DULCE BELLUM INEXPERTIS

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Sensazioni diverse spaccavano in una perfetta metà l'umore di Jungkook, i cui piedi si apprestavano a visitare il Danger, la palestra diurna dove si allenavano persino i ragazzini e non il locale ambiguo che aveva accolto il suo primo vero incontro.

Una parte urlava felicità per essere stato battuto da Taehyung e non da qualcun altro, felicità per essere riuscito a scontrarsi contro un combattente della sua portata—perché non si parlava più di pugilato quando l'unica regola era "non uccidere". Non aveva brillato sul ring, non aveva mostrato le sue qualità e ci aveva guadagnato solo lividi scuri sulla pelle e un occhio gonfio, ma aveva sperimentato l'ebbrezza di spingere Taehyung contro le corde, non lasciargli via di fuga; aveva sfiorato la possibilità di vincerlo, di afferrare quel cipiglio altezzoso e fracassarlo contro il pavimento. 

Una parte di sé, tuttavia, ringhiava rabbia, perché era consapevole di essere stato graziato. Nei colpi che aveva sferrato Taehyung non persisteva la stessa furia bestiale che aveva intravisto quella sera, il suo sguardo non era iniettato di sangue, dalla sua bocca non emergevano ringhi simili a quelli di un demone iroso. Taehyung l'aveva graziato e Jungkook vedeva in sé stesso un fallimento. 

Era stato risparmiato da colui che stava imparando a guardare con occhi pieni di ammirazione e lo faceva infuriare. Eppure, oltre la rabbia, si nascondeva una sensazione ambigua e sbagliata di soddisfazione, ché significava solo una cosa: Taehyung sapeva della sua esistenza e gliene importava, anche solo in piccolissima parte.  

E Jungkook, a quel punto, non sapeva cosa pensare. 

Entrò nel Danger salutando la receptionist, che lo guardò con occhi spalancati ché conosceva la situazione, come chiunque lì dentro. Jungkook scese le scale e si interfacciò con la stessa palestra che, qualche sera prima, aveva ospitato il suo fallimento.

Non servirono troppi secondi per adocchiare la figura instabile di Hoseok, seduta sul pavimento del ring, un sorriso enorme e una borraccia piena d'acqua fra le dita. Non impiegò troppo tempo nemmeno a individuare Seokjin, accanto allo strambo ragazzo dai capelli rossicci, il cui sorriso avrebbe ammaliato chiunque. Gli occhi di Jungkook, ovviamente, si soffermarono sul soggetto a cui doveva il suo debutto e il suo fallimento: Taehyung si appoggiava tranquillamente alle corde rosse, un braccio che pendeva e l'altro impegnato a massaggiarsi le spalle. 

Le parole si arrestarono quando tre sguardi si fissarono su Jungkook. Non ebbe dubbi su come comportarsi: sollevò un braccio e tentò un sorriso cordiale – lui salutava sempre – e tentò un passo verso gli spogliatoi. Che ingenuo!

«Non osare!», si sarebbe aspettato la voce di Seokjin, forse quella di Hoseok, ma fu il timbro basso e profondo di Taehyung a fermarlo. Jungkook si voltò e la sua espressione non mutò quando il biondino si fiondò giù dal ring, apparentemente non soffrendo l'impatto col pavimento, e si diresse verso di lui.

«Buongiorno anche a te», Jungkook non avrebbe dovuto fingere che nulla fosse successo, ma l'istinto di sopravvivenza – e il suo strano senso dell'umorismo – gli suggerirono di adottare quel determinato atteggiamento—atteggiamento che lo spinse a ghignare quando le dita affusolate di Taehyung lo afferrarono per il bavero della maglietta. «Giornata storta?».

Era bello, Taehyung, soprattutto quando la rabbia gli spolverava i lineamenti.

«Cosa cazzo pensavi di fare l'altra sera?!», glielo urlò in faccia, talmente vicino che se Jungkook avesse voluto – e forse lo voleva con tutto se stesso – avrebbe potuto cancellare quei pochi centimetri che separavano le loro bocche e assaggiare la rabbia passionale di Taehyung. 

Preferì non rischiare la vita. «Che hai da sorridere in 'sto modo?».

Mi piace il tuo profumo. Mi piacciono le tue labbra. Pensavo a come sarebbe eccitante baciarti in questo momento.

LA LEGGE DEL PIÙ FORTE // vkookWhere stories live. Discover now