Capitolo 42

607 34 59
                                    

Canzone consigliata: Touch Me I'm Going To Scream (Demolition soundtrack)

SORPRESA!!! AMATEMI! 



La mia voce risulta più fievole di quanto mi aspettassi ma  l'uomo, dall'altra parte, deve avermi comunque sentito visto che vedo la sua mano aprire lentamente la porta. Da essa vedo spuntare la sua folta chioma scura e il suo viso pallido che mi scruta con aria sollevata.

- Maddy – mi chiama con la sua voce sottile e armoniosa.

Evito di storcere il naso a quel nomignolo che tanto detesto. Sembra quasi che tutte le mie energie siano state risucchiate dal mio corpo. L'uomo nel frattempo si avvicina al mio letto e, una volta arrivato al mio capezzale, lo invito a sedersi sul materasso accanto a me piuttosto che su una scomoda sedia. Lui accetta di buon grado la mia offerta e io, tentando di fargli un po' di spazio, mi sposto un po' di lato mentre mi sfugge un gemito di dolore. Il signor Jackson si spaventa ma io riesco a tranquillizzarlo rivolgendogli uno sguardo rassicurante. Una volta che mi sono sistemata meglio sui cuscini appoggio entrambe le mie mani sul mio ventre gonfio ricoperto dal copriletto. Il calmante che mi hanno somministrato non mi fa rendere conto a pieno di tutto ciò che è successo in quelle ore, l'unica cosa che sono riuscita a capire è che la mia bambina sta bene e non potrei esserne più felice. L'uomo al mio fianco sembra abbastanza irrequieto a giudicare dal cipiglio che si è formato sul suo viso e questo mi fa intuire che non sia del tutto sereno. Tiene le mani sul suo grembo mentre guarda un pezzo di lenzuolo imbrattato di sangue depositato sul pavimento. Allontano una mano dal mio ventre per poterla congiungere con la sua stringendola riuscendo, finalmente, ad ottenere la sua attenzione e i suoi grandi occhi scuri puntati nei miei. Gli rivolgo un debole sorriso che lo invoglia a stringermi leggermente la mano tra le sue. Sembra passata un'eternità da quando il signor Jackson è entrato nella mia stanza e questo silenzio sta iniziando ad opprimermi, per non parlare dell'imbarazzo. Le infermiere mi hanno aiutato a mettere una camicia da notte molto larga a tema floreale, il fatto imbarazzante è che essa è particolarmente scollata sul davanti e il sudore l'ha fatta diventare quasi una seconda pelle. Mi rendo immediatamente conto in quali condizioni mi trovo effettivamente, i miei capelli sono una massa uniforme di ciuffi disordinati e bagnati appiccicati al mio viso, la camicia da notte ricoperta di chiazze di sangue, il letto particolarmente in disordine anche se le lenzuola sono state cambiate, in poche parole un caos. Chissà cosa stava pensando in questo momento il mio capo, come minimo mi licenzierà, gli ho causato fin troppi problemi da quando sono entrata in servizio.

- Mi dispiace tanto, se mi vuole licenziare la capirò – me ne esco fuori in questo modo rompendo quel silenzio assordante.

Nonostante tutti gli avvenimenti passati non riesco proprio a dargli del "tu". Nonostante quei baci che ci siamo scambiati che, al solo pensiero, mi vengono ancora i brividi. Nonostante quei brevi, ma dolci, momenti in cui ho creduto nel reale significato della parola "famiglia" in tutte le sue sfumature. Quella "quasi" dichiarazione prima di essere portata via praticamente priva di sensi. Tutto ciò comunque non mi impedisce di rimanere al mio posto. L'educazione particolarmente rigida che ho ricevuto mi impedisce di sciogliermi del tutto rammentandomi che sono una sua dipendente prima di tutto, la sua cuoca e nient'altro. L'uomo di fronte a me sembra sorpreso e, in pochi secondi, il cipiglio di prima diventa ancora più evidente formando un'espressione arrabbiata. Immediatamente, fulminata da quello sguardo mai visto da parte sua, mi metto più diritta sul letto sedendomi cercando di coprire con una parte di lenzuolo la scollatura sul mio seno. La vergogna aumenta con il passare dei minuti passati in silenzio in cui il signor Jackson mi fissa con quell'espressione così in contrasto con la dolcezza del suo viso facendomi chinare il capo pronta ad essere sgridata. La stretta sulla mia mano aumenta visibilmente e, a questo punto, mi preparo al peggio.

- Non dire scemenze – sussurra ma, comunque, riesco a sentirlo chiaramente.

La durezza nel suo tono di voce mi colpisce come una coltellata dritta nel mio punto debole, il cuore. Sono talmente sbigottita che non mi azzardo minimamente a muovermi continuando a mantenere quella posizione di sottomissione che mi hanno sempre insegnato. La cruda voce di mia madre attraversa le pareti del mio cervello facendomi ricordare una delle sue tante regole comportamentali: "Se un uomo più grande di te ti ammonisce per qualcosa, indipendentemente che abbia ragione o torto, non devi mai e poi mai andargli contro. E' anche per questo che esiste il femminicidio, perché le donne non imparano a stare al loro posto". Continuo a rimanere in attesa rigidamente senza fare un minimo movimento attendendo che pronunci quelle tanto temute parole: "Sei licenziata".  Attendo silenziosamente una qualsiasi sua reazione invano perché, inspiegabilmente, non sta succedendo. Sento il suo corpo avvicinarsi sempre più al mio ma io non oso alzare lo sguardo, non voglio vedere il suo volto che esprime rabbia o, peggio, delusione. Una lacrima solitaria scorre sulla mia guancia nonostante i miei occhi sono completamente spalancati senza sbattere le ciglia. L'ultima cosa che voglio fare è deludere qualcuno, basta già quanto sono delusa di me e di come mi sto gestendo la mia vita. La mano del signor Jackson mi sta accarezzando prima delicatamente i capelli per poi posarsi sulla mia guancia ma io continuo a non muovermi.

- Chick, guardami per favore – mi richiama.

Nonostante la sua voce sia dolce lo prendo come un ordine e alzo meccanicamente il volto trovandomelo a due palmi di distanza da me. Inizio a tremolare e non so neanche io bene il perché, l'uomo nota la lacrima che scende lenta lungo la mia guancia e la raccoglie con il pollice. Un sospiro tremante lascia le mie labbra, non riesco a controllare il turbine di emozioni che mi divora, quasi non mi riconosco più. Il mio capo si lascia andare a un sospiro quasi frustrato e quasi non mi rendo conto di cosa succede un secondo dopo, sposta la mano dietro la mia nuca per poi avvicinarmi al suo corpo per potermi stringere in un abbraccio. Sussulto in preda alla sorpresa e non riesco a ricambiare il gesto tenendo le mie braccia morbide lungo il corpo. La sua stretta aumenta e decido di appoggiare la testa sulla sua spalla chiudendo gli occhi, stare tra le sue braccia mi trasmette un'immensa tranquillità. E' vero che il tempo passa troppo in fretta quando stai bene perché ho la percezione che questo nostro contatto sia durato troppo poco lasciandomi con l'amaro in bocca. Non faccio in tempo ad abbassare nuovamente lo sguardo che esso viene racchiuso tra le sue mani facendo in modo che non distogliessi gli occhi da lui. Ora è nuovamente serio e questo mi fa crescere in me, nuovamente, un senso d'ansia.

- Non mi piace che pensi queste cose, non farlo mai più – dice guardandomi intensamente.

Non vedendo alcuna mia reazione decide di andare avanti.

- Quello che è successo non è stato colpa tua, non prenderti colpe per cose che non hai fatto e sappi che non ti potrei mai licenziare per questo – afferma mostrando l'accenno di un sorriso.

- Non hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere – continua.

- Mi dispiace tanto, non volevo creare tanto disturbo – mi scuso con un filo di voce.

- Non ti devi scusare di nulla – scuote la testa divertito.

Io annuisco non del tutto convinta, nonostante le sue rassicurazioni continuo a essere tormentata da troppi pensieri. Mi risveglio nel momento esatto in cui noto l'uomo alzarsi dal divano per poi piegarsi su di me, i miei occhi sono spalancati ma quando deposita un bacio sulla mia fronte mi rilasso visibilmente. Mi accarezza il capo mostrando un sorriso dolce e io non posso fare altro che osservarlo dal basso con ammirazione.

- Ora hai bisogno di riposarti, ti proibisco di alzarti dal letto – mi spiega puntando un dito nella mia direzione.

Io ero già pronta a replicare, avevo comunque un lavoro da svolgere, il dovere va oltre ogni cosa perché un malore può capitare a chiunque. A quanto pare il mio capo non era del mio stesso avviso perché mi blocca sul nascere.

- Questo chick, se non l'hai capito, è un ordine – continua sorridendomi.

Io, inerme, non posso fare altro che annuire mentre il signor Jackson lascia la stanza facendomi ritrovare nuovamente sola, con i miei pensieri che si fanno sempre più lucidi nella mia mente. 



𝑴𝒂𝒅𝒆𝒍𝒆𝒊𝒏𝒆🍎 || ᴍɪᴄʜᴀᴇʟ ᴊᴀᴄᴋꜱᴏɴ "ON HIATUS"Where stories live. Discover now