4. Vizi

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Lena

Torno a casa che è ora di cena, ma non ho fame quindi decido di passare direttamente al letto.
La casa è silenziosa perché mia madre ancora non è tornata. Se fosse in casa, a quest'ora sentirei la sua voce urlante mentre parla al telefono con le amiche: non solo ci esce quasi tutte le sere, ma se le porta anche in casa, standoci al telefono per ore.
Insopportabile.

Ripenso al ragazzo che ho incontrato oggi in biblioteca, Dario, quello che mi ha riaccompagnata a casa la volta scorsa.
Un po' mi dispiace per come l'ho liquidato, facendo finta di non conoscerlo, ma non potevo rischiare che Sofia scoprisse della dottoressa Gabrielli: se venisse fuori, in qualche modo verrebbero a saperlo anche altri e nessuno dei miei amici sa che vedo una psicologa. Non devono saperlo.

Avevo 15 anni quando la prima psicologa dell'infanzia disse a mia madre che avevo "una lieve forma di depressione adolescenziale"; continuai a vedere quella psicologa, ma non servì a niente, anche se mia madre era convinta di sì, perché il caos avveniva nella mia testa, invisibile dall'esterno.
Andò tutto bene, finché una sera mi trovò in bagno intenta a "disegnarmi" sui polsi. Mi portò all'ospedale, anche se continuavo a ripeterle che non ce n'era bisogno: non era la prima volta che lo facevo, ormai sapevo come fare.
Dal momento che ero ancora minorenne - avevo 17 anni - sotto consiglio del medico, mia madre mi obbligò a tornare a vedere una psicologa, stavolta una più brava: la Gabrielli.
Ormai sono quasi 5 anni che vado da lei, anche se il mio problema si presenta solo saltuariamente, non è costante e dipenda dalla mia situazione.
Va e viene, il punto è che alla fine è come un vizio: torna sempre.

- Tesoro, sono a casa! - grida mia madre, rientrando qualche ora dopo.
Non dico niente, perché tanto so che a breve si affaccerà dalla mia porta per controllare se sono sveglia.
Mi trova lì, con la luce del comodino accesa e un libro fantasy fra le mani.
- Giovedì mi hanno messo doppio turno, quindi dovrai andare da sola dalla dottoressa. - mi informa, rimanendo sulla soglia di camera mia, senza entrare.
- Va bene. -
- E vedi di non fare la furba, perché lo saprò se non ci andrai. - aggiunge, minacciosa.
Sbuffo e le assicuro che ci andrò.
Lei mi dà la buonanotte e chiude la porta.
Ovviamente la mia era una bugia. È facile mentirle, in fondo lo faccio da sempre, tutte le volte che mi chiede come va e le dico che sto bene.


Dario

Dopo le mie ulteriori 5 ore di sfruttamento pomeridiano, esco da lì che sono un fascio di nervi.
Prendo il telefono e mando un messaggio a Giulia, perché ho veramente bisogno di scaricare la tensione.
Lei risponde subito, quindi salgo in macchina e guido fino a casa sua.

- Chi non muore si rivede. - dice lei, mentre mi lascia la porta aperta per entrare in casa sua.
- Sono stato impegnato. - taglio corto.
Lei è già in camera e si è tolta i vestiti, rimanendo in intimo.
Si affaccia dalla porta, i lunghi capelli scuri che mi invitano ad entrare.
- Sì, lo immagino. - risponde sarcastica.
La nostra conversazione finisce lì. La mezz'ora seguente è occupata da gemiti e sudore, mentre siamo occupati a darci piacere a vicenda.

Quando abbiamo finito, mi rivesto e mi avvio alla porta di casa.
- Quando ci rivediamo? - mi chiede lei, mentre si copre il corpo nudo con una lunga vestaglia nera.
Tiro fuori il pacchetto di sigarette e me ne infilo una in bocca, l'accendino pronto in mano.
- Giulia... Sai già la risposta. -
Lei sospira, scocciata.
- Arriverà il giorno in cui non risponderò più ai tuoi messaggi, lo sai vero? -
Sorrido con la sigaretta in bilico fra le labbra.
- Ma non è questo il giorno. - le dico beffardo, ed esco.

Mi accendo la sigaretta e lascio che la nicotina faccia il suo lavoro.
È un brutto vizio, quello del fumo, me ne rendo conto. Ho provato a smettere in passato, ma nei periodi di forte tensione mi ritrovo sempre dal tabaccaio, a comprare un nuovo pacchetto.
E i periodi di forte tensione durano sempre più del previsto.
Vorrei davvero avere il controllo su questo vizio, ma alla fine, come tutti i vizi, torna sempre.

