7. Dammi tempo

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Lena

Ho pensato così tanto alle parole di Dario, a come lui creda profondamente nella psicologia e nella terapia, alla sua scommessa e al suo invito a vivere meglio le mie sedute con la dottoressa, così da trarne un vero vantaggio e magari riuscire a guarire.
La dottoressa mi ha detto di fare pace col passato.
Sono questi i motivi che mi hanno spinta a rispondere al suo messaggio. È per questo che sono qui, adesso, seduta ad un tavolo con lei, che ha deciso di venire direttamente da Firenze.
- Sono contenta che tu abbia accettato di vedermi. - mi sta dicendo, davanti al suo caffè.Ha provato ad offrirmene uno, ma a me non piace proprio.
- Come stai? - mi chiede.
- Bene. - è la mia risposta secca. Sappiamo entrambe che non è così, perché lei è al corrente della mia "storia clinica", ma fingiamo entrambe che sia la verità.

- Il babbo ti saluta. - continua.
A quelle parole sento la mia gola seccarsi, la lingua come carta vetrata sul palato mentre cerco di deglutire. Non le rispondo, lasciando calare un silenzio tombale fra di noi.
Ho le mani nascoste sotto al tavolo e mi sto strappando le pellicine dalle dita, da quanto sono nervosa.
Ho accettato di incontrarla, ma non so proprio cosa lei si aspetti da me.
- Volevo sapere se ti andrebbe di incontrarlo, qualche volta. Per vedere come va... -
Provo ancora a deglutire, ma fa solo male. È come se fossi rimasta senza voce.
Alzo appena gli occhi per guardarla, perché sono curiosa di vedere la sua espressione mentre mi sta proponendo questa cosa assurda.
I capelli lunghi e corvini sono raccolti in una treccia e nei suoi occhi scuri c'è speranza: si aspetta una risposta positiva.
Non so come, ma riesce a convincermi, e forse a passarmi un po' di quella speranza.
Faccio cenno di sì con la testa e lei mi sorride, contenta.

Quando abbiamo finito di parlare, o meglio quando Ginevra ha finito di raccontarmi le ultime novità, ci alziamo dal tavolo e ci salutiamo.
Esco da lì con un senso di vuoto e talmente tanta ansia che potrebbe bastare per una popolazione intera.
Spero di non pentirmene.

Sto vagando per le strade vicino alla stazione, e ho paura di entrare nella mia area mentale di non ritorno. Prima che il mio cervello possa realizzarlo, ho in mano il telefono.

Dario

Passo il codice a barre dell'articolo, pigio i tasti sullo schermo.
- Sono 15,90€. - dico al ragazzo davanti a me, che ha già la carta pronta in mano.
Mentre il tipo paga, sento vibrare il telefono nella tasca posteriore dei miei pantaloni.
Chi può essere mentre sono a lavoro?
Do un'occhiata all'orologio che porto al polso: tra 45 minuti avrò finito il mio turno e potrò uscire da questo inferno.Infilo l'articolo nella busta e la passo al tipo.
- Ciao e grazie! - lo saluto, sorridendo come un ebete.Il cellulare mi pesa nella tasca come fosse piombo, mentre la mia mente inizia a pensare a chi potrebbe essere, perché i miei e Leo non mi scrivono mai mentre sono a lavoro. Allora forse è Francesco.
E se invece fosse lei?

Il dubbio mi sta divorando, e appena non c'è più nessun cliente in fila, tiro fuori il telefono e mi metto in un angolo a controllare.
È un messaggio di Lena.
Mi vengono le palpitazioni mentre apro la notifica.
L: Dove sei adesso?
Deglutisco in preda all'ansia, e con le mani che stanno sudando digito la mia risposta.
D: Sono a lavoro, finisco tra mezz'ora.
Non mi curo neanche che il mio responsabile possa vedermi, perché in questo momento la mia testa ha spazio solo per lei.
L: Dove lavori?

Le mando l'indirizzo del negozio e rimango ad aspettare un altro suo messaggio, ma non arriva.
- Dario. - mi richiama Filippo, poi mi fa cenno di rimettermi a lavorare, perché se il capo mi vede mi farà una ramanzina.
Lancio un ultimo sguardo al telefono, ma non c'è nessuna notifica. Sbuffo, nervoso, mentre torno alla mia cassa.
E adesso?

Lena

Sono qui da almeno mezz'ora, ad aspettare che Dario esca da lavoro, sotto al sole ancora troppo caldo delle 19 di sera. Non so di preciso perché io sia qui, so solo che l'alternativa era tornare a casa e sprofondare nell'abisso della mia mente, ben consapevole dei rischi.
Avevo bisogno di distrarmi, continuo a ripetermi.
Ho bisogno di vederlo, pensa invece una parte di me.

Chi può salvarciWhere stories live. Discover now