ODINO, UT TEMANT

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Salutò la piccola margherita bianca anche la mattina dopo, e quella dopo ancora. Insieme al fiore, concedeva un cenno anche alla donna estremamente truccata che proteggeva la creatura durante la notte, quando i turni di lavoro non le opprimevano la serata.  Nella merda dei bassifondi, dopotutto, le persone provavano ad aiutarsi le une con le altre.

Il Danger era situato in un quartiere diverso dal suo, ma non differiva affatto in quanto persone e qualità degli edifici. Yugyeom lo aveva martellato di domande, riempiendosi di preoccupazione, trasmettendogli un senso d'ansia che stava ancora cercando di ignorare.

«Non va bene per te», aveva conferito, aprendo una lattina di cocacola. 

Jungkook lo aveva guardato male, stravaccato sul divano. «E perché?».

«Per la tua condizione».

«E che condizione avrei?».

«La tua... Lascia stare», e si era rinchiuso nella sua stanza, alzando il volume dello stereo con un'orribile canzone di cui Jungkook aveva sempre ignorato il nome. Ignorava anche i consigli del suo migliore amico, colui che aveva impersonato anche il suo primo amore (e il suo desiderio di amare), dal momento che Yuygeom non poteva realmente capire cosa si provasse a essere lui. Nessuno ci sarebbe mai riuscito.

Comprese che quella sarebbe diventata una routine quando Sohyun, la receptionist, ricambiò il suo saluto con un grande sorriso e fu contenta di completare l'iscrizione. Pagare la caparra fu arduo, ma Jungkook aveva sudato per quei soldi e fu soddisfatto del suo nuovo investimento.

Non incontrò nessuno negli spogliatoi, si cambiò velocemente e scrutò l'orologio: curioso come fosse continuamente in ritardo per il lavoro e costantemente puntuale per ciò che lo appassionasse. Ma con le passioni non ci vivi, gli diceva suo nonno, ma l'animo pigro di Jungkook pretendeva oltre il mero vivere per guadagnare. 

Stava sfilandosi la maglietta quando il cigolio della porta catturò la sua attenzione. Si sorprese nell'incontrare un familiare sguardo bruno, accentuato dalle luci invadenti della stanza, che immediatamente si accinse a incontrare il proprio.

Jungkook aspettò. Attese qualche secondo, il tempo materiale da concedergli per elaborare un semplice ciao. Aspettò e osservò Taehyung irrompere nello spogliatoio, lanciare il borsone sulla panca e aprire uno degli armadietti rossi. 

«Buongiorno anche a te», non si preoccupò di sussurrarlo, voleva che lo sentisse, voleva che percepisse la provocazione. Ricevette solo uno sbuffo in risposta; la sua irritazione crebbe. «Sua maestà pecca di educazione», aggiunse, scoccando un'occhiata alla schiena nuda del ragazzo, che continuava a rivolgergli le spalle. 

Nessuna risposta. Jungkook si stizzì.

Chiuse violentemente la porta dell'armadietto; il colpo si espanse per tutta la stanza. «Che testa di cazzo», fu l'esito. Non ricevette riscontro nemmeno quella volta. 

Uscì dallo spogliatoio con la rabbia che brulicava sulla pelle. Quali problemi aveva quel Taehyung con lui? Non conosceva le sue potenzialità, non conosceva nemmeno il suo nome, e si permetteva di sottovalutarlo. Lui, che mai aveva perso un incontro, e non di quelli professionali. 

Seokjin gli rivolgeva il profilo mentre conversava con uno dei due ragazzi che aveva partecipato alla dimostrazione della prima lezione. Indossava una canottiera che lasciava scoperto il petto, un paio di pantaloncini e il solito sorriso da imprenditore brillante. Udì i passi pesanti di Jungkook e si voltò. 

«Ehi, Jung—».

«Voglio combattere contro Taehyung».

Seokjin sbatté le palpebre, il respiro di Jungkook si accorciava, le nocche si impallidivano e l'ira cresceva. Nessuno osava sminuirlo; quando ci provavano, Jungkook si preoccupava di far loro cambiare idea. 

LA LEGGE DEL PIÙ FORTE // vkookWhere stories live. Discover now