AUDENTES FORTUNA IUVAT

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Nell'intricato reticolo di edifici che s'intrecciavano nell'enorme mappa sotterranea dei bassifondi, la scelta di Jimin era ricaduta su un fatiscente palazzo pseudo abbandonato che mai avrebbe destato sospetti, affacciato su metri e metri di un prato abbandonato dall'erba troppo alta e ingiallita per potersi definire curato, circondato da strade grigie e abitate solo da qualche puttana e barbone. Il Danger avrebbe potuto attrarre per la squallida insegna neon mezza bruciata, o per l'ubicazione in una zona mediamente frequentata, ma niente avrebbe potuto sconfiggere l'aria di disperazione e abbandono che governava il nuovo regno decadente di Park Jimin. 

Un Park Jimin che si guardava attorno estremamente soddisfatto, i cui occhi rastrellavano i visi degli uomini che urlavano e sventolavano le loro banconote sporche in aria in cerca dell'appagamento fisico e spirituale di un sadismo senza la possibilità di concretizzazione. Lui aveva ritagliato il suo spazio personale, all'angolo dell'enorme stanza dai muri incrostati di muffa e graffiti, circondato dagli scagnozzi che pendevano dalla punta delle sue dita; probabilmente, Jimin non nutriva alcun dubbio, persino loro non vedevano l'ora di lanciare il suo cadavere nel baratro buio dell'oblio per dimenticarsi di tutta la malignità che aveva loro perpetrato nell'arco della sua vita. 

Paradossalmente, l'unico uomo che non avrebbe desiderato torturargli la carne col fuoco fino alla morte, forse proprio perché niente desiderava oltre il proprio tornaconto personale, era quello al suo fianco.

Gli occhi di Jimin abbandonarono quel branco di cani affamati incitanti all'odio e abbandonarono la sua bestiola preferita, Seokjin, destreggiarsi armoniosamente sul ring come se tutto quello ancora gli appartenesse; si fermarono sul volto pallido dell'uomo che lo affiancava, sullo sguardo vitreo incorniciato dalle occhiaie scure, sulle labbra screpolate e l'indistinguibile cappotto nero che sembrava essergli stato cucito addosso. 

Yoongi sembrò notare il suo sguardo, sebbene la sua attenzione fosse centrata sulla violenza che si stava consumando fra le corde spesse del ring, perché disse, senza guardarlo: «Questo posto fa più schifo del Danger, evita di guardarti attorno come uno stronzo soddisfatto perché dovresti solo vergognarti».

Che avesse un caratteraccio, Jimin lo aveva sempre saputo: le circostanze li avevano costretti ad avvicinarsi in così tante occasioni da diventare impossibile, per entrambi, ignorare le fastidiose peculiarità che componevano le loro personalità. Un sorriso, dunque, si formò sulle labbra carnose del ragazzo dai capelli argentati. 

«Da quando riesci a formulare una frase così lunga? Credevo che la tua terza elementare ti permettesse di parlare solo a monosillabi, mio caro».

Non gli importava seriamente del parere di Yoongi, della sua stupida lingua biforcuta che sibilava frasi scorrette quando ritrovava il desiderio dimenticato di utilizzare le sue usurate corde vocali, ma gli era impossibile trattenersi; Jimin, dopotutto, non si tratteneva mai. 

L'estate era in procinto di spolverare il cielo e addensare l'aria, ma Yoongi non aveva ancora abbandonato né il suo cappotto, né la sua ventiquattrore in pelle. 

«Uno dei tuoi difetti, Jimin», Yoongi aveva uno spesso sigaro fra le dita, e ne assaggiava il sapore sulla lingua prima di cacciare il fumo fuori dalle labbra, «E' quello di non selezionare accuratamente le parole, per quanto il tuo buon senso ti suggerisca di starlo facendo nel modo giusto. Mandi tutto a puttane perché non sai tenere la bocca chiusa».

Non c'erano verità fittizie perché entrambi vivevano nello stesso universo e governavano due mondi sempre in procinto di collidere. Yoongi vendeva, Jimin comprava; Jimin lo ospitava, Yoongi accettava l'invito.

«Uno come te sta davvero rimproverando uno come me sulla retorica?», una risata secca e amareggiata si fece strada fra le labbra di un Jimin fastidiosamente divertito, che chinò lievemente la testa indietro per poter esprimere tutto il suo esilarante disappunto. «Forse dovresti pensare di tornare alle scuole medie, prima di giudicare i modi in cui la mia lingua si diverte».

LA LEGGE DEL PIÙ FORTE // vkookWhere stories live. Discover now