovunque qualcuno abbia avuto paura di amarti, paura di chiederti quale fosse il modo giusto di apprezzarti, paura di tenerti stretta. Amati di più in quei luoghi, perché nessuno meglio di te può insegnare agli altri come amarti»

Grahana ||CAMREN||Where stories live. Discover now