AMANTES AMENTES

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«And another one gone and another one gone, another one bites the dust. Hey, I'm gonna get you too another one bites the dust...»

Luci cromatiche baciavano i corpi danzanti delle persone in pista, ma si addolciva nel raggiungere la parte alta e privata dove si consumavano i capricci dei ricchi. Annoiato contro uno dei divanetti, un cocktail che non avrebbe sfiorato la sua bocca nemmeno se minacciato, e un completo indaco, Jimin controllò il costoso orologio che gli adornava il polso sottile.

Pochi minuti e si sarebbe rintanato nel tepore della propria automobile.

«Cosa vedono i miei occhi! È o non è Park Jimin?»

La sua attenzione non riuscì a volare sul soggetto dei suoi pensieri abbastanza velocemente: il profumo dolce di Seokjin gli affollò le narici e la densità del suo corpo gli sfiorò il proprio. Ingombrante, Seokjin era ingombrante, e sembrava felice di esserlo.

«Cosa ci fai qui?»

Forse la voce sgusciò meno algida del previsto, punta da un barlume di stizza, e forse lo sguardo perse la sua freddezza, perché scatenò un ghigno sul volto curato di Seokjin. Un Seokjin terribilmente curato, seducente nonostante i semplici jeans e l'anonima maglietta il cui unico scopo era delineare le forme attraenti dei suoi muscoli.

«Tu che ci fai qui. Non ti hanno stufato posti del genere?»

«Sei divertente quando pensi di sapere cosa mi piaccia.» Le dita di Jimin ondeggiarono per far ciondolare il liquido vermiglio all'interno del bicchiere. I suoi occhi caddero sulle labbra carnose di Seokjin, la cui lingua guizzò per inumidirle. «La tua ragazza deve sentirsi sola.»

«L'ho lasciata.»

L'espressione di Jimin si contorse dalla confusione. «Perché?»

Nessuno stava prestando loro attenzione. Le attenzioni lascive degli aristocratici del ventesimo secolo erano rivolte a giovani ragazze dalle gambe affusolate e fanciulli dall'aspetto acerbo e malizioso, non da quei due affascinanti uomini, catturati da una conversazione troppo innocente per essere considerata interessante.

Ma il cambiamento dell'espressione di Jimin era più interessante di qualsiasi scandalo si stesse consumando al Luxury e Seokjin non perse occasione per sottolinearlo: «Allora è vero che ti interesso. Almeno un po'.» E, come un ragazzino, gli sorrise e unì pollice e indice, per indicare l'insignificante quantitativo di importanza con cui Jimin avrebbe dovuto onorarlo.

«Non sembrava ti importasse abbastanza di lei per farle il piacere di lasciarla. Ecco tutto.»

Il volto di Seokjin non abbandonò il ghigno soddisfatto che gli illuminava lo sguardo. «Pensavo a qualcun altro. Peccato che questa persona non si faccia vedere da due settimane.»

Jimin chiuse gli occhi e tornò a rilassarsi contro la spalliera, le gambe accavallate e il bicchiere ancora abbandonato contro il palmo della mano. Erano già passate due settimane. Certamente, aveva tenuto il conto giorno dopo giorno, e ogni minuto sembrava di essere rinchiuso in una minuscola gabbietta per uccelli. Il motivo? Scoprirlo sarebbe stato avvilente.

«Mi piacerebbe sapere perché sei così spavaldo solo quando non siamo da soli.»

Non lasciò che le palpebre si sollevassero per spiare l'espressione di Seokjin: lo immaginava sorridere. Probabilmente eccitato.

«Quando siamo soli sei diverso.»

Ma nella sua voce non c'era nemmeno una sfumatura di eccitazione. La malinconia gli fece aggrottare le sopracciglia, ma non aprire gli occhi.

LA LEGGE DEL PIÙ FORTE // vkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora