Epilogo - Parte 1

557 40 11
                                    

Un anno dopo...

Dario

Guardo l'orologio: sono le 12:55; solo tre minuti e potrò uscire di qui. A quel punto avrò solo un'ora a disposizione per poter pranzare e raggiungere lo studio della dottoressa.
La mia gamba si muove in preda all'agitazione, e la sua vibrazione si estende alla sedia e poi fino al tavolo; da quando ho smesso di fumare l'ansia è più presente, pressante, ma va bene così. Alle 12:57 prendo il computer e lo infilo nello zaino, giusto un attimo prima che il professore concluda la lezione e ci auguri una buona giornata. Mi alzo in fretta, lascio qualche saluto nell'aria a volti conosciuti che non sto neanche guardando e mi dirigo verso l'uscita.
Se un anno fa mi avessero detto che avrei continuato l'Università non ci avrei creduto, ma la mia insoddisfazione mi ha spinto a prendere decisioni drastiche, come quella di licenziarmi ed iscrivermi alla magistrale per continuare a studiare ciò che mi appassiona. Mi sono ascoltato e ho scelto di continuare, nonostante tutto e tutti, non curandomi dei giudizi e dei pensieri degli altri.
Il tempo stringe. Corro al bar più vicino e compro un panino, che mangio velocemente mentre imbocco la strada, facendo lo slalom tra le orde di studenti e di turisti. Non so perché la cosa mi metta tanta ansia, sinceramente, dato che sarà il mio ultimo incontro con la dottoressa Gabrielli, ora che la mia vita ha preso una direzione diversa, ora che io mi sento diverso.
Il telefono mi suona nella tasca, lo tiro fuori con la mano libera e rispondo senza neanche guardare il nome sul display.
- Allora tesoro? Com'è andata? -
- Mamma! - rispondo goffamente, mentre cerco di mandare giù un pezzo del panino.
- Bene, normale. Ora però sono di fretta. -
- Stai andando dalla dottoressa? -
- Mh-m. – cerco di farmi sentire a bocca piena.
- Va bene, allora ci sentiamo più tardi. -
Ci salutiamo e il telefono torna a riposare nella tasca dei miei pantaloni.
Ma l'Università non è l'unica novità dell'ultimo anno: dopo ciò che è successo, volevo a tutti i costi riprendere in mano la mia vita, iniziando col togliermi un peso dal petto e dire ai miei genitori della psicologa. La loro reazione ha completamente annullato tutte le paranoie – inutili – che mi ero fatto nel tempo, perché loro sono stati incredibilmente comprensivi e mi hanno appoggiato in tutto il mio percorso. Mi hanno dato la carica che mi serviva.

Quando arrivo davanti allo studio sono le 13:58.
Mentirei se dicessi che venire qui, nel luogo dove l'ho conosciuta, è stato semplice: non lo è stato affatto. All'inizio venivo qui per inerzia, quasi convinto di ritrovarla insieme alla dottoressa, oppure seduta fuori ad aspettarmi, ma ovviamente non era stato così. Le prime settimane sono state le più semplici, paradossalmente: le mie sedute proseguivano come sempre, tutto era esattamente uguale a prima, tranne per il fatto che non lo era, perché mancava una parte fondamentale. Ci ho messo un po' – un bel po' – a capire che non l'avrei più rivista, che non l'avrei più toccata o baciata, che il verde delle sue iridi non mi avrebbe raccontato più nulla. Non è facile ammetterlo,ma sono stato male, per un po'. Questo la dottoressa Gabrielli lo sa benissimo, perché è stata forse l'unica persona con cui ne ho parlato davvero, in tutti i modi, settimana dopo settimana: con le lacrime, con rabbia, con rassegnazione, con malinconia. Lei era con me il giorno in cui Silvia, la madre di Lena, mi ha nascosto per l'ennesima volta l'indirizzo della clinica in cui si trovava. Ho provato in tutti i modi a rimettermi in contatto con lei, ma non è stato possibile. Lena non rispondeva ai miei messaggi, né alle mie chiamate, trovava spazio nei miei sogni ma non nella mia realtà. All'improvviso mi ero reso conto di quanto tutto ciò fosse definitivo. Mi sentivo, e mi sento, come se la sua presenza fosse stata solo un'illusione, un grandissimo sogno a occhi aperti. Mio fratello l'ha definita un fantasma, non appena gli ho raccontato che non l'avrebbe più incontrata: "cavolo" mi ha detto, "è stata come un'apparizione". In fondo, tutto ciò che avevamo vissuto insieme, io e lei, era una cosa nostra, quasi invisibile agli altri: a volte dico il suo nome ad alta voce, lo ripeto così tanto che perde di significato, come una parola inventata, come un qualcosa che non esiste.
Basta, Dario.
Non pensarci più.
Tiro un sospiro profondo e pesante, cercando di tornare al presente; non posso permettermi di perdermi nel passato così, col rischio di rimanerci intrappolato. Butto la carta del panino nel cestino e bevo un po' d'acqua, perché la gola ha iniziato a bruciare. L'ansia mi accompagna mentre varco la soglia, puntuale come sempre, ed entro nello studio dove la solita poltrona verde mi attende.

_______________________________________

Iniziamo con la prima parte dell'epilogo, che riprende la storia dopo un anno dagli avvenimenti del 21esimo capitolo.
Cosa ne pensate? Cosa credete che succederà?
Spazio alle teorie nei commenti, sono curiosa di leggervi! 💕

Chi può salvarciWhere stories live. Discover now