3. Hai sbagliato persona

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Lena

- Cosa ti ha detto la dottoressa? - mi chiede mia madre.
Quanto vorrei evitare questa conversazione. So che me lo chiede senza un vero interesse, a lei ciò che importa è che la dottoressa faccia il suo lavoro così che io non le farò più perdere tempo.
- Ha detto che è tutto ok, niente di cui preoccuparsi. - le dico ciò che vuole sentirsi dire. Tanto anche se le dicessi la verità, non sarebbe disposta ad ascoltare.
Lei mi sorride, davanti al suo piatto di pasta ormai vuoto.
Io ancora non ho finito di mangiare, ma lei si alza comunque e toglie il suo piatto, insieme alle posate e al bicchiere. Lascia tutto nel lavandino e si gira verso di me.
- Mi raccomando, poi qui dai una sciacquata. Io esco, ci vediamo più tardi. - va in camera a prepararsi.
Sento il rumore dei tacchi sul pavimento e della porta di casa che si apre.
- Ciao amore! - mi urla prima di uscire.
- Ciao! - le rispondo di rimando, ma lei ha già chiuso la porta.
Mi chiedo in quale discoteca andrà stasera Silvia - mia madre - insieme alle sue amiche.
Fisso il mio piatto, poi mi alzo e butto nel cestino ciò che è avanzato.
Tanto faceva schifo.

Nel pomeriggio vado a studiare in biblioteca insieme alla mia amica Sofia.
È una tipa molto eccentrica, sicuramente molto diversa da me.
I suoi capelli cambiano colore in base al suo umore e i suoi vestiti cadono attillati sul suo corpo magro. La tinta del giorno è un blu elettrico, che crea un forte contrasto con i suoi occhi ambrati.
- Allora che si dice ragazza? - mi chiede mentre mi saluta con un abbraccio.
Le sorrido e ricambio, poi ci sediamo al tavolo e tiriamo fuori i libri.
- Ti dico che... non sono pronta per l'esame.- le rispondo, tirando un sospiro davanti alla mole di appunti che mi ritrovo davanti.
Lei sbuffa con me.
- Neanche io tesoro, neanche io. -

Dario

- Buongiorno, devo rendere questo libro. - dico alla signora della segreteria, mentre faccio scivolare sul bancone la copia consumata de "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello".
- Perfetto, grazie. - mi dice la signora, mentre batte con le dita sulla tastiera del computer.
Io le sorrido e mi allontano, attraverso gli scaffali in cerca del prossimo libro in cui perdere la testa per i prossimi giorni, settimane o mesi.

Le biblioteche sono un po' dei labirinti, forse è per questo che mi piace tornarci spesso.
Anche se so già dov'è il mio reparto preferito, mi aggiro tra i corridoi in esplorazione.
Stare qui mi ricorda i vecchi tempi, l'università, quando dopo le lezioni tornavo nel mio quartiere e mi infilavo in biblioteca: la mia più grande preoccupazione erano gli esami e non un lavoro di merda con uno stipendio misero.

Mi ritrovo nell'aula studio e mi sorprendo a cercare qualcuno tra la folla. In realtà non c'è nessuno ad aspettarmi, ma trovo qualcuno lo stesso.

Lena

Sofia mi tira una pedata sullo stinco e io la guardo sorpresa.
- Ma che ca...- faccio per dire.
Lei prima mi guarda in modo strano e poi punta lo sguardo dietro di me.
Mi volto.
- Ciao. - mi saluta lui.
- Lena giusto? Sono Dario, quello della psicologa. - inizia a dire.
Spalanco gli occhi, perché ha dato troppi dettagli in una sola frase, quando non doveva.
Stai zitto, cazzo.

Credo che lui percepisca il mio disagio, perché smette di parlare e cerca i miei occhi come se fosse smarrito.
- Mi sa che hai sbagliato persona e mi confondi con qualcun altro. - gli rispondo, in modo distaccato, e mi giro dandogli le spalle.
Non lo sto guardando, ma sento i suoi occhi su di me: è come una sensazione insistente sulla nuca.
Sento salire l'ansia e noto che Sofia ci sta osservando.
Vattene, ti prego. Vattene.

- Scusami, hai ragione. Pensavo fossi un'altra persona. - borbotta confuso, poi se ne va.
Dentro di me tiro un sospiro di sollievo, ma sento ancora gli occhi di qualcuno addosso.
Mi giro verso Sofia, che mi fissa con occhi scrutatori.
- Ma chi era quello? - mi chiede.
- Non lo so. - mento, mentre faccio spallucce, evitando il suo sguardo investigatore.
- Ma sapeva anche il tuo nome. -
Faccio finta di niente e riporto l'attenzione sul libro di studio.
Smetti di fare domande, per favore.

- E poi ha parlato di una psicologa, che significa? - continua a chiedere lei.
Non so cosa inventarmi, mi serve qualsiasi scusa purché sia il più lontana possibile dalla verità.
̶Ah, la psicologa? Sì sai, quella da cui sono costretta ad andare perché mia madre non riesce ad affrontare l'idea di avere una figlia depressa.
- Forse mi ha vista allo studio medico, mentre andava dalla sua strizza cervelli. Che ne so! - sforzo una risata, per risultare credibile.
Lei mi guarda poco convinta e poi fa una smorfia.
- Mah, la gente è proprio strana. - esordisce alla fine.

Già, non sai neanche quanto.

Dario

Ho appena realizzato di aver fatto una figura di merda incredibile.
Sono andato lì spedito a salutarla come se niente fosse, col risultato che lei ha fatto semplicemente finta di non conoscermi.
Cammino a passo pesante verso l'uscita della biblioteca, cercando di mettere sempre più distanza tra me e la figuraccia che ho appena fatto.
Ma che mi è saltato in mente?!

Tra una cosa e l'altra, è finita la mia pausa pranzo e a breve devo tornare a lavorare.
Mi accendo una sigaretta e ispiro il fumo come se fosse ossigeno.
- Allora che fai, entri o no? - mi chiede il mio collega Filippo, spuntando dalla porta sul retro.
Inspiro un ultimo tiro di sigaretta e poi la butto per terra e la schiaccio, anche se è solo a metà.
- Arrivo! -
Raggiungo Filippo agli armadietti e mi cambio la maglia con quella della divisa del negozio.
- Che libro hai preso questa volta? - mi chiede lui.
Ah, già.

- Alla fine non ho trovato niente, tornerò un'altra volta. -
Ripiego la maglia nell'armadietto e poi lo chiudo. Torno in negozio e indosso il mio finto sorriso da cassiere gentile.
- Ma che bel giovanotto! - si complimenta una signora, la voce fin troppo alta. Fingo di essere lusingato, mentre lei continua parlando dei vecchi tempi e della sua gioventù. Dentro di me vorrei soltanto che stesse zitta e mi lasciasse lavorare in santa pace.
Quando se ne va, fingo un sorriso per il cliente successivo: un signore alto e con l'aria scorbutica, che neanche mi saluta prima di lasciare i suoi articoli sopra la cassa.

Più esco di casa e meno sopporto le persone.

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Nel prossimo capitolo:
Ripenso al ragazzo che ho incontrato oggi in biblioteca, Dario, quello che mi ha riaccompagnata a casa la volta scorsa.
Un po' mi dispiace per come l'ho liquidato, facendo finta di non conoscerlo, ma non potevo rischiare che Sofia scoprisse della dottoressa Gabrielli.

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Spero vi sia piaciuto questo capitolo! Siamo ancora in fase introduttiva quindi mi scuso se risulta un po' lento!
In ogni caso mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate 😊

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