Salgo in macchina e guido fino al parco, nascosto dietro ai palazzi della mia zona - Bolognina - non esattamente raccomandabile.
A quest'ora della notte non c'è nessuno, se non i due soliti spacciatori insieme ai loro pali.
Uno di loro mi vede arrivare, mi riconosce e mi si avvicina con un gran sorriso.
- Ciao amico. Sei qui per il solito? - mi chiede, mentre ci salutiamo con una stretta di mano disinvolta.
Gli faccio cenno di sì e gli allungo una banconota. Lui mi sorride e mi passa una bustina con dentro un gruzzolo di erba.
- Se vuoi altro, devi solo chiedere. - cerca di convincermi lui, mostrandomi un'altra serie di buste dal contenuto più "pesante".
- Sto a posto così. - gli dico.
Non mi è mai interessata l'altra robaccia che spacciano, cerco di limitarmi alle droghe leggere: mi aiutano a non pensare, oppure a pensare troppo.
Saluto il ragazzo, poi mi apparto e preparo una sigaretta corretta con tabacco e marijuana.
Ultimamente dormo sempre peggio e visto il mio essere mattiniero, ho davvero bisogno di qualcosa che mi rilassi, prima di andare a dormire.

- Com'è andata a lavoro, tesoro? - è mia madre che mi accoglie in casa, mentre sta finendo di pulire la cucina dalla cena.
Mi avvicino a lei e la saluto con un bacio sulla fronte, poi prendo un biscotto dalla dispensa e mi appoggio al tavolo, per tenerle compagnia.
- Tutto bene. Oggi una signora mi ha fatto i soliti discorsi sugli anni persi della sua giovinezza. -
Mia madre ride e mi fa sfuggire un sorriso.
- Sai, un giorno io sarò una di quelle vecchie signore. - mi dice, mentre pulisce i fornelli della cucina.
- Ma come, non lo sei già? -
Lei si gira e mi colpisce la spalla con lo straccio, fingendo di sentirsi offesa.
- Giovedì vado a trovare gli zii per pranzo insieme a papà e Leo, ti unisci a noi? - mi domanda poi, riferendosi a mio fratello Leonardo.
- Cavolo, Giovedì proprio non posso. Ho già fissato con Francesco… -
- Con Francesco? Sbaglio o ultimamente vi vedete più spesso? - posa il panno sul lavandino e si sciacqua le mani.
- Sì, ormai è una specie di appuntamento fisso del giovedì. - cerco di farla sembrare una battuta.
Non lo sapevi, mamma? Francesco è laureato in psicologia e gli sono cresciute le tette.

- Va bene, va bene. Almeno tuo fratello ci sarà. - mi guarda storto, poi mi si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia.
- Ora vado a dormire. Tu dovresti fare lo stesso, guarda che occhi rossi che hai, devi essere stanco. - aggiunge, prima di andare in camera sua e socchiudere la porta, cercando di fare silenzio perché papà sta già dormendo.
Più che stanco, direi fatto.

Mi metto nel letto e cerco di dormire davvero, ma la mia mente vaga e pensa, incentivata da ciò che ho fumato prima.

Penso al motivo per cui mento ai miei sulla psicologa, del perché mi vergogni di una scelta così rispettabile: ammiro molto la psicologia ed è per questo che sto cercando in essa la soluzione ai miei problemi. Anche se non so quali siano di preciso, questi problemi.
Ma, per qualche motivo, sento il bisogno di nasconderlo ai miei, come se la verità potesse farli sentire inadeguati, colpevoli. Ho paura che pensino di aver fallito in quanto genitori, e non me lo perdonerei mai.

Quando finalmente mi addormento, sogno un paio di occhi verdi e un'ombra nera che mi insegue.
Dovrei smetterla di fumare erba prima di andare a dormire.

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Nel prossimo capitolo:
Speravo davvero di potermi evitare un'altra ora dalla psicologa, ma a quanto pare non potrò, "altrimenti butterò via tutti i tuoi libri" è stata precisamente la minaccia di mia madre. E io tengo troppo ai miei libri per rischiare.
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Entriamo un po'nella testa dei nostri protagonisti, tra le loro abitudini ed i loro vizi.
Che ne pensate di questo capitolo? Fatemelo sapere con un commento 🥰

